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I DATI

Molta contraccezione, molti aborti. Succede (anche) in Svezia

Nel Paese scandinavo, solo nel 2018 sono stati uccisi quasi 36.000 bambini nel grembo materno, secondo i dati ufficiali diffusi dal National Board of Health. Eppure, la Svezia ha un’altissima percentuale di uso dei contraccettivi, tra preservativi e pillole. Un paradosso solo apparente. Ecco perché.

Vita e bioetica 24_10_2019

In Svezia, nel solo 2018, sono stati uccisi nel grembo materno quasi 36.000 bambini, secondo le segnalazioni ufficiali raccolte dal National Board of Health. Una cifra, questa, che posta in relazione al numero di donne del Paese scandinavo in età compresa tra i 15 e i 44 anni significa un numero di 19 aborti ogni 1.000 donne. Più della metà degli aborti – legali fino alla diciottesima settimana senza motivazione, con possibilità di arrivare fino alla ventiduesima settimana – è stata effettuata entro la settima settimana di gestazione e nel 93% dei casi si è ricorsi alla procedura farmacologica, con anche un aumento degli aborti effettuati a casa.

Per il mondo tutto questo non solo è legale, ma è anche giusto ed è indice del progresso della civiltà: a nessuno importa il numero delle vittime lasciate sul campo, morte nel corpo o nello spirito. O, quantomeno, a nessuno importa nel qui e ora. Culturalmente è infatti oramai un dato acquisito il fatto che l’aborto sia un “diritto”, tanto che non in tutti i Paesi viene riconosciuto ai medici e agli operatori sanitari il diritto all’obiezione di coscienza; inoltre, il dato di realtà rimanda al fatto che sono sempre poche e isolate le voci di protesta che si levano per denunciare il genocidio dei più innocenti degli innocenti oggi in atto, che nello specifico della Svezia (circa 10 milioni di abitanti) ha un’incidenza veramente allarmante, sempre posto che anche un solo bambino ucciso sarebbe troppo.

Di fronte ai numeri svedesi sull’aborto, Monick Tello si pone una domanda: qual è l’accesso all’uso degli anticoncezionali in Svezia? «In un sondaggio condotto tra i giovani svedesi (16-29 anni) nel 2015 - scrive Tello - l’89% dei 7.755 intervistati affermava di fare abitualmente sesso sicuro. Di questi, l’88% usa abitualmente il preservativo, mentre il 47% la pillola anticoncezionale». Questi dati, di per sé un po’ datati, vanno incrementati con il fatto che nel 2017 il Governo ha modificato la legge sull’accesso agli anticoncezionali, arrivando a decretare che «le donne fino a 21 anni possono ricevere dei farmaci contraccettivi in maniera gratuita (pillole anticoncezionali o spirali ormonali). Già nel primo trimestre del 2017 le donne sotto i 21 anni hanno avuto gratuitamente accesso a 78.281 confezioni di contraccettivi ormonali. Secondo le statistiche del dipartimento sanitario nazionale si tratta di un aumento del 20% rispetto al primo trimestre del 2016». Per quanto riguarda invece le donne al di sopra dei 22 anni, nella decade che va dal 2007 al 2017 si è registrato un aumento di oltre il 30% della vendita di “pillole del giorno dopo”.

Le conclusioni vengono da sé: a fronte di un forte utilizzo di metodi contraccettivi, il numero degli aborti rimane molto elevato. Dove sta la spiegazione di questo apparente cortocircuito? La risposta è di per sé semplice, anche se articolata: in primo luogo va infatti presa in considerazione la fallibilità dei metodi contraccettivi, tanto nota e documentata (si veda ad esempio qui) quanto poco tenuta in considerazione; un dato, questo, cui consegue il fatto che, nella convinzione di essere protette dal rischio di incorrere in gravidanze indesiderate, molte persone non si approcciano in maniera responsabile alla sessualità, sia all’interno di coppie stabili, sia in rapporti occasionali (peraltro incentivati dal diffondersi della contraccezione).

Di fronte a tutto questo, per invertire la rotta, c’è un’unica possibilità: tornare a guardare all’integrità della persona umana, concepita come unione di anima e corpo.