India, Chiesa cauta ma preoccupata dai nazionalisti
Le più grandi elezioni del mondo, 900 milioni di elettori, sono iniziate l'11 aprile in India. La Chiesa Cattolica non si schiera, la lettera pastorale emessa dal cardinal Gracias è molto prudente e non denuncia le violenze subite dai nazionalisti indù. Ma è chiara la preoccupazione di una comunità cattolica spinta sempre più ai margini dal governo del Bjp, che si avvia alla riconferma.
Le più grandi elezioni della storia sono iniziate l’11 aprile in India, con 900 milioni di aventi diritto al voto chiamati a recarsi alle urne in sette diverse fasi fino al prossimo 19 maggio.
Mentre il destino dei candidati per 91 dei 540 seggi del Parlamento indiano è già stato deciso dal voto dell’11 aprile, l’esito sarà reso noto solo il 23 maggio, quando i voti per eleggere i membri de 17mo Parlamento nazionale verranno scrutinati.
Preghiere e veglie sono in corso in tutto il paese perché arrivi un governo secolare, anche quando i sondaggisti prevedono che il partito indù, il Bjp, abbia abbastanza margine per essere riconfermato al governo.
L’approccio prudente della Chiesa è palese nella “lettera pastorale” del cardinal Oswald Gracias, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’India (Cbci), pubblicata a metà marzo, prima delle elezioni. Non fa menzione delle critiche diffuse sui cinque anni al potere del governo del Bjp guidato dal primo ministro Narendra Modi. Chiedendo ai leader eletti che “ascoltino il popolo, comprendano le sue ansie, i suoi bisogni e le sue aspirazioni”, ricorda agli elettori il loro dovere di recarsi alle urne nelle elezioni in sette fasi dell’11 aprile – 19 maggio. Di fatto, la “lettera pastorale”, tradotta in più di dodici lingue e letta nelle chiese in tutto il paese in queste settimane, difficilmente darà il pretesto ai chiassosi media nazionalisti indù di demonizzare la comunità cristiana per la sua posizione in queste elezioni. La “lettera pastorale” non fa menzione alcuna di come il governo del Bjp si sia spesso guadagnato la prima pagina dei giornali chiudendo un occhio sui sistematici assalti a minoranze e oppositori, diffondendo intolleranza e senso di insicurezza come mai si era visto negli ultimi cinque anni.
Oltre alle aggressioni fisiche e verbali, la comunità cristiana è stata ulteriormente colpita da diverse misure politiche volte a rafforzare l’agenda pro-indù del governo, comprese proposte eclatanti come quella di rendere il Natale e il Venerdì Santo dei giorni feriali. La lettera pastorale è estremamente prudente quando cita “diversi motivi di apprensione”, comprese questioni sociali ed economiche e lamentando che “Dio è stato lentamente spinto ai margini”, senza dire come le minoranze religiose siano state emarginate. “Abbiamo molte preoccupazioni, ma dobbiamo essere molto cauti in questa situazione politica delicata. Ogni dichiarazione critica può essere usata per aizzare gli elettori (indù)”, ha detto al vostro cronista il cardinal Gracias, uno dei consiglieri di papa Francesco.
I media dominati dai nazionalisti indù hanno strumentalizzato, un anno fa, la “preghiera alla nazione” dell’arcivescovo di Delhi Anil Coutto. Emittenti televisive note per promuovere il nazionalismo indù, avevano anche accusato la Chiesa di essere “non patriottica” e “anti-nazionale” nel corso di dibattiti trasmessi in prima serata. Precedentemente, anche lo stesso primo ministro Modi era intervenuto di persona a sferzare l’arcivescovo Thomas Macwan di Gandhi Nagar (capitale dello stato del Gujarat) quando aveva pubblicato una preghiera prima delle elezioni del 2017, nello Stato natale di Modi, dove il Bjp è rimasto al potere per quasi un ventennio.
