Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
SANITÀ MONDIALE

Perché Trump non regala più soldi dei contribuenti all'Oms

Gli Stati Uniti sono i maggiori contributori dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. L'Oms ha gestito la pandemia in modo vergognoso, appiattendosi sulla volontà del regime cinese (che però contribuisce con lo 0,44% delle donazioni all'agenzia). Di qui la decisione di Trump di tagliare i fondi all'Organizzazione. 

Esteri 16_04_2020
Ghebreyesus (direttore Oms) con Xi Jinping

Il modo in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha gestito la crisi del coronavirus è scandaloso, e addirittura complice dei ritardi e delle bugie cinesi, costati la vita a migliaia di persone. Per questo lunedì 14 aprile il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald J. Trump, ha deciso di sospendere i finanziamenti americani all’Organizzazione, accusandola apertamente di fallimento, malagestione e insabbiamento. Semmai i finanziamenti potranno riprendere dopo un’indagine accurata.

A stretto giro, il viceministro russo degli Esteri, Sergei A. Ryabkov, l’ha definita una mossa egoista e più o meno lo stesso tono ha usato il portavoce del ministero cinese degli Esteri, Zhao Lijian. Ovvio: come spiega The New York Times, il primo finanziatore dell’OMS sono gli Stati Uniti, che l’anno scorso, a fronte del budget di sei miliardi di dollari dell’Organizzazione, hanno versato circa 553 milioni.

Quasi una ventina sono le voci di bilancio al capitolo finanziamenti dell’OMS, ma la maggior parte sono briciole. Basti pensare che nel biennio 2018-2019 i contributi fissi pattuiti hanno coperto soltanto il 15,66% del budget totale e che questa è la voce più pingue di quelle che seguono i contributi volontari versati dai singoli Stati membri, i quali, tutti assieme, ammontano a più del doppio: 35,41%. I contributi volontari al budget dell’OMS sono dunque sia il nerbo dell’ossatura economica dell’Organizzazione sia la misura di quanto un Paese voglia contribuire liberalmente alla salute mondiale impegnando il denaro dei propri contribuenti. Se si vuole, sono la spia dell’indice di generosità di un Paese (almeno in questo ambito), o di quanta sia la generosità che un Paese si può (in questo ambito) permettere.

Ora, nella sezione contributi volontari, gli Stati Uniti staccano di gran lunga tutti gli altri: nel 2018-2019 hanno versato il 30,95% del totale. Al secondo posto c’è il Regno Unito, ma con poco più della metà, il 16,42%. Segue la Germania con l’11,99%, e qui finiscono i contributi superiori al 10%. La lista continua poi con il Giappone 5,77%, il Kuwait 3,74%, il Canada 3,6% e la Repubblica Democratica del Congo 3,07%. Con contributi inferiori al 3% sfilano Norvegia, Corea del Sud ed Emirati Arabi Uniti, per cedere poi il passo a otto Paesi che contribuiscono percentuali comprese fra il 2 e l'1. I restanti versano percentuali sotto l’unità. Ebbene, nel 2018-2019 la Russia ha versato volontariamente l’1,07% e la Cina lo 0,44%. Per dirne una, l’Italia, con l’1,15%, ci ha messo di più di ognuno di essi (rispetto alla Cina lo Stivale ci ha messo più di 2 volte e mezza), a momenti quasi come entrambi assieme. Chi è allora l’egoista?

Il fatto è che l’OMS è nata nel 1946 per garantire il diritto all’assistenza sanitaria di tutti, ed è la prima forza in campo nei casi di pandemia. Ma, se invece di fare il possibile per assicurare la salute del mondo, copre e addirittura elogia i responsabili delle sciagure sanitarie perché, ragiona Trump, si dovrebbe continuare a foraggiarla? È una questione economica che, come tutte e come sempre, ha un risvolto etico fondamentale: se uno aiuta economicamente chi fa il male, ne risulta inesorabilmente complice. La leva economica, poi, è l’unica arma con cui gli azionisti di riferimento dell’OMS possano esercitare il controllo ed è giusto che lo facciano. Altrimenti solo la Cina risulterebbe legittimata a pilotare l’OMS a proprio piacimento.

Che lo abbia fatto è del resto quello che risulta oramai palesemente da molte denunce circostanziate. L’ultima in ordine di tempo è quella pubblicata dalla Victims of Communism Memorial Foundation (VCMF) con il titolo The Coronavirus Cover-Up: A Timeline. La VCMF è una fondazione pubblica con sede a Washington che si occupa di informazione, ricerca e diritti umani, autorizzata da una decisione del Congresso federale statunitense votata all’unanimità e firmata dal presidente William J. Clinton il 17 dicembre 1993 come Public Law 103-199. Il dossier mette in parallelo le notizie ufficiali diffuse dal Partito Comunista Cinese da dicembre, le contemporanee affermazioni ufficiali dell’OMS e ciò che è sul serio accaduto prima in Cina e poi nel mondo da novembre: fu infatti a novembre che nel Paese asiatico venne dato l’allarme dai medici cinesi (Li Wenliang, 1986-2020, è stato solo il primo di una serie di dottori poi vinti dal CoViD-19) ma per ciò stesso subito zittiti dal regime.

Ne esce un quadro devastante e desolante. Devastante perché è sempre più evidente come il ritardo con cui Pechino ha avvisato il mondo, nel tentativo di gestire tanto autarchicamente quanto maldestramente il contagio, abbia permesso la diffusione del morbo a livello globale, causando perdite ingenti altrimenti evitabili. Desolante perché per settimane l’OMS ha abdicato al proprio ruolo statutario per fare semplicemente da cassa di risonanza per le fake news del regime neo-post-comunista cinese. Una storia bruttissima, che mette a rischio la sopravvivenza di carrozzoni internazionali come l’OMS e dove il cattivo proprio non è Trump.