Müller: «Il Sinodo, un passo verso la protestantizzazione»
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Con l'ingresso dei laici nel Sinodo dei vescovi si è attaccata la struttura gerachica della Chiesa e con il pretesto del clericalismo si distrugge il sacerdozio ministeriale. E intanto avanza l'agenda LGBT... Il cardinale Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, parla alla Bussola.
- Sinodalità, un danno per la Dottrina sociale, di Stefano Fontana
«Si sono persi i criteri dell’ecclesiologia cattolica, (...) non si dice apertamente ma la strada intrapresa è quella della protestantizzazione». Il bilancio che fa il cardinale Gerard L. Müller del Sinodo sulla sinodalità appena concluso è decisamente preoccupante. Incontriamo il prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede al margine del Roma Life Forum, una due giorni organizzata da LifeSiteNews, di cui è stato un relatore. E anche dal palco il cardinale Müller ha avvertito che è pura illusione pensare di «modernizzare la verità del Vangelo con l’aiuto di filosofie relativiste o antropologie ideologicamente corrotte. Basta vedere le realtà locali dove prevale questa teologia progressista: seminari vuoti, la sparizione della vita monastica, l’abbandono dei fedeli. Ad esempio in Germania in 50 anni si sono persi 13 milioni di cattolici passando dai 33 milioni del 1968 ai 20 del 2023».
E alla Bussola ribadisce: «Con questo Sinodo si è voluto cambiare la struttura gerarchica della Chiesa, si prende come modello la chiesa anglicana o protestante, ma quel che vediamo è che la sinodalità distrugge la collegialità».
Eminenza, cosa intende per cambiamento della struttura della Chiesa?
Semplicemente che quando il Papa ha chiamato i laici ha cambiato la natura del Sinodo, che invece nasce come espressione della collegialità di tutti i vescovi con il Papa. Non è solo il Papa che governa la Chiesa, come certi adulatori di papa Francesco oggi vorrebbero, ma anche i vescovi locali hanno responsabilità per tutta la Chiesa. Per questo Paolo VI, attuando il Concilio Vaticano II, ha istituito il Sinodo.
Potrebbe sembrare una semplice riforma per valorizzare il ruolo dei laici…
… In realtà si disconosce il sacramento dell’ordine, che non è solo una funzione di servizio, ma è una istituzione diretta, speciale, di Gesù Cristo. Lui ha costituito la Chiesa con la sua gerarchia. Appellarsi al sacerdozio universale, di tutti i credenti, in questo caso è un modo per negare questa struttura voluta da Cristo. Tutti i fedeli hanno ricevuto lo Spirito Santo, ma i vescovi hanno ricevuto la consacrazione per governare e santificare la Chiesa. Se si vuole parlare con i laici, benissimo, ci sono altri strumenti, ad esempio la Commissione teologica Internazionale. Oppure si possono creare altre istituzioni ad hoc, nessun problema, ma il Sinodo ha una natura diversa e il Papa non può cambiare la struttura sacramentale della Chiesa. Non si può dare l’autorità episcopale a chi non è vescovo.
È per questo che lei ha criticato anche la disposizione per i vescovi di non indossare la talare filettata durante i lavori del Sinodo?
La questione dell’abito può sembrare un dettaglio insignificante, e però indica quella posizione che dicevo prima. La comodità non è un criterio: quando vado a un matrimonio non vado vestito come in spiaggia, sarebbe più comodo ma non adeguato alla circostanza. Un sinodo, così come un concilio, è una liturgia, una venerazione di Dio, non una assemblea qualsiasi. Allora anche l’abito dice in cosa si è trasformato il sinodo, un diluvio di chiacchiere.
Ecco, a proposito, visto che il tema era la sinodalità, di cosa si è parlato effettivamente?
In realtà, dopo tante discussioni nessuno sa cosa sia la sinodalità. Si parlava di tante cose, ai tavoli erano i “facilitatori” che davano gli argomenti giorno per giorno ponendo delle domande, ma anche il dibattito era molto ingessato, tempi ristretti per gli interventi (tre minuti) e tutto registrato. Ognuno dei partecipanti aveva un monitor davanti e veniva registrato ogni intervento, anche in video. Poi questo continuo “dobbiamo ascoltarci”, nessuno voleva fare la parte del “disturbatore”, insomma c’è stato un addomesticamento. E anche per la plenaria, tanti vescovi sono rimasti delusi, si sono lamentati per il basso livello degli interventi; e poi non si possono affrontare questioni teologiche con le emozioni.
Può fare un esempio?
Arriva una testimonianza, una donna parla di una persona a lei vicina che si è suicidata perché bisessuale, e dice che il parroco l’aveva condannata per la sua bisessualità. E subito dopo arriva l’altro intervento: ecco, è la dimostrazione che la Chiesa deve cambiare la dottrina. Insomma alla fine è colpa della dottrina della Chiesa, cioè di Dio che ha creato l’uomo e la donna. Come si fa ad affrontare i temi così? Adesso gli Lgbt si ergono a veri interpreti della Parola di Dio, ma trasmettono una antropologia perversa, falsa: non sono interessati alle singole persone, alla loro salvezza, ma strumentalizzano persone con problemi per affermare la loro ideologia. Vogliono distruggere la famiglia e il matrimonio.
