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STATO-CHIESA

Mezzanotte di fuoco: Messa anticipata? La Cei non Boccia

Nessuna condanna da parte della Conferenza Episcopale alle parole di Boccia sul Natale sotto coprifuoco e reiterate dal sottosegretario Zampa. In compenso un comunicato lascia campo libero al Governo dei soliti cattolici adulti di decidere la liturgia senza suggerire all'esecutivo un lasciapassare per la Messa di mezzanotte. Ma non c'è da stupirsi: l'arrendevolezza di oggi è figlia del cedimento sulle Messe sospese di marzo. Qualche vescovo però reagisce. Camisasca: «Governo insensibile, rispetti le feste liturgiche». 
- A MEZZANOTTE, I PERCHE' DI UNA LITURGIA ANTICA di Luisella Scrosati

Libertà religiosa 28_11_2020

La questione l’ha chiusa ieri mattina a Radio anch’io Zampa Sandra da Mercato Saraceno, classe ’56, di professione sottosegretario: «Il coprifuoco sarà certamente alle 22, anche a Natale». Dunque, la Santa Messa nella Notte Santa sarà anticipata alle 18 o alle 19. Sarà la Messa del pre cena covidico, all’ora dell’ape natalizio con canto finale Tu scendi dalle Stelle. C’è un non so che di tragico e perfido nel fatto che a dirimere l’ultima annosa questione pandemica ecclesiale sia un sottosegretario, neanche un ministro! direbbero quelli di Amici mei.

A questo punto, con un ministro come Boccia che ci ricorda che Gesù può nascere anche col cesareo programmato alle sei di pomeriggio, la questione si può anche dichiarare vinta per ottusità governativa.

Anzi, stravinta per inconsistenza della controparte, visto il comunicato dei vescovi di ieri sera, che in sostanza non dice nulla se non che la Cei «avrà modo nei suoi organismi istituzionali di confrontarsi sulle modalità di celebrare i riti natalizi in condizioni di sicurezza, nella piena osservanza delle norme». Potere alle norme dello Stato che detta la liturgia. Un modo molto esplicito per dare campo libero al Governo di fissare l’ora del rientro a casa. Per il resto ci si attrezzerà.

Ma di provare ad alzare la testa e chiedere almeno un lasciapassare per la Notte di Natale non se ne parla, un “lodo” Bambin Gesù che consenta ai fedeli di poter uscire di casa alle 23 "autocertificati" per recarsi in chiesa, partecipare alla seconda delle quattro Messe di Natale (la prima è la vespertina della vigilia) che si svolge a quest’ora per lo meno dal IV secolo e tornare all’1 a casa. Dove pensano che possano andare i fedeli dopo la Messa, coi locali chiusi? Ai giardinetti a prendere una boccata d’aria?

Niente da fare.

E il tragico è che certe imposizioni ormai non è neanche più il capo del governo ad impartirle: sono i ministri, i sottosegretari. Nomi che la storia non si incaricherà di trattenere neppure per un nanosecondo non appena consegneranno – speriamo presto – le chiavi dei loro uffici quando il loro incarico finirà, ma che oggi affrontano con la disinvoltura degli arroganti e degli ignoranti la Storia della Chiesa che li sovrasta. 

Eh sì che la Zampa, è così esperta di storia della Chiesa da dimenticare che la questione della Messa di Mezzanotte non è il corrispettivo religioso della giornata di sensibilizzazione della raccolta delle pile esauste, che si può spostare a piacimento. E’ una liturgia, che parla di luce e di tenebre, che segue con ben quattro Messe il ritmo delle Ore nel giorno in cui la Chiesa celebra la nascita del Dio incarnato. Il bello è che la Sandra Zampa, la storia della Chiesa l’ha anche studiata tanto da farne oggetto di tesi per la sua laurea in Scienze politiche. Ma l’ha studiata con Giuseppe Alberigo frequentando la Scuola di Bologna. Così si capiscono tante cose. E si capisce anche perché – visti i maestri – alla fine a restare calpestato sotto i piedi della ragion di Stato, una ragione ottusa e terrorizzata da una epidemia con non si vuole normalizzare, è il culto di Dio e del suo popolo.

