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la sentenza su runa cody

Morto di pericardite: il giudice archivia negando la scienza

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La battaglia di Doina, mamma coraggio che chiede verità per la morte del figlio 18enne, Runa Cody: «L'autopsia ha rilevato una pericardite fatale, aveva fatto il vaccino appena un mese prima». Ma il gip di Civitavecchia ha archiviato la denuncia per omicidio colposo perché all'epoca non c'era letteratura scientifica sufficiente. Ma non è vero: «I casi erano noti già da giugno 2021». «Andrò fino in fondo, voglio far analizzare il cuore che abbiamo conservato». 

Attualità 25_04_2023

Giova poi sottolineare che al momento della somministrazione ed anche attualmente, la letteratura scientifica in materia era estremamente scarsa o assente, e che la situazione pandemica era di assoluta gravità. Sicché, non sarebbe neanche ipotizzabile la responsabilità di alcuno sul piano soggettivo”. Questa sconcertante frase si trova nella sentenza con la quale il giudice per le indagini preliminari di Civitavecchia Paola Petti rigetta l’opposizione alla richiesta di archiviazione della denuncia per omicidio colposo contro ignoti sul caso di Runa Cody, morto a 18 anni per una perimiocardite fulminante a un mese dalla vaccinazione covid.

La sentenza porta la data del 23 marzo scorso, ma è stata resa nota nei giorni scorsi dalla madre del giovane, Doina Marchetti, che da più di un anno e mezzo combatte per ottenere la verità sulla morte inaspettata del figlio.

Sconcertante, perché la letteratura medica a disposizione sulle miocarditi post vaccino non solo è accertata “attualmente”, ma lo era anche “al momento della somministrazione” del vaccino Pfizer fatto dal ragazzo in Inghilterra nel settembre e novembre 2021.

Una sentenza che raggela la speranza che si possa trovare un giudice disposto ad affrontare i tanti casi di morte improvvisa vaccino correlati, soprattutto a carico di soggetti giovani e perfettamente sani, ma che non fermerà la donna, disposta ora a insistere nelle ricerche e a portare il caso a livello internazionale.

Doina Marchetti abita a Manziana, comune alle porte di Roma ed è proprio qui che il 31 dicembre 2021, Runa muore improvvisamente nella sua camera sotto gli occhi dei fratelli e di un amico con i quali si stava preparando a trascorrere l’ultimo dell’anno. Dal 2018 studiava in un college in Inghilterra, dove abita il padre e aveva fatto il vaccino nel Regno Unito senza dirlo alla madre.

Avrebbe compiuto 19 anni in febbraio, ma il suo cuore ha smesso di battere senza motivo. Ora quel cuore, che la madre è riuscita a espiantare prima della cremazione, è a disposizione per ulteriori approfondimenti al Policlinico Umberto I di Roma.

«Per proseguire le indagini e trovare la presenza della proteina spike e poter così portare nuovi elementi per dimostrare la correlazione della sua morte con il vaccino», spiega Doina in questa intervista alla Bussola.

La donna ha partecipato come testimone al documentario di Paolo Cassina Invisibili (QUI), prodotto da Playmastermovie e che sta girando l’Italia per sensibilizzare sui drammi dei danneggiati da vaccino e le loro reazioni avverse e ha raccontato gli sviluppi giudiziari del suo calvario sabato scorso durante un evento organizzato dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Doina, che cosa è successo dopo la morte di Runa?
Il giorno stesso, dopo i tentativi inutili dei sanitari di rianimarlo, sono andata dai Carabinieri di Manziana per denunciare il caso come omicidio colposo contro ignoti. A quel punto ci siamo premuniti di farci assistere da un medico di fiducia. Il primo esame autoptico accertò che Runa era in salute prima della morte. Rimaneva però da indagare il cuore per il quale bisognava effettuare un’indagine a parte.

Che cosa avete fatto?
Abbiamo ottenuto di indagare sul cuore, che è stato prelevato.

Questo dove vi ha portato?
A giugno 2022 è emersa una pericardite acuta con inizio di miocardite. La Procura era orientata ad archiviare il caso, ma grazie ad un medico del Comilva (l’associazione Onlus per la libertà della scelta vaccinale ndr.) abbiamo presentato documentazione sufficiente per non far archiviare subito la nostra denuncia. Così ci è stata data la possibilità di discuterla e siamo arrivati davanti al Gip il 23 marzo.

E lì è arrivata la doccia fredda…
Le motivazioni del dispositivo lasciano senza fiato. Abbiamo prodotto molti documenti che attestavano la presenza di peri-miocarditi già da giugno 2021 (documenti Aifa) e dicembre 2021 (Documenti Ema) nei quali si dice a chiare lettere che «l'esito della revisione conferma il rischio di miocardite e pericardite, informazione già riportata nelle informazioni sul prodotto per questi due vaccini» soprattutto su maschi giovani come Runa.

Si è tenuto conto dei discussi 14 giorni di insorgenza del fenomeno come termine massimo?
Gli studi  allegati erano stati svolti con un criterio di sorveglianza attiva di 21 giorni che andavano già a sfatare  le scarse due settimane a cui si attendeva e si attiene ancora oggi l' AIFA.

Come ha accolto la valutazione finale del giudice?
La ritengo una riflessione molto personale e moralistica nell’accompagnare la chiusura di questo caso.

Sembra uno scaricabarile quasi a voler dire: c’era la guerra, non si sapeva nulla, quindi non è colpa di nessuno…
Per questa pandemia si è utilizzato tanto la metafora della guerra. Ebbene: di fronte ad una guerra dovrebbe esserci il dovere e il diritto di indagare sui crimini di guerra.

La pandemia è finita, ormai…
E proprio perché finita che mi aspetto questa indagine. Non dimentichiamo che i trials sui vaccini sono ancora in corso (la sperimentazione finirà tra quest’anno e il 2024 ndr.) quindi dovrebbe essere dovere di una magistratura quello di andare a favorire tutte le indagini.

Stupisce poi che ci si affidi all’emergenza del momento e ci si accontenti di ammettere che non si avevano a disposizione elementi sufficienti…
È una riflessione fondamentale che va fatta: abbiamo visto che le case farmaceutiche si sono coperte le spalle non assumendosi le responsabilità, la responsabilità se l’è assunta lo Stato. Ebbene, ora lo Stato non può voltarsi dall’altra parte dicendo “eh, ma noi non avevamo elementi per conoscere”.

Si sente sconfitta?
No, ho fatto un tentativo di parlare con lo Stato e questa esperienza mi permette ora di orientarmi per il futuro.

Come?
Non finisce qui. Il cuore di Runa è all’Umberto I di Roma, abbiamo inviato una pec per confermare che va conservato per la prosecuzione delle indagini a mio carico. Per fare questo ho dovuto avvertire la Procura, che non è quindi più titolare dell’indagine, ma deve essere avvertita delle nostre intenzioni proprio perché quando si potrà riaprire il caso – e io spero che questo avvenga presto – sia in un certo senso avvertita.

Il ragazzo però si è vaccinato in Inghilterra…
Infatti vogliamo raccogliere nuovi dati per rendere il caso internazionale. Gli eventuali responsabili del crimine sono in Inghilterra, ma lo Stato italiano deve agire per difendere un suo cittadino che è morto in Italia.