A questo proposito, lei ha già dichiarato che alla fine questo Sinodo voleva promuovere solo l’agenda LGBT e il diaconato femminile. Cosa ha dato questa impressione?
Perché molto si è parlato di questo e pochissimo dei temi essenziali della fede, cioè l’incarnazione, la salvezza, la redenzione, la giustificazione, il peccato, la grazia, la natura umana, il fine ultimo dell’uomo, la dimensione trinitaria ed eucaristica della Chiesa, le vocazioni, l’educazione. Queste sono le vere sfide, così come il diffondersi di una grande violenza, di chi la giustifica in nome di Dio, come i fondamentalisti musulmani. Di questo nulla, invece tanti interventi sull’omosessualità, e tutti a senso unico.
Del resto basta vedere gli invitati…
Esatto. Perché non sono state invitate le persone che sono stati praticanti omosessuali e poi hanno ritrovato la loro eterosessualità, e che hanno scritto libri sulla loro esperienza, come Daniel Mattson, ad esempio (autore di Perché non mi definisco gay. Come mi sono riappropriato della mia realtà sessuale e ho trovato la pace, Cantagalli 2018, ndr)? C’era padre James Martin, era lì solo per fare propaganda. Mai ha parlato di grazia e salvezza per queste persone, solo che “la Chiesa deve accettare, la Chiesa deve…, deve…., deve….”. ma come la Sposa di Cristo può essere l’oggetto delle nostre invettive? Non è la Chiesa che deve cambiare, ma siamo noi che dobbiamo convertirci.
Ha fatto un certo scalpore anche il fatto che durante il Sinodo papa Francesco abbia ricevuto ed elogiato suor Jeannine Gramick, fondatrice negli Stati Uniti di un movimento Lgbt “cattolico”, condannata a suo tempo da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Il cardinale Hollerich (relatore generale del Sinodo, ndr) ha detto che l’omosessualità non era il tema del sinodo, ma poi di questo si è parlato e anche sono stati fatti dei gesti evidenti, come questo. E il Papa si presenta sempre con queste persone. La giustificazione è pastorale, ma in questo modo si favorisce la pastorale per queste persone o si accetta questa condizione come legittima espressione della natura umana e della fede cristiana? La questione viene lasciata aperta, ma chiaramente si favorisce una certa interpretazione.
Parlando di sessualità, nel Sinodo si è affrontato il tema degli abusi? Ci sono stati echi dello scandalo Rupnik?
Nessuno ha avuto il coraggio di affrontare davvero questo tema, è stato solo usato come pretesto per attaccare il clero. Tutto è colpa del clericalismo, ma così alla fine la colpa è di Gesù Cristo che ha istituito l’apostolato. Il clero è l’insieme di tutti i vescovi, sacerdoti e diaconi. Non è la loro esistenza la causa degli abusi, ma il fatto che singole persone non rispettino il sesto comandamento. Ma questo non si vuole dire, non si parla mai di peccato contro il sesto comandamento, si trovano altre scuse. Come per la benedizione delle coppie omosessuali: si dice che si deve evitare la confusione con il sacramento del matrimonio. Ma non è questo il tema. Il tema è che gli atti omosessuali ed extramatrimoniali sono un peccato mortale, e quindi non si possono benedire. Non c’entra nulla la confusione, cercano sempre di sviare dal punto.
Quindi lei crede che l'accusa di clericalismo sia un pretesto per colpire i sacerdoti come tali?
È nei fatti, anche al Sinodo si è parlato sempre male dei preti e anche il Papa lo ha fatto. Se nel documento finale ci sono alcune parole buone, è opera dei redattori perché in tanti si sono lamentati. Ma il tono generale del Sinodo è stato molto negativo. Si fa una caricatura del sacerdozio cattolico, come fosse una casta in contrasto con il laicato. In realtà siamo una sola comunione, ma con una specificità perché non tutti hanno ricevuto questa potestas sacra. Qui c’è la differenza con il protestantesimo, loro negano questa differenza essenziale dal sacerdozio universale dei fedeli, Lutero dice che il sacramento dell’ordine non esiste, che è uno strumento del diavolo. Non è possibile fare un compromesso su questo punto. E invece nella Chiesa si cerca di minimizzare il sacerdozio ministeriale, parlando sempre negativamente dei preti: abusatori, che assoggettano le donne, che frustano i peccatori nel confessionale, sempre negativo. Poveri sacerdoti di oggi, attaccati da tutte le parti, sembra che le vocazioni diano fastidio. Dov’è la pastorale delle vocazioni? È Gesù che chiama, non il Papa; i preti sono di Gesù non del Papa. E questo esempio si ripercuote anche su tanti vescovi che imparano da questo e nelle loro diocesi governano contro i preti.
Insomma, dall’impostazione del Sinodo al modo di parlare dei sacerdoti sembra proprio che l’ideale verso cui si vuole andare è il protestantesimo.
Non si esprimono così, ma alla fine si arriva a questo punto.
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