La Via della Seta e della Salute, ombre cinesi sulla sanità
Il Partito Comunista Cinese mette le mani avanti e, con l'OMS in crisi, prepara già la sua alternativa. Come già emerso dai colloqui fra Macron e Conte, la Cina sta potenziando la sua Via della Seta (partnership commerciale che coinvolge anche l'Italia) con un comparto sulla sanità pubblica. Aiuti in cambio (ovviamente) di influenza
Il solo appaiare il nome «Cina» alla parola «sanità» mette i brividi. Il Partito Comunista Cinese (PCC), che governa dispoticamente il Paese dal 1949, è responsabile di ritardi e di menzogne tali da avere contribuito in maniera decisiva a diffondere il coronavirus nel mondo, la sua propaganda in tempi di pandemia copre episodi tragici su cui andrebbe fatta luce piena e le complicità di cui gode al vertice all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono così scandalose da avere spinto la Casa Bianca a sospendere il proprio decisivo contributo economico volontario all’Organizzazione stessa.
L’ultima conferma in ordine di tempo è quella diffusa dall’Associated Press il 15 aprile: malgrado il 14 gennaio una riunione dei vertici politici cinesi avesse compreso che si stesse profilando un’epidemia (c’erano del resto già stati gli allarmi dei medici silenziati e poi morti sin da metà novembre), la città di Wuhan tenne banchetti e feste di massa, mentre milioni di cinesi avevano iniziato a viaggiare per il Capodanno lunare, e il presidente Xi Jinping lanciò un avviso pubblico solo il 20 gennaio, sei giorni dopo, quando più di 3mila persone erano già contagiate.
Ma la Cina è già oltre. Si è già costruita un’alternativa all’OMS, come sottolinea la specialista di affari cinesi Bethany Allen-Ebrahimian su Axios, un’originale “blocco di appunti” che spesso batte in breccia le più blasonate fonti di informazioni.
Il quadro di fondo è la “Belt and Road Initiative” (BRI), detta anche “Nuova Via della Seta”, ovvero il colossale sforzo profuso dal regime cinese per riplasmare la globalizzazione a propria immagine e somiglianza, attraverso accordi politico-economici che hanno già assicurato a Pechino la gestione di infrastrutture decisive e alleanze granitiche in Asia, Europa, Oceania e America meridionale, consentendole vantaggi considerevoli anche in seno alle organizzazioni internazionali e sovranazionali.
Una componente decisiva di questa strategia neocoloniale è però la Sanità, inquadrata in quella che il despota di Pechino chiama «Via della Seta della salute» e di cui ha già parlato apertamente per esempio al premier italiano Giuseppe Conte e al presidente francese Emannuel Macron. Ne derivano due elementi: anzitutto che gli aiuti inviati dalla Cina, primo responsabile della diffusione del coronavirus, a certi Paesi colpiti dal morbo non è affatto un gesto gratuito; secondo che, come afferma Nadège Rolland, Senior Fellow al National Bureau of Asian Research, la BRI non è questione di strade, ponti e porti, ma è soprattutto il tentativo di ridisegnare la geopolitica e la geoeconomia mondiali.
All’OMS così prossima a Xi Jinping la «Via della Seta della salute» sta del resto benone. Subito dopo essere stato eletto capo dell’Organizzazione, nell’agosto 2017 il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus ha benedetto l’operazione cinese con un discorso di magnificazione del regime in cui ha additato la BRI come il fornitore degli «elementi essenziali per ottenere la copertura sanitaria universale» e confessato la «partnership strategica con la Cina» destinata soprattutto ai Paesi che sorgono lungo la stessa BRI e l’Africa, dal che si capiscono le vicinanze dei tre anni successivi fra Xi Jinping e l’etiope Ghebreyesus, giunte fino alla copertura della grande bugia con cui Pechino ha mentito al mondo sulla “nuova peste”. Con il senno di poi, le parole del direttore generale dell’OMS, «dobbiamo cogliere le opportunità che la BRI fornisce», sono quindi da un lato profetiche, dall’altro da brivido, così come ridicole, se non coprissero una tragedia, sono invece queste, sempre di Ghebreyesus, sempre dell’agosto 2017, a descrizione dell’intesa con la Cina: «Anzitutto dobbiamo mettere in campo sistemi atti a contenere i contagi e le crisi sanitarie là dove esse iniziano per evitare che diventino pandemie».
Insomma, uno sceneggiatore non chiederebbe di meglio per intessere una trama da blockbuster fantapolitico di genere catastrofico. Potrebbe infatti lavorare mescolando realtà e fantasia, notizie e immaginazione. Ipotizzare, per esempio, cosa succederebbe se nel mondo ci fosse una Spectre dagli occhia a mandorla che possedesse sia il male sia la cura, cosa accadrebbe se il nemico riuscisse a infiltrare l’amico come avviene nell’universo Marvel con l’Hydra e lo S.H.I.E.L.D., come andrebbe a finire se, invece di essere dei cinesi rispettabili, i primi quattro nomi (e il decimo) nella lista dei dieci miliardari più ricchi del mondo in ambito farmaceutico stilata da Forbes fossero dei cinici profittatori. Fortunatamente, però, è solo fantasia.