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INDIA

Modi stravince. Per i cristiani non è una bella notizia

Narendra Modi stravince le elezioni generali in India. Il nazionalista indù torna al governo con una maggioranza assoluta per la sua coalizione e del suo partito all’interno della coalizione. Si prepara a governare per altri cinque anni. E per i cristiani dell’India non è una buona notizia: il nazionalismo indù è la maggior causa di persecuzione.

Libertà religiosa 24_05_2019
Narendra Modi festeggia la vittoria

Narendra Modi stravince le elezioni generali in India. Il nazionalista indù, a capo del Bharatiya Janata Party (Bjp), torna al governo con una maggioranza assoluta per la sua coalizione e del suo partito all’interno della coalizione. Si prepara a governare per altri cinque anni. E per i cristiani dell’India (che sono 65 milioni su una popolazione di circa 1 miliardo e 300 milioni) non è una buona notizia.

Una volta finito il lungo e farraginoso processo elettorale nella più grande democrazia nel mondo (39 giorni di voto, per 900 milioni di aventi diritto), questi sono i risultati: la National Democratic Alliance (Nda) guidata dal Bjp ha ottenuto 343 seggi alla Camera bassa del Parlamento, di cui 302 solo del partito di Modi. Per avere la maggioranza sarebbero occorsi 272 seggi. Modi può dunque guidare un governo praticamente monocolore. E non ha più da scontrarsi con una opposizione: l’Indian National Congress, il partito che fu di Gandhi e Nehru, di ispirazione secolare e socialista, ha ottenuto appena 50 seggi. In coalizione con altri partiti, ne ha presi un totale di 87.

I motivi della vittoria di Modi sono molteplici. Nonostante le difficoltà persistenti, come la disoccupazione ancora molto alta, la performance economica del suo governo è stata notevole. L’India, più ancora che la Cina, è attualmente considerata la vera potenza economica asiatica in ascesa. Un altro fattore che ha contribuito alla sua vittoria è sicuramente anche la paura del Pakistan. Dopo l’attentato nel Kashmir del 14 febbraio, rivendicato da radicali islamici pakistani, in cui 40 soldati indiani hanno perso la vita, la tensione è rimasta altissima. Modi ha condotto la campagna elettorale come se la guerra con il Pakistan potesse realmente scoppiare in ogni momento.

Ma, di fondo, a far vincere il Bjp è proprio la diffusione del nazionalismo indù. In un periodo in cui le cause identitarie trionfano ovunque, in Asia, Europa e Americhe, il nazionalismo indù torna al centro anche della politica indiana. Ed è per questo che la vittoria di Modi non è una buona notizia per i cristiani indiani. La Chiesa non si sbilancia con dichiarazioni allarmate. Mantiene un profilo basso e prudente. All’agenzia Asia News, monsignor Peter Machado, arcivescovo di Bangalore, dichiarava ieri: «Auguro al Bjp tutto il meglio. Di sicuro la Chiesa cattolica coopererà con il governo in qualsiasi programma che riguardi l’educazione, la sanità e i servizi sociali. Ci aspettiamo che il governo garantisca a noi la libertà di praticare la nostra religione e ci consenta di servire poveri, tribali, dalit, donne e bambini». Ma le violenze contro le minoranze si moltiplicano.

L’India è al 10mo posto nella World Watch List dell’Ong Open Doors: il 10mo paese al mondo per livello di persecuzione dei cristiani, con un grado di repressione religiosa classificato come “estremo”. Le aggressioni contro i cristiani e le loro proprietà, sono sia governative che sociali. Oltre al grande pogrom contro i cristiani nel 2008, si contano innumerevoli episodi di violenza. L’India compare molto spesso nel nostro blog Cristiani Perseguitati. Solo per citare degli esempi negli ultimi due mesi, sono state attaccate due scuole cattoliche e un’altra scuola era stata attaccata un mese prima, un cristiano è stato assassinato con l’accusa di aver macellato un bue sacro, una chiesa in costruzione è stata arbitrariamente demolita per ordine delle autorità locali dell’Uttar Pradesh, cristiani in preghiera sono stati aggrediti da una banda di 20 persone. E questo solo dalla fine di marzo ad oggi, negli ultimi due mesi. Lo stillicidio di violenze si è intensificato durante la campagna elettorale. Come si rilevava in questo articolo sulle preoccupazioni della Chiesa per la vittoria (allora solo prevista) del Bjp, in certi Stati governati dal Bjp, come l’Uttar Pradesh, si nota una “crescente radicalizzazione” e le violenze contro la minoranza cristiana diventano un fatto quotidiano: “L’Uttar Pradesh ha registrato, nel breve periodo fra settembre e dicembre 2018, almeno 109 casi di violenza contro pastori cristiani, piccole chiese domestiche, donne e uomini in preghiera in piccole città e villaggi”, ha sottolineato il comunicato della All India Catholic Union.

La crescita degli episodi di intolleranza, intimidazione e violenza contro i cristiani non è casuale, ma programmatica. Come rileva Open Doors, ma come è anche facilmente intuibile nella retorica del Bjp, i nazionalisti indù vedono le confessioni cristiane, sia cattoliche che protestanti, come un corpo estraneo, quando non un retaggio del colonialismo europeo (francese, portoghese e britannico) che deve essere eliminato. I nazionalisti vorrebbero “ripulire” il paese dalle minoranze, sia islamiche che cristiane, con le buone e con le cattive. Il rapporto fra il Bjp e le organizzazioni più violente e armate di nazionalisti indù (come il Bajrang Dal) non è mai stato ufficializzato, ma al crescere dei consensi del primo, cresce l’attività delle seconde. C’è un’ampia zona grigia di complicità. Il Bjp, ufficialmente, dal canto suo, fa comunque di tutto per mettere i bastoni fra le ruote alle comunità cristiane, cercando, negli Stati in cui governa, di non autorizzare la costruzione dei luoghi di culto e di eliminare le festività cristiane. La legge contro le conversioni forzate è un altro strumento usato per colpire cristiani e membri delle minoranza. I convertiti, invece, finiscono nel mirino dei fanatici, sotto pressione sia dai governi locali che dalle comunità in cui vivono.