Ancora una volta saranno i vescovi a dover attendere dal governo le direttive, invece di stabilire un punto fermo: non cambia nulla al governo, infatti, se la gente uscirà di casa alle 18 o a mezzanotte, perché il virus non segue i tempi della liturgia, ma ai fedeli invece cambia. E non perché Gesù debba nascere per forza alla mezzanotte del 25, ma perché la liturgia è materia della Chiesa e non dello Stato e non possono essere i Boccia e le Sandre Zampa a modificarla.

Il punto non è che la Chiesa decida di spostare la Messa, ma che abbia deciso di attendere il da farsi da uno Stato ateista. Così il secondo governo del chierichetto di San Giovanni Rotondo che ci impartisce le sue omelie su che cosa è la Pasqua, non riconosce che la fede è un bene superiore, non negoziabile, ma nemmeno la Chiesa lo ricorda allo Stato. E’ una mancanza di razionalità che sa di resa.

Ad altre latitudini, vedi la Corte suprema Usa si ragiona in altri modi, ma a casa nostra, dove sono i cattolici adulti ormai ad avere il controllo dei rapporti Stato-Chiesa attraverso il Pd cresciuto alla scuola del dossettismo, si sceglie la strada più confacente alla loro formazione “teologica”: prima lo Stato, la Costituzione con la sua mitologica e totemica interpretazione, poi la Chiesa che altri non è che un’agenzia come tutte le altre, e neanche la più importante.

Eppure, a Napoli l’altra sera, per celebrare a mo’ di idolo un altro “dio”, non ci si è scomodati più di tanto ad esigere il rispetto delle norme, ma si è chiuso un occhio.

La prima ad accettare che la fede fosse sottomessa alla ragione di Stato però è stata la Cei quando ha lasciato campo libero al governo di chiudere le chiese nel marzo scorso per la prima ondata pandemica. Allora si fece senza trattative, ma per puro spirito di responsabilità, senza immaginare neanche lontanamente che questa grande "ritirata" avrebbe costituito un precedente pericoloso per nuove e mirabolanti incursioni nelle cose sacre da parte del governo. Inutile stare a stupirsi oggi se lo Stato anticipa una Messa quando si è già permesso che sospendesse le Messe.

Per fortuna che ci sono ancora vescovi che, almeno, sanno guardare le cose e sanno chiamare il governo col suo nome. E’ il vescovo di Reggio e Guastalla Massimo Camisasca (in foto) che, dopo aver invitato con un appello accorato ad alzare la testa e a non farsi prendere dalla paranoia, ha visto nelle parole di Boccia e nelle incursioni natalizie del governo un gesto di insensibilità.

Le parole di Boccia? «Le ho prese come una battuta – spiega Camisasca alla Bussola -, ma ritengo su questi temi ci sia poca sensibilità da parte dell’esecutivo. La fede, mai come in questo tempo, è un fatto sociale. In questo tempo abbiamo bisogno di speranza e la fede per molta parte del nostro popolo alimenta la speranza, dona le energie per combattere, sostiene nei momenti difficili. Naturalmente, per chi è credente questa è una forza che viene da Dio».

Così, secondo Camisasca «il tema delle festività liturgiche, della celebrazione delle Messe e del raduno in presenza del popolo di Dio, deve essere trattato dalle autorità con sommo rispetto e somma responsabilità». Queste le parole sagge e coraggiose, visti i tempi, del vescovo.

Peccato però che altri vescovi e altri religiosi si siano mostrati già supini di fronte alle pretese del governo. Come è il caso del vescovo di Monreale Michele Pennisi che, intervistato da Paolo Rodari su Repubblica dice: «Se il governo avanzasse questa richiesta la Cei non avrebbe problema a recepirla. Ripeto: la messa di mezzanotte non è un tabù intoccabile». Parole, spacciate furbescamente nel titolo di Rep come il primo via libera dei vescovi, quando invece sono le prime parole di via libera di un vescovo, che mostrano come ormai per certi pastori sia assolutamente normale che uno Stato possa imporre le regole della liturgia e che la Chiesa le debba accettare senza colpo ferire.

Da qui alla suora che si augura di festeggiare presto la festa dell’Incontro e non più del Natale il passo è molto breve. Forse anche nel tempo.