Nicaragua, cresce la persecuzione contro la Chiesa cattolica
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Il rapporto di una Ong di nicaraguensi in esilio dà conto della «persecuzione sistematica» che sta subendo la Chiesa sotto il regime di Ortega. Messe ostacolate, decine di sacerdoti arrestati o espulsi. E ora ai preti viene impedito di entrare negli ospedali per amministrare l’Unzione degli infermi.
La Chiesa cattolica del Nicaragua affronta una «persecuzione sistematica», ha riferito in un suo rapporto, presentato nelle scorse settimane, una Ong di nicaraguensi in esilio. Si confermano anche i diffusi tentativi di impedire le celebrazioni eucaristiche. La dittatura di Daniel Ortega e Rosario Murillo impedisce addirittura ai sacerdoti di entrare negli ospedali del Nicaragua per amministrare il sacramento dell’Unzione degli infermi. Ciononostante, Ortega all’Onu presenta il proprio Paese come patria di benessere e felicità. Intanto il Vaticano tace.
Dunque, la strategia di accomodamento concordata tra il Vaticano e il regime di Ortega, anche dopo l’esilio di decine di sacerdoti e vescovi, non ha portato ad alcun passo avanti nel rispetto della libertà religiosa dei cattolici del Paese: piuttosto, come temevamo, oggi c’è un’accresciuta violenza e intolleranza.
Più di 50 rappresentanti della Chiesa cattolica in Nicaragua, tra cui 43 sacerdoti, sono stati espulsi dal governo di Ortega a partire dalle proteste del 2018, dimostrazioni in cui migliaia di giovani e cittadini di ogni età e censo avevano chiesto quantomeno lo svolgimento di elezioni democratiche. «Le chiese in Nicaragua stanno subendo la più grande persecuzione nella storia del Paese», ha dichiarato nel suo Report 2024 il Colectivo Nicaragua Nunca Más, organizzazione che si batte per la libertà religiosa nel Paese schiacciato dalla tirannia sandinista e che lavora in esilio dal Costa Rica. Nel documento si dimostra come il governo della nazione centroamericana abbia arbitrariamente detenuto almeno 74 figure religiose, tra sacerdoti, suore, monaci, pastori protestanti, e ne abbia privati 35 della loro nazionalità dal 2018 ad oggi. «Nel Paese non c'erano mai stati così tanti sacerdoti imprigionati né così tanti religiosi e religiose perseguitati ed espulsi. Nemmeno in tempo di guerra», si legge nel dettagliatissimo rapporto sulle violazioni della libertà religiosa nel Paese.
Dall’inizio delle proteste di sei anni or sono, secondo le Nazioni Unite, oltre agli arresti e alle sparizioni indiscriminate, il regime e le sue bande armate hanno causato la morte di oltre 300 persone.
Secondo il report del Colectivo, dal febbraio 2023, almeno 450 tra politici, uomini d'affari, giornalisti, intellettuali, attivisti per i diritti umani e personalità religiose, sono stati espulsi dal Nicaragua, privati della loro nazionalità nonché di beni e proprietà, perché accusati di «tradimento». In questi anni Ortega, come abbiamo più volte descritto sulla Nuova Bussola, ha giustificato le proprie violenze e gli abusi accusando gli Stati Uniti di sobillare il popolo e sostenere le manifestazioni di protesta, nel tentativo di provocare un colpo di Stato con la complicità della comunità religiosa e soprattutto della Chiesa cattolica.
L'avvocato Martha Patricia Molina ha detto in una recente intervista che prima di quest'anno la dittatura sandinista permetteva ai sacerdoti di entrare nei centri sanitari, visitare gli ammalati, dare loro assistenza spirituale e amministrare il sacramento dell’Unzione degli infermi; da qualche mese, invece, le misure di sicurezza si sono intensificate senza alcuna giustificazione e gli impedimenti diventano ferrei quando i sacerdoti cercano di entrare negli ospedali o in case di cura con le proprie insegne sacerdotali, motivo per cui molti scelgono di entrarvi indossando abiti borghesi o camuffandosi, come sotto i regimi comunisti sovietici o le persecuzioni dei secoli scorsi in Francia e, ancor prima, nell’Inghilterra elisabettiana.
La Molina, autrice del rapporto Nicaragua: una Chiesa perseguitata?, presentato con una lunga e puntuale disamina nei giorni scorsi, ha evidenziato come il problema sia ancora più grave nell'interno del Paese, «dove i sacerdoti sono più riconosciuti perché sono paesi molto piccoli, quindi le autorità, i medici e i portinai delle strutture sanitarie li conoscono, mentre nelle grandi città c’è maggiore possibilità di visitare e portare l'Unzione degli Infermi alle persone sofferenti o che sono in punto di morte, pur dovendosi mascherare da semplici parenti e portando nascosti i paramenti sacri e l’olio consacrato». Inoltre, secondo la testimonianza, lo scorso 10 novembre, di monsignor Carlos Enrique Herrera, vescovo di Jinotega e presidente della Conferenza episcopale del Nicaragua, il sindaco della città, Leonidas Centeno, ha interrotto la Santa Messa domenicale, con musica ad alto volume davanti alla cattedrale. «Un sacrilegio quello che stanno facendo il sindaco e tutte le autorità comunali, perché loro conoscono l'ora della Messa»: parole chiare dal vescovo che confermano tutte le preoccupazioni e gli accresciuti pericoli per la Chiesa e i credenti.
Oltre alle anime, anche gli edifici di culto sono in pericolo. Nei giorni scorsi si è saputo che la cattedrale di Managua necessita di interventi urgenti per evitare che prosegua il deterioramento dell’edificio causato dalle continue infiltrazioni dal tetto; nonostante l’impegno di moltissimi fedeli e della stessa diocesi, l’affitto del parcheggio e del parco della cattedrale stessa, i conti correnti della diocesi di Managua e di altre diocesi sono bloccati dal 2023 e non è possibile accedere alle somme necessarie per avviare i lavori nella cattedrale simbolo della nazione.
Nonostante tutto ciò, ieri, 13 novembre, il regime di Ortega ha presentato a Ginevra il suo rapporto per la Revisione Periodica Universale, un meccanismo dell’Onu – già descritto su questo quotidiano – che valuta la situazione dei diritti umani di ciascuno dei suoi Stati membri ogni cinque anni. Ebbene, nel rapporto, come afferma l’economista nicaraguense Enrique Sáenz, «la dittatura di Ortega presenta l'immagine di un paradiso di conquiste economiche e di benessere sociale con l'idea che questo documento ufficiale rimanga una verità incontrovertibile nelle Nazioni Unite», dove invece già nel marzo di quest’anno un gruppo di esperti di diritti umani (il Ghren) ha denunciato i crimini del regime nicaraguense.
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