Tuttavia, il cardinal Gracias non ha lesinato critiche sul programma economico del regime di Modi, definito come “pro-business” e “anti-poveri”. “Abbiamo bisogno di leader in India che … lavorino per un’economia che cerchi in particolar modo di aiutare i poveri e gli emarginati, proteggendo la loro dignità”, ha ribadito il cardinal Gracias nella lettera pastorale. La preoccupazione della Chiesa per la politica economica pro-business del governo di Modi era stata confermata cinque giorni dopo, quando le Nazioni Unite hanno pubblicano il loro “Indice della felicità” il 20 marzo. Proseguendo in una costante tendenza al ribasso, l’India è scivolata in 140ma posizione, sette in meno rispetto all’ultimo anno, in una classifica che quest’anno riguarda 156 paesi, come rileva il nuovo rapporto che non deve essere stato gradito dalla coalizione di governo nel periodo pre-elettorale. Un mese prima, Modi, che era andato al governo con la promessa di “giorni migliori” e di 20 milioni di posti di lavoro in più ogni anno, era paonazzo di rabbia quando il National Sample Survey Office (Nsso, l’equivalente dell’Istat, ndr) ha rilevato una disoccupazione del 6,1% nel 2017-18, il dato più alto in 45 anni. Il rapporto Nsso constata che il tasso di disoccupazione sia il più alto dal biennio 1972-73, il primo periodo in cui i dati sull’occupazione sono disponibili, secondo quanto dichiara l’agenzia. Il rapporto rileva, inoltre, che la disoccupazione è più alta nelle aree urbane (7,8%) rispetto al 5,3% nelle aree rurali del Paese.
La All India Catholic Union (Aicu), un forum nazionale laico autorizzato dalla Cbci, è stato molto più esplicito della diplomatica “lettera pastorale”, sulle questioni economiche in essa esposte, che riguardano 20 milioni di cattolici nel Paese. La convention dell’Aicu, che si è tenuta il 24 marzo a Varanasi, nello Stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, governato dal Bjp, lamenta una “crescente estremizzazione” in vista delle elezioni ai danni delle minoranze cristiane e musulmane in quello che è lo Stato più popoloso dell’India con oltre 240 milioni di abitanti. “L’Uttar Pradesh ha registrato, nel breve periodo fra settembre e dicembre 2018, almeno 109 casi di violenza contro pastori cristiani, piccole chiese domestiche, donne e uomini in preghiera in piccole città e villaggi”, ha sottolineato il comunicato di Aicu. Inoltre: “E’ il dato peggiore nel Paese. Più di 40 casi sono avvenuti nel solo distretto di Jaunpur. Nei primi mesi del 2019, la regione ha contato altri 15 casi”.
La Chiesa cattolica, nello Stato meridionale del Kerala, la regione indiana con maggior presenza cristiana, ha emesso una circolare che esorta gli elettori a votare per rafforzare il “secolarismo”, un segnale implicito contro il nazionalismo indù sostenuto dal Bjp. Pur ribadendo che le chiese “vogliono render chiaro che non sosterranno alcun fronte, partito o candidato politico in particolare”, l’arcivescovo Soosa Pakiam, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici del Kerala (Kcbc) ha reso noto che: “Il Kcbc sarà con coloro che proteggono la democrazia e il secolarismo e che lavoreranno per lo sviluppo del Paese”.
Nonostante l’estrema cautela della sua lettera pastorale, il cardinal Gracias è “speranzoso” che gli elettori esprimano le loro preoccupazioni nel verdetto di queste lunghe elezioni. Quando la campagna elettorale aveva raggiunto il culmine, la Chiesa di Goa, l’ex colonia portoghese della costa occidentale, si è espressa in termini più espliciti, sollecitando l’elettorato a respingere il “terrore del pseudo-nazionalismo” (del Bjp, ndr). Era una chiara manifestazione dei timori dei cristiani per un regime del Bjp che, in quel piccolo Stato, sta durando da più di 7 anni.
Intanto, la Chiesa sta protestando apertamente perché le elezioni, in diversi Stati, si terranno anche il 18 aprile, il Giovedì Santo. La Cbci ha scritto alla Commissione elettorale indiana sulla sovrapposizione della data delle elezioni sul Giovedì Santo negli Stati di Kashmir, Karnataka, Maharashtra, Manipur, Odisha, Puducherry, Tamil Nadu, Tripura, Uttar Pradesh e Bengala Occidentale.
Il primo a protestare è stato l’arcivescovo Peter Machado di Bangalore, alla guida della Chiesa nello Stato del Karanataka, mentre l’arcivescovo Antony Pappusamy che presiede la Conferenza dei Vescovi Cattolici del Tami Nadu si è anche recato presso l’Alta Corte dello Stato per chiedere di spostare la data del voto. Tuttavia le rimostranze non hanno avuto molto effetto, visto che la Commissione Elettorale ha rifiutato di spostare le date come era stato chiesto dalla Chiesa.