L'ultimo "miracolo" di Diego: il covid sparisce da Napoli
Per Napoli che piange Maradona non c'è covid. Il resto d’Italia un po’ ride un po’ si indigna. Che senso ha discutere di limitazioni ai cenoni di Natale, di chiusure di negozi e ristoranti, di divieti di passeggiate lontano da casa se poi alla prima occasione c’è chi trasgredisce impunemente le regole?
«Stiamo violando le regole ma per una giusta causa». Questa è stata la risposta candidamente data da un tifoso del Napoli, intervistato ieri da un giornalista durante uno dei tanti assembramenti per ricordare Diego Maradona. Da mercoledì pomeriggio, quando si è appresa la notizia della scomparsa del calciatore più bravo di tutti i tempi, il capoluogo campano vive un dolore con pochi precedenti nella sua storia. Con un po’ di sarcasmo verrebbe da dire che la scomparsa di Maradona ha realizzato un miracolo: far sparire il Covid da Napoli, visto che migliaia di napoletani da due giorni si comportano come se la pandemia fosse finita, quindi non rispettando alcun distanziamento e alcuna cautela per contenere la diffusione del virus.
Quale sarebbe la giusta causa che giustificherebbe la violazione delle norme Covid è facile intuirlo: commemorare l’idolo scomparso in Argentina, e comportarsi come se i funerali si svolgessero a Napoli, quindi assembrandosi senza mascherine, fuori dallo stadio San Paolo e nei quartieri spagnoli, ma in generale in tutte le vie della città.
Nessun distanziamento, mascherine facoltative e comunque sistemate sul mento e, nel migliore dei casi, sulla bocca, celebrazioni delle magie calcistiche del campione argentino con commozione, lacrime e abbracci rigorosamente Covid free, o almeno si spera. Peccato che la Campania sia zona rossa e che i napoletani dovrebbero rimanere in casa come i milanesi, i torinesi, i calabresi, e uscire solo per comprovati motivi da autocertificare.
Qualcuno osserva che i media dovrebbero denunciare, con l’ausilio di inequivocabili immagini, queste violazioni, cosa fatta solo in parte da qualche trasmissione Rai che, tuttavia, pur di fare ascolti, ha dato voce a questi cittadini riversatisi in strada senza alcun rispetto delle norme anti-Covid.
E le autorità? Il sindaco partenopeo, Luigi De Magistris, anziché censurare il comportamento dei suoi cittadini e sguinzagliare i vigili per multare i manifestanti, ha preferito galvanizzarli ulteriormente annunciando che a Maradona verrà intitolato lo stadio San Paolo. Lo sceriffo Vincenzo De Luca, quello del lanciafiamme alle feste di laurea durante la prima ondata pandemica, se n’è guardato bene dal censurare la condotta degli “orfani” del numero uno della storia del calcio. Peccato che solo due settimane fa aveva chiesto al Prefetto di Napoli di mobilitare i poliziotti e di predisporre azioni energiche e un vero e proprio piano di controlli contro gli assembramenti selvaggi nelle principali strade del capoluogo.
Il resto d’Italia un po’ ride un po’ si indigna. Che senso ha discutere di limitazioni ai cenoni di Natale, di chiusure di negozi e ristoranti, di divieti di passeggiate lontano da casa se poi alla prima occasione c’è chi trasgredisce impunemente le regole? La situazione presenta contraddizioni stridenti, soprattutto quando succedono episodi quasi offensivi nei riguardi di cittadini che in altre realtà d’Italia vengono multati perché abbassano la mascherina per rispondere al cellulare o perché sfogliano un giornale nei pressi di un’edicola. Di recente sono decedute figure di primo piano del mondo della cultura, del teatro, dello spettacolo ed è stato impedito a migliaia e migliaia di cittadini di salutarli per l’ultima volta, proprio al fine di contingentare gli accessi nelle piazze.
In questo caso Maradona è morto in un altro Stato molto lontano e non è possibile neppure rendere omaggio alla sua salma. Le celebrazioni avrebbero dunque potuto essere vietate dalle autorità napoletane, senza minimamente urtare la sensibilità dei tifosi. Perfino il figlio di Maradona nato a Napoli da una sua relazione con una delle innumerevoli fidanzate avute dal calciatore scalpitava fino a ieri per poter partire per l’Argentina e partecipare alle esequie del suo genitore.
Pare gli abbiano consentito di lasciare l’ospedale, nonostante in queste ore sia anche positivo al Covid (era ricoverato con sintomi), mentre per fortuna qualcuno gli ha suggerito di abbandonare ogni ipotesi di trasferta a Buenos Aires. Viene da chiedersi che cosa sarebbe successo se gli stessi assembramenti di queste ore a Napoli si fossero registrati in una piazza di Milano. Le autorità avrebbero assecondato le violazioni senza in alcun modo intervenire per vietare assembramenti e violazioni delle regole di confinamento previste per la zona rossa? E la reazione dei media quale sarebbe stata?
La logica dei due pesi e delle due misure, dura a morire anche in piena pandemia, registra un’altra conferma a proposito dell’ospedale in Fiera, a Milano. In primavera fu realizzato a tempo di record grazie a donazioni private ma la grande stampa e i detrattori del “modello lombardo” di sanità lo catalogarono subito come spreco inconcepibile. Peccato che quella struttura si sia rivelata preziosissima in queste settimane di seconda ondata e peccato altresì che anche nel resto d’Italia questo modello venga seguito da regioni oggi in affanno nella gestione dell’emergenza Covid.
La Puglia, ad esempio, senza peraltro poter contare su finanziamenti privati, ha dovuto prevedere un ospedale simile nella Fiera del Levante di Bari destinato ad ospitare pazienti Covid. Proprio due giorni fa è arrivata la decisione del Prefetto barese di “requisizione d’uso temporanea in favore della Protezione civile regionale e del Policlinico” degli spazi del quartiere fieristico che saranno destinati ad accogliere l'ospedale da campo, in cui sono previsti 160 posti di terapia intensiva. Il provvedimento è immediatamente efficace e avrà durata fino al termine dello stato di emergenza sanitaria, attualmente fissato al 31 gennaio 2021 e comunque per l'ulteriore eventuale periodo di proroga. «La realizzazione della struttura sanitaria all'interno della Fiera - si legge nel comunicato ufficiale della Prefettura - oltre ad essere funzionale ad elevare la dotazione temporanea complessiva del sistema regionale, è al contempo rivolta a meglio valorizzare il personale sanitario, talora frammentato in strutture con un numero limitato di posti letto in terapia intensiva, nonché a consentire, seppure gradualmente, una ripresa delle attività sanitarie non Covid che, diversamente, espongono al rischio di ulteriore diffusione del contagio».
Esattamente quanto fatto, non con soldi pubblici ma con la generosità dei privati, dalla Regione Lombardia, che però per questa iniziativa è stata linciata dai media, da molti esponenti della sinistra e da parte dell’opinione pubblica soprattutto meridionale.