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UNA FAMIGLIA IN LOCKDOWN

«Noi barricati, ma in Austria non c'è l'odio per il no vax»

L'Italia guarda all'Austria, dove sono stati appena introdotti lockdown e vaccinazione obbligatoria. La Bussola fa visita a Enrico ed Elena, ingegnere e medico che vivono con i 4 figli a Innsbruck: «Svolta improvvisa col nuovo cancelliere, il governo sta provocando divisione, ma nella popolazione c'è maggior rispetto per chi ha scelto di non vaccinarsi, la gente guarda meno Tv che in Italia». Oggi a Vienna manifestazione imponente: «Moltissimi sono i medici senza inoculo e la Polizia è solidale».

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Attualità 20_11_2021

C’è una differenza fondamentale che salta all’occhio tra quanto sta accadendo in Austria e quello che vediamo tutti i giorni in Italia è che al di là dal Brennero non esistono virostar che vanno in tv ad auspicare cenoni di Natale per soli vax. E nemmeno hanno una stampa che soffia sul fuoco della discriminazione sociale presentando il non vaccinato come il pericolo pubblico numero uno.

Certo, da lunedì tutto il Paese sarà in lockdown generalizzato e anche i vaccinati andranno a fare compagnia ai non vaccinati che erano stati rinchiusi già da una settimana. In febbraio, poi, se l’iter giuridico andrà a buon fine, il Paese avrà anche l’obbligo vaccinale. In Italia siamo ancora lontani da una soluzione del genere, ma fino a un certo punto. Proprio ieri, sia il Sottosegretario alla Salute Costa, sia il leader degli industriali Bonomi abbiano adombrato l’ipotesi di obbligo vaccinale. Anche ammesso che ci si riesca, poi sarà chiaro a tutti che il problema non è rappresentato dai no vax e quindi che cos’altro si inventeranno?

Di sicuro la situazione in Austria è peggiore che in Italia in termini di contagi rilevati e ricoveri in rianimazione, ma se guardiamo bene il clima che si respira, troviamo un Paese diverso dal nostro, meno livoroso, meno paranoico, nel quale i no vax non sono criminalizzati come accade qui. Merito di una stampa non così “accesa” e di una politica che soltanto nell’ultimo mese, giusto in coincidenza del cambio di cancelliere, ha virato decisamente sul fronte intransigente.

Del resto, che Alexander Schallenberg (in foto), il nuovo cancelliere che ha preso il posto del dimissionario Sebastian Kurtz, fosse un intransigente del Partito conservatore era cosa nota, almeno sul versante della gestione confini e migranti. E nella decisione dell’introduzione di un lockdown tanto drastico quanto repentino, buona parte la gioca proprio l’intransigenza, che però non trova per ora un riscontro nella popolazione. Almeno stando a quella che è la testimonianza di due italiani da tempo residenti a Innsbruck, che hanno raccontato alla Bussola la loro vita da “prigionieri in casa” con quattro figli.

Elena e Enrico Donà, da Modena, nell’Alto Tirolo ci sono finiti per lavoro, entrambi dipendenti di un’azienda biomedicale, lei medico e lui ingegnere. 4 figli, una vita ordinaria che fino a un mese fa scorreva tranquilla: «In Austria fino a ottobre la situazione non era così drastica, anche durante i lockdown non abbiamo mai vissuto la situazione che vedevamo in Italia – spiegano alla Bussola -, ma da quando è cambiato il cancelliere è come se ci fosse stata un’accelerazione repentina, un capovolgimento drastico».

Forse c’entrano anche i numeri dei contagi, suggeriamo. «Il numero dei contagi dei non vaccinati è un capro espiatorio. E quelli delle terapie intensive non sono chiari. In Austria, quando il vaccino termina la sua copertura è come se non fosse mai stato fatto, quindi i pazienti in terapia intensiva vengono classificati come non vaccinati quando invece semmai erano stati vaccinati dieci mesi fa e la loro copertura è esaurita non avendo fatto la terza dose», dice Enrico.

Qualcosa però è diverso. Elena ci spiega che «la popolazione non è esasperata come in Italia. Il popolo che si oppone al vaccino c’è, ma non c’è l’odio sociale che conoscete voi. Io sono iscritta a una chat molto frequentata di medici e infermieri e posso confermare che il numero dei sanitari non vaccinati è elevatissimo». Merito anche del non aver esteso l’obbligo come accaduto in Italia.

«C’è molto più rispetto dell’altro – conferma il marito -. Al lavoro ci controllano i pass, ma nessuno sa dell’altro, se ha fatto il tampone o il vaccino. E non sappiamo di pressioni di datori di lavoro nei confronti dei dipendenti».

Elena scorre la chat di medici, oggi ci sarà una grande manifestazione a Vienna. Andrà? «No, ma sarà una manifestazione imponente; sono stata a quella di Inssbruck di qualche tempo fa. Come, infiltrati? (sorride) Ma neanche per sogno, hanno partecipato anche tanti vaccinati e la polizia è molto vicina alle tesi – diciamo no vax -. Qua la più grande paura è l’obbligo per i bambini. In Tirolo hanno cominciato a somministrarlo off label».

Però i contagi aumentano e i ricoveri anche. «Il governo lo giustifica con le terapie intensive intasate, in realtà sono occupate per il 60%, ma solo il 20% di questi è covid. Non dimentichiamo che qua in Austria manca completamente la cultura delle terapie domiciliari. In Italia, almeno, nonostante molta fatica, il concetto della precocità di intervento si sta affermando, ma in Austria si va diritti in ospedale con la polmonite», aggiunge Enrico.

Elena non è vaccinata: «Ho una malattia autoimmune e i medici mi hanno detto che non devo vaccinarmi, però non esiste l'esenzione, quindi, devo fare i tamponi anche io, che almeno sono gratuiti e li passa lo Stato a tutti». Enrico, invece, effettua due tamponi a settimana per poter andare a lavorare: «Lo Stato ci consente di uscire per comprare generi alimentari, non vestiario, ad esempio e neanche il deodorante, tanto per dire. Possiamo andare a Messa per “espletare i bisogni religiosi” (sic!) e possiamo fare una passeggiata attorno a casa».

E il resto del tempo? «A casa, ma con i bambini spesso ammalati, non per covid, dove vuoi che andiamo? I bambini vanno a scuola e effettuano un tampone gratuito tre volte a settimana, ma temiamo che introdurranno la DaD lasciando almeno la scuola aperta per i bambini che hanno genitori che non possono andare in smart working, come le cassiere, ad esempio».

La drastica virata del governo ha imposto all’Austria di guardare alla realtà con occhi diversi. «Non vediamo la caccia al no vax – insiste Elena – in Austria vige molto il vivi e lascia vivere, sembra che sia il governo a fomentare l’odio, ma la gente in Austria guarda meno la tv rispetto agli italiani e quindi si informa di più sul web dove c’è ancora una pluralità di informazioni e opinioni. In questo senso, la popolazione è molto meno supina ai diktat del governo».

Però, si adeguerà, come sembra anche se «la manifestazione di oggi sarà imponente e sarà decisiva». E voi, che farete? «Noi vediamo che succede. E se dovessero mettere l’obbligo inizieremo a pensare di tornare in Italia. Sperando che non sia peggio».