Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
medio oriente

Nethanyahu stretto tra Hamas e la sfiducia degli israeliani

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Strage nel campo profughi palestinese dopo l'attacco missilistico del movimento islamico verso Tel Aviv. Per Netanyahu è "un tragico incidente", ma deve vedersela anche con la rabbia e il dolore dei familiari degli ostaggi ancora in mano ai miliziani.

Esteri 28_05_2024 English
AP Photo/Ariel Schalit

Mentre Netanyahu rispondeva alla decisione della Corte di Giustizia dell’Aja, che intimava la cessazione dei bombardamenti su Gaza, con massicci attacchi, sia con mezzi corazzati, che con le truppe difese dalle coperture delle incursioni aeree, i miliziani di Hamas mandavano un messaggio chiaro ed inequivocabile al primo ministro israeliano: le loro postazioni e il loro potenziale bellico, nonostante i massicci bombardamenti subiti, sono ancora efficienti.

E così, dopo quattro mesi di "silenzio", all’ora di pranzo di domenica scorsa, quando le famiglie erano riunite, il movimento islamico ha sferrato un attacco con missili in direzione della capitale Tel Aviv. Una sfida vera e propria. Una provocazione, per dimostrare che ancora gli ultimi battaglioni di Hamas sono operativi e che la guerra potrebbe durare a lungo se Israele non accetterà di porre fine ai bombardamenti sulla Striscia e non si siederà al tavolo delle trattative con spirito collaborativo. Hamas ha lanciato un messaggio anche al ministro del Gabinetto di guerra, Benny Gantz, affinché sia coerente con ciò che ha dichiarato e costringa il governo israeliano a trattare in vista di un cessate il fuoco definitivo.

L'esercito ebraico non è riuscito ad avvertire la popolazione di quanto stava accadendo. Le sirene, infatti, non hanno suonato, né tantomeno sono apparsi i messaggi di allarme sui cellulari per l'imminente arrivo di razzi dalla Striscia. Il sistema di difesa, però, è entrato immediatamente in funzione ed è riuscito ad abbattere tre degli otto missili lanciati da Hamas. Pronta la reazione dell'aviazione militare. Un attacco nella notte al campo di Tal as-Sultan, uno degli otto campi profughi della Striscia di Gaza, è avvenuto dopo che le forze israeliane avevano bombardato i rifugi che ospitavano i palestinesi sfollati in altre aree, tra cui Jabalia, Nuseirat e Gaza City, uccidendo almeno 160 persone, secondo i funzionari palestinesi. Tra le vittime ci sarebbero anche donne e bambini.

L'esercito israeliano ha confermato l'attacco a Rafah, affermando di aver preso di mira i combattenti di Hamas, utilizzando "armi di precisione". Ha riconosciuto anche che i civili sono rimasti feriti quando è scoppiato un incendio. L’incidente è ora sotto inchiesta. Il generale Yifat Tomer Yerushalmi, procuratore generale militare delle forze armate israeliane, ha affermato che «i dettagli dell'incidente molto grave sono ancora sotto inchiesta. A tutt'oggi, sono state aperte settanta indagini della polizia militare su incidenti che hanno sollevato il sospetto di reati penali», ha aggiunto Yerushalmi. «Prendiamo molto sul serio queste accuse e stiamo lavorando per chiarirle in modo definitivo». 

Un grido d'allarme, e contemporaneamente di denuncia, è stato lanciato dall'organizzazione Medici Senza Frontiere che si è detta "inorridita" dalle numerose vittime e molti feriti, in particolare per quanto è accaduto a Tal as-Sultan, qualificandolo come un «evento mortale», e aggiungendo che a Gaza «nessun posto è più al sicuro». «Ho notato – scrive su X, un operatore della Mezzaluna Rossa – che alcuni corpi erano carbonizzati, mentre molta gente assisteva alla tremenda morte dei feriti. Le persone bruciavano a causa dell'incendio delle loro tende, colpite dalle bombe dell'aviazione israeliana. È stata una strage voluta».

«Questo massacro non sarebbe stato commesso dai sionisti senza il sostegno americano e il via libera all'invasione di Rafah, sebbene quest'area sia gremita di sfollati», ha affermato Hamas in una nota di ieri, lunedì. Il movimento islamista, infatti, ritiene il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e la sua amministrazione pienamente responsabili del massacro israeliano a Rafah, che ha provocato la morte, domenica scorsa, di dozzine di palestinesi sfollati nelle loro tende. Dallo scorso 7 ottobre sono 35.984 le vittime di questo conflitto, mentre i feriti superano abbondantemente le ottantamila unità.

Se il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant sono fermamente convinti che l'operazione di terra nella Striscia di Gaza debba proseguire, tra gli israeliani, invece, aumenta la rabbia e il dolore, e soprattutto la sfiducia verso questo governo che non è più in grado di riportare a casa gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Nel frattempo, le manifestazioni si susseguono in molte città israeliane, tra cui Beersheba e Tel Aviv, dove i dimostranti hanno esposto un grande cartello, nel quale si definiva il primo ministro Benjamin Netanyahu e il suo governo una “completa vergogna”.

«Finché i prigionieri rimarranno a Gaza, noi non rimarremo in silenzio», ha detto il direttore dell'Anti-Defamation League Jonathan Greenblatt. «I nostri cuori e i nostri pensieri sono costantemente rivolti a loro. Non ho messo queste fotografie (degli ostaggi, ndr) solo per venire a questa manifestazione. Li indosso ogni giorno». E ha proseguito: «Sono 233 giorni che l'esercito israeliano non riesce a riportarli a casa. Più a lungo si trascina la guerra, minori sono le possibilità di riaverli vivi». Per Yoav Gallant, ministro della Difesa, in visita alle truppe dislocate lungo la frontiera con l’Egitto, il lancio di missili contro Tel Aviv è la prova che l’operazione a Rafah è ancora più indispensabile: «Dobbiamo eliminare Hamas».

Secondo una fonte egiziana, i colloqui tra le parti sarebbero dovuti riprendere oggi al Cairo, ma il portavoce dell'organizzazione che controlla la Striscia, ieri pomeriggio, ha dichiarato che Hamas non vi parteciperà, dopo l'ultimo massacro di Rafah. Hamas ha chiesto, inoltre, ai mediatori, un piano che porti alla fine della guerra, mettendo in evidenza, che non intende fare “il gioco” del premier israeliano Netanyahu e prolungare i colloqui “senza uno scopo”. Sebbene Israele abbia riferito che gli incontri riprenderanno nel corso di questa settimana, nessuna delle parti coinvolte ha indicato né il luogo né il giorno esatto in cui si terrà il nuovo ciclo di negoziati.



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