Messe interrotte e preti multati: parte la class action
Parroci multati in processione, Messe interrotte, fedeli segnalati, preti sanzionati: almeno 40 casi sotto la lente ai quali si aggiungono molti episodi che non sono finiti sui giornali. Ora per loro c'è un pool di avvocati che sta studiando una class action. «In tutti i casi è un abuso: le violazioni sono inesistenti. Al parroco di Rocca Imperiale abbiamo detto di non pagare». Ecco perché la "polizia religiosa" ha compresso la libertà di culto.
- «ADESSO IN CHIESA COL POPOLO» IL PAPA CI RIPENSA di Nico Spuntoni
- A MESSA SENZA TRATTATIVE, MA COME RITROVEREMO I FEDELI? di Giovanni D'Ercole
- LA VIA DELLA SALUTE. OMBRE CINESI SULLA SANITA' di Marco Respinti
- IMMUNI, LA APP ALLA SFIDA DELLA PRIVACY di Ruben Razzante
- DOSSIER CORONAVIRUS
A metterle in fila a una a una si resta davvero sbalorditi, soprattutto se si pensa che è avvenuto in meno di un mese. Sono le sanzioni amministrative comminate a sacerdoti o fedeli nel corso di questo mese da solerti poliziotti o carabinieri con eccesso di zelo e dalla vena anticlericale facile. Vederle tutte insieme come un elenco della spesa fa una certa impressione: ci sono anche i casi raccontati dalla Nuova BQ di Rocca Imperiale, di Cerveteri, di Sulmona, di Cassano d'Adda, di Giulianova, di Formia e ancora: Frascati, Brescia e Verona. Ma anche le Messe interrotte di cui hanno dato conto solo i giornali locali: Sassari, Livorno, Lecce, Sanremo. Insomma: un giro d’Italia poco onorevole per le forze dell’ordine e per il governo che le ha “armate”.
Il catalogo piuttosto lungo, almeno 40 episodi, di quelli noti ai giornali ma chissà quanti non usciti pubblicamente, fa comprendere perché un gruppo di legali riunito in comitato, con in testa l’avvocato Francesco Fontana del Foro di Milano, abbia intravisto la necessità di una class action.
Una class action per tutti quei preti che hanno ricevuto multe ingiuste durante l’esercizio del loro ministero. E che hanno dovuto subire una limitazione del culto che sì, visti i toni, ha toccato toni da persecuzione.
A dirlo alla Nuova BQ è proprio Fontana che ha spiegato i contorni dell’operazione di una tutela legale collettiva ancora in nuce ma che presto potrebbe vedere numerosi casi. Il comitato è nato primariamente per sottoporre ai vescovi un appello per la riapertura delle chiese e la cessazione degli abusi. Appello che ha già raccolto la bellezza di circa 300 firme.
Avvocato, i casi di abusi che documentate sono concreti?
Sì, anche se di molti casi ci mancano i verbali. Per questo chiedo ai sacerdoti di inviarceli anche via posta elettronica (scrivere a fontana.avvocato@gmail.com) perché si tratta di modalità comuni.
Per far partire una class action?
Sì. È ancora presto per definire le modalità, ma le caratteristiche della class action ci sono tutte: un interesse diffuso rispetto a quanto viene rivelato come un abuso, il fatto che siano stati danneggiati più soggetti e la possibilità di eventuali azioni risarcitorie.
Sarebbe la prima volta in Italia, giusto?
Per una limitazione della libertà di culto assolutamente sì. Per questo ci dovrebbe essere anche contestualmente un appello ai vescovi perché prendano posizione.
Crede che lo faranno?
Il mio timore è che la priorità di certi pastori non sia la salus animarum ma quella fisica.
Come interverreste sui singoli casi? Ad esempio, che cosa direste al parroco di Rocca Imperiale?
Lo abbiamo contattato e gli abbiamo già suggerito di non pagare la sanzione di 280 euro o 400, se dovesse scadere il mese.
Perché?
Perché è evidente che la motivazione non regge. Il verbale dice: “Sebbene lo spostamento non fosse motivato da ragioni lavorative”. Il punto è proprio che il sacerdote, uscendo da solo con la processione del Cristo miracoloso, stava proprio svolgendo il suo ministero che nella nota del Viminale del 27 marzo scorso è proprio equiparato a un lavoro.
In fondo però si tratta di multe, quindi non di reati veri e propri.
Ma dal punto di vista del ricorso è tecnicamente più difficile opporvisi dato che essendo tutte sanzioni amministrative paradossalmente hanno variabili e le soluzioni più lunghe, mentre nel penale il ricorso davanti al giudice è più immediato. In più, trattandosi di violazioni infondate bisogna anche dimostrarlo.
A Formia il sacerdote è stato multato perché non ha distribuito la Comunione con guanti e mascherine.
E questo poi è addirittura folle dato che non si troverà un giudice disposto a trovare una legge che indichi certe misure che non sono previste.
In generale si può sostenere che in tutti i casi ci sia stato un abuso?
Sì, facendo leva sul diritto di culto che è stato compresso: si apre un ambito nuovissimo e inesplorato di ingerenza della legislazione italiana nella vita della Chiesa che contraddice il Concordato, al quale non abbiamo mai assistito.
Il Concordato per la verità è un miraggio, qua ci stiamo affidando a un DPCM…
Che tra l’altro ha bypassato il vaglio parlamentare, stiamo parlando di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri in cui tra l’altro c’è anche molta confusione normativa.
Spera che i preti si facciano vivi?
Sì, alcuni ci hanno già contattato per avere qualche dritta su come comportarsi. Ma in generale bisogna che i sacerdoti abbandonino l’eccesso di timore reverenziale nei confronti delle istituzioni.
In che senso?
Sono stati abbandonati al caos e alla fine rischiano di concepirsi come funzionari dello Stato.
Quali sono i codici o le leggi che utilizzerete?
Prevalentemente l’accordo tra Stato italiano e Santa Sede che all’art. 5,2 stabilisce che «Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica». Tra l’altro è punito dal codice penale «chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa».
Eppure, potrebbero sempre giustificarsi dicendo che le chiese sono aperte al culto privato…
Le chiese sono destinate al culto pubblico e non a quello privato o domestico e, dunque, la loro apertura attiene all’esercizio legittimo delle attività religiose garantito dagli accordi tra Stato e Chiesa, dalla stessa Costituzione e da tutta la legislazione italiana, che tutelano la partecipazione spirituale e la preghiera in ogni sua forma quale espressione della libertà religiosa.