Militari factotum, dalle discariche al trasporto immigrati
Più aumentano i tagli alla Difesa, più aumentano i compiti assegnati ai militari: marinai che trasportano immigrati, bersaglieri che fanno i netturbini e soldati che fanno i poliziotti. Tutto meno che addestrarsi al combattimento.
La Difesa resta al centro dei progetti di tagli finanziari anche con il governo guidato da Matteo Renzi ma, paradossalmente, alle continue decurtazioni agli organici e al bilancio, corrisponde un costante incremento dei compiti assegnati alle forze armate anche quando si tratta palesemente di attività a cui dovrebbero far fronte altri corpi ed enti dello Stato. L’occasione per fare il punto sull’impiego dei militari anche sul sempre più impegnativo “fronte interno” è stata fornita dalla notizia diffusa nei giorni scorsi dallo Stato Maggiore dell’Esercito circa l’impiego dei reparti nelle operazioni sul territorio nazionale.
Un centinaio di militari sono operativi da una settimana nella cosiddetta “Terra dei Fuochi”, un territorio compreso tra la provincia di Caserta e di Napoli caratterizzato dalla presenza di discariche abusive di sostanze tossiche. I militari hanno il compito di pattugliare e di sorvegliare il territorio per prevenire e reprimere i reati ambientali, in particolare lo sversamento di ulteriori rifiuti tossici e inquinanti ed i conseguenti roghi illegali. Attività di controllo del territorio che spetterebbero a Polizia di Stato, carabinieri, polizia comunale, eventualmente Guardia di Finanza, ma che vedono impegnati in aree indicate dalle e Prefetture di Napoli e Caserta i bersaglieri della Brigata Garibaldi con l’impiego di sistemi di sorveglianza e persino mini droni per il pattugliamento anche di notte.
Nella regione, la Brigata Garibaldi offre già il suo contributo per l’operazione “Strade Sicure” che da oltre 5 anni vede impiegati più di 500 soldati per la lotta alla criminalità e il controllo del territorio. In tutta Italia sono oltre 4 mila i militari impiegati in concorso alle forze dell’ordine per pattugliare strade e città, vigilare obiettivi sensibili e centri di identificazione ed espulsione (CIE) e C.A.R.A. (Centri Assistenza Richiedenti Asilo) che ospitano immigrati clandestini. Fa piacere sapere dall’agosto 2008 l’Esercito abbia contribuito al sequestro di più di 2 tonnellate di droga, oltre 560 armi, quasi 12.000 mezzi, a più di 14.000 arresti e a controllare circa 1 milione e 900mila persone ed oltre 1 milione di veicoli, ma resta aperta la questione se debbano essere i militari a occuparsi dei diversi aspetti della sicurezza pubblica.
Compito per i quali i contribuenti pagano molte altre organizzazioni, aziende pubbliche e corpi. Dai primi anni ’90, quando con l’Operazione Vespri Siciliani l’Esercito schierò a turno le sue brigate in Sicilia per rafforzare il controllo del territorio in aree infestate dalla mafia, l’impiego delle forze armate per compiti diversi dalla Difesa del Paese è divenuto una moda, una tendenza inarrestabile che ha raggiunto i limiti del ridicolo negli anni scorsi con l’impiego di centinaia di soldati per “sbadilare” a Milano o per raccogliere migliaia di tonnellate di rifiuti a Napoli e Palermo dove operano, regolarmente retribuiti, migliaia di spazzini.
Certo i militari costano meno di poliziotti e netturbini, ma il loro impiego non riduce i costi ma aggiunge spese a spese e non è consono a quello che i militari dovrebbero fare o addestrarsi a fare. Molta responsabilità per questo andazzo l’hanno anche i vertici militari sempre pronti a dire si a ogni richiesta d’impiego dei militari da parte di politici in cerca di facili consensi popolari, anche per i compiti più astrusi salvo poi lamentarsi dei fondi ormai inesistenti per l’addestramento (quello vero, al combattimento) e per rinnovare mezzi ed equipaggiamenti.
Mentre mancano i fondi persino per i “fogli di viaggio”, le trasferte del personale, si accetta che i soldati svolgano i compiti più vari dalle strade alle discariche passando per i centri d’accoglienza immigrati. O per la difesa dei cantieri stradali sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria e ferroviari sulla TAV Torino-Lione minacciati da malavita e teppisti, non da talebani, qaedisti o eserciti stranieri.
Che dire poi della Marina, impegnata dal novembre scorso a portare in Italia migliaia di immigrati clandestini, ogni settimana, contribuendo così all’arricchimento dei trafficanti di esseri umani nordafricani. L’anno scorso sono sbarcati dalla Libia 43mila clandestini, dall’inizio del 2014 oltre 18mila ed è evidente che l’impiego della flotta sta aumentando i flussi poiché la certezza di raggiungere l’Italia si sta diffondendo tra i 700mila africani che secondo le stime affollano le coste libiche in attesa di venire da noi. Per l’emergenza, che vede un aumento dei flussi migratori del 224% rispetto al 2012, non viene impiegata solo la Guardia Costiera, ma anche la forza d’altura della Marina con fregate lanciamissili e navi da assalto anfibio, realizzate per compiti bellici, che costano 50/60 mila euro al giorno di soli costi vivi di gestione. Non c’è una lira per la Difesa, ma buttiamo almeno 10 milioni di euro al mese per aiutare i trafficanti arabi a “svuotare l’Africa”, più altre decine di milioni per assistere persone che a nessun titolo dovrebbero venire in Italia e che l’Europa certo non intende accogliere.
Nei giorni scorsi il generale Paolo Gerometta, presidente del Cocer esercito (organo di rappresentanza dei militari), parlando a nome di tutte le forze armate ha spiegato che il personale in uniforme fatica ormai a sopravvivere (come molti dipendenti pubblici) a causa di un blocco degli stipendi che si protrae da 5 anni e che l’attuale governo sembra voler estendere almeno fino al 2020. Un provvedimento che sta provocando decurtazioni agli stipendi che variano dal 10 al 38%, ma che non tocca le retribuzioni dei vertici militari che continuano inoltre a percepire liquidazioni da un milione di euro a fine carriera.
Si tagliano le retribuzioni, si azzera l’addestramento e si riducono gli organici limitando gli arruolamenti, ma si trovano le risorse per le missioni all’estero (che quest’anno costeranno circa un miliardo di euro) e per sempre più estesi impieghi militari nel “teatro operativo” italiano. Di questo passo si rischiano in derive in stile cubano o vietnamita, Paesi dove i militari vengono impiegati per asfaltare strade, costruire ferrovie e tunnel e, stagionalmente, per raccogliere riso e canna da zucchero.