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LE PAROLE DEL PAPA

Natale, le tre tesi di sant'Ireneo di Lione

Il Dio che si fa bambino ci richiama alla nostra somiglianza con Lui e ci fa abituare a percepire Dio.

Attualità 22_12_2010
Sant' Ireneo

Benedetto XVI è particolarmente affezionato alla figura del grande padre della Chiesa sant'Ireneo di Lione (130-202). Come ha ricordato nel suo viaggio in Francia del 2008, sant'Ireneo era un greco di Smirne la cui lingua madre era quella greca, che venne in Francia dove divenne uno dei principali padri della Chiesa latina. Come tale, è una testimonianza vivente di quella profonda unione fra radici culturali greche e cristianesimo latino che sta tanto a cuore al regnante Pontefice. Inoltre, sant'Ireneo è ricordato per la sua intransigente difesa della fede cristiana contro le falsificazioni proposte dalle eresie, un tema di grande attualità ancora oggi.

Nell'udienza generale del 22 dicembre il Papa ha invitato a leggere alcuni brani di sant'Ireneo, in particolare proprio del suo trattato «Contro le eresie», per comprendere il vero significato del Natale che viene. Il Papa cita questo trattato «quando afferma: "Il Figlio stesso di Dio scese 'in una carne simile a quella del peccato' (Rm 8,3) per condannare il peccato, e, dopo averlo condannato, escluderlo completamente dal genere umano. Chiamò l’uomo alla somiglianza con se stesso, lo fece imitatore di Dio, lo avviò sulla strada indicata dal Padre perché potesse vedere Dio, e gli diede in dono lo stesso Padre" (III, 20, 2-3)».

Questo brano in cui, afferma il Papa, «ci appaiono alcune idee preferite di sant’Ireneo» non è semplice. Contiene tre tesi fondamentali, utili non solo a capire la teologia di questo padre della Chiesa ma anche a preparare bene il Natale.

La prima è  «che Dio con il Bambino Gesù ci richiama alla somiglianza con se stesso. Vediamo com’è Dio. E così ci ricorda che noi dovremmo essere simili a Dio». L'affermazione secondo cui noi siamo creati a immagine e somiglianza di Dio acquista una particolare eloquenza quando vediamo nel Bambino Gesù che Dio stesso si è fatto immagine e somiglianza nostra. Certo, lo sapevamo: ma ora lo vediamo. È questa, spiega il Papa, «un’idea centrale di sant’Ireneo: l’uomo non vede Dio, non può vederlo, e così è nel buio sulla verità, su se stesso. Ma l’uomo che non può vedere Dio, può vedere Gesù. E così vede Dio, così comincia a vedere la verità, così comincia a vivere».

La seconda idea centrale di sant'Ireneo è che nel Bambino Gesù il male e il demonio sono già fin da subito sconfitti. «Il Salvatore, dunque - insegna il Papa - viene per ridurre all’impotenza l’opera del male e tutto ciò che ancora può tenerci lontani da Dio, per restituirci all’antico splendore e alla primitiva paternità». Tuttavia questa vittoria non si propone solo alla nostra contemplazione, ma richiede anche il nostro impegno. «Con la sua venuta tra noi, Dio ci indica e ci assegna anche un compito: proprio quello di essere somiglianti a Lui e di tendere alla vera vita, di arrivare alla visione di Dio nel volto di Cristo». «Purifichiamo quindi la nostra coscienza e la nostra vita - esorta il Papa - da ciò che è contrario a questa venuta: pensieri, parole, atteggiamenti e azioni».

Il terzo tema di sant'Ireneo è quello della «percezione» di Dio. Il Papa propone un'altra citazione di «sant’Ireneo [che] afferma: "Il Verbo di Dio pose la sua abitazione tra gli uomini e si fece Figlio dell’uomo, per abituare l’uomo a percepire Dio e per abituare Dio a mettere la sua dimora nell’uomo"». Questa per Benedetto XVI è «un’idea centrale molto bella di sant’Ireneo: dobbiamo abituarci a percepire Dio. Dio è normalmente lontano dalla nostra vita, dalle nostre idee, dal nostro agire. È venuto vicino a noi e dobbiamo abituarci a essere con Dio».

Ma c'è di più. Il Papa fa notare come nel brano citato «audacemente Ireneo osa dire che anche Dio deve abituarsi a essere con noi e in noi. E che Dio forse dovrebbe accompagnarci a Natale, abituarci a Dio, come Dio si deve abituare a noi, alla nostra povertà e fragilità». I santi si prendono di queste libertà con Dio, che certamente non se ne ha a male.

In questi giorni segnati da tanti problemi e anche dalla legittima preoccupazione di abbellire le nostre case e di preparare un lieto Natale per i nostri cari, abbiamo tempo di soffermarci a studiare la lezione di sant'Ireneo? Se lo faremo ne ricaveremo, ci dice il Papa, non solo solida cultura cristiana e indicazioni su come vivere un santo Natale, ma anche una profonda gioia, che scaturisce sempre dalla capacità di essere sorpresi dalla straordiarietà delle opere di un Dio che s'incarna in un Bambino. Se non siamo più capaci di stupirci, e diamo tutto per scontato, abbiamo pure smarrito la via della gioia.

«La venuta del Signore - ci dice il Papa - non può avere altro scopo che quello di insegnarci a vedere e ad amare gli avvenimenti, il mondo e tutto ciò che ci circonda, con gli occhi stessi di Dio. Il Verbo fatto bambino ci aiuta a comprendere il modo di agire di Dio, affinché siamo capaci di lasciarci sempre più trasformare dalla sua bontà e dalla sua infinita misericordia. Nella notte del mondo, lasciamoci ancora sorprendere e illuminare da questo atto di Dio, che è totalmente inaspettato: Dio si fa Bambino. Lasciamoci sorprendere, illuminare dalla Stella che ha inondato di gioia l’universo. Gesù Bambino, giungendo a noi, non ci trovi impreparati, impegnati soltanto a rendere più bella la realtà esteriore. La cura che poniamo per rendere più splendenti le nostre strade e le nostre case ci spinga ancora di più a predisporre il nostro animo ad incontrare Colui che verrà a visitarci, che è la vera bellezza e la vera luce».