Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Lorenzo da Brindisi a cura di Ermes Dovico
liturgia tradizionale

“Messa di sempre”, dietro l'equivoco c'è un fondo di verità

Ascolta la versione audio dell'articolo

L'espressione è ambigua e talvolta è stata utilizzata come una clava contro il nuovo messale. Ma se correttamente intesa allude allo sviluppo organico del rito romano nel corso dei secoli, interrotto dalla riforma liturgica che ha prodotto, di fatto, un altro rito.

Ecclesia 21_07_2025
Wikimedia Commons - Author: Davidebuono

Gli articoli di padre Riccardo Barile hanno contribuito a riaprire il dibattito sul confronto tra Vetus Ordo (VO) e Novus Ordo (NO, espressioni che utilizziamo a scopo esemplificativo). Dopo il Watergate sul rito antico, che ha messo in luce manovre decisamente poco limpide per far scattare la mannaia sui libri liturgici precedenti alla riforma, la questione della necessaria “reazione” alle chiusure irragionevoli di Traditionis Custodes diventa una priorità di giustizia.

Ed è per giustizia che, ad avviso di chi scrive, sia importante riprendere il filo del discorso relativo alla “Messa di sempre”. È questa un’espressione oggettivamente ambigua, che di fatto ha generato e continua a generare problemi nel momento in cui viene utilizzata in senso anti-Novus Ordo. La Messe de toujours è, per esempio, il titolo di un libro che raccoglie il pensiero di mons. Marcel Lefebvre sulla riforma liturgica: non solo una critica su come essa è stata fatta e sui suoi punti deboli, ma anche la messa in questione della sua legittimità, del fatto che addirittura favorirebbe l’invalidità delle Messe, in quanto porterebbe lentamente il sacerdote a non avere più l’intenzione di fare quello che fa la Chiesa. Questa critica è alla base della posizione della Fraternità Sacerdotale San Pio X (e non solo), secondo la quale i fedeli non devono partecipare mai attivamente alla Messa NO e, addirittura, rimanere a casa, santificando la domenica con delle pratiche di pietà, piuttosto che partecipare alla “Messa nuova”.

Sotto questo aspetto padre Barile vede bene il problema dell’utilizzo di questa espressione come clava per “esautorare” il nuovo Messale; ma cerca di risolvere il problema estendendo l’espressione “Messa di sempre” ad entrambe le forme. Poiché sia il Novus che il Vetus Ordo costituiscono dei riti legittimi che rendono presente il memoriale della Redenzione, entrambi possono rivendicare il loro legame con il Sacrificio della Croce e il sacrificio offerto in eterno da Cristo, assiso alla destra del Padre. E dunque, sotto questo aspetto, ogni rito legittimo può essere considerato “Messa di sempre”.

Tuttavia, mi pare che questo modo di presentare le cose crei non meno confusione di chi utilizza l’espressione “Messa di sempre” per interdire ai fedeli la partecipazione al Rito riformato. Perché un aspetto di verità in questa espressione esiste e dev’essere colto, perché esso nasconde il maggiore problema della crisi liturgica che stiamo vivendo. Non v’è dubbio che il Rito romano presente nei libri liturgici del 1962 non sia identico a quello dell’epoca di papa Gelasio; figuriamoci ai riti del primo o del secondo secolo (di cui, a dire il vero, conosciamo ben poco). Quello che però si può constatare è uno sviluppo organico del rito romano lungo i secoli, che si è arricchito di nuove preghiere, di nuovi riti, di nuove festività, di nuove lezioni. Pensiamo, tra le aggiunte all’Ordo Missæ, al Pater noster, introdotto “solo” durante il pontificato di San Gregorio Magno (590-604), o all’Agnus Dei inserito invece sotto papa Sergio I (687-701). Non sono mancate anche alcune “cure dimagranti”, come quando durante il pontificato di San Pio V (1566-1572), le Sequenze, che nel corso dei secoli erano aumentate a dismisura, vennero drasticamente ridotte.

Il discorso richiederebbe numerosi articoli dettagliati che mostrino questo sviluppo appena abbozzato. A noi interessa notare che il risultato dei lavori del Consilium è a tutti gli effetti un altro rito, non una riforma del rito romano. Questo è stato riconosciuto sia dalla parte di chi ha espresso criticità nei confronti della riforma liturgica, come Klaus Gamber o Joseph Ratzinger, sia da parte dei suoi fautori e sostenitori, come Annibale Bugnini o Joseph Gelinau. Ma, al di là delle opinioni pur autorevoli, sono i fatti che contano. E i fatti cosa ci dicono?

1. Il Lezionario. I testi della Liturgia della Parola hanno quasi interamente sostituito le pericopi del Lezionario antico: il Graduale è stato di fatto soppiantato dai Salmi responsoriali; è stata introdotta una prima lettura tratta dall’Antico testamento, laddove il Lezionario romano era caratterizzato dalla presenza di una sola lettura, quasi esclusivamente tratta dalle epistole; si è introdotto il criterio di una lectio continuata della Parola di Dio, che non ha precedenti nel Rito romano, finendo così per avere tre cicli per le letture della domenica e due per quelle settimanali.

2. L’insieme delle orazioni del Messale ha subito dei cambiamenti vasti e radicali. Più della metà delle orazioni è stata soppressa e l’altra rimanente metà è stata modificata, così che solo poco più del 10% delle orazioni è rimasto invariato.

3. L’Ordo Missæ. Oltre alle modifiche dei riti d’ingresso e di altre parti, l’Ordo è stato sconvolto in punti fondamentali: dell’Offertorio del VO non rimane praticamente più nulla, se non le preghiere Deus, qui humanæ substantiæ e In spiritu humilitatis. Tutto il resto è stato sostituito da formule che non hanno precedenti né nel rito romano né in altri riti liturgici. Il Canone romano, che è stato per duemila anni l’unica preghiera eucaristica del Rito romano, è stato sostanzialmente preservato, ma inopportunamente “diluito” dalla presenza di altre tre Preghiere eucaristiche create ex novo, alle quali poi si sono aggiunte ulteriori anafore. Il risultato è che il Canone romano è di fatto utilizzato di rado.

4. Anche il corpo delle antifone è stato profondamente cambiato e menomato, al punto che non esistono più le antifone all’Offertorio. Sono stati aggiunti moltissimi prefazi, in gran parte di nuova realizzazione, sette dei quali integrati nel VO con il Decreto Quo magis (22 febbraio 2020).

5. Il calendario liturgico ha subito delle mutilazioni di grande rilievo: aboliti d’emblée il tempo di Settuagesima, l’Ottava di Pentecoste, le Quattro Tempora, lasciate all’arbitrio delle Conferenze episcopali e comunque private del loro Proprio, le Rogazioni.

6. Innumerevoli le variazioni apportate al Rituale e al Sacramentario, che richiederebbero un articolo a sé stante. A colpire maggiormente è l’eccessiva esemplificazione del Rito del battesimo, l’abolizione degli Ordini minori e del Suddiaconato, la pressoché totale abolizione dei riti di benedizione presenti nel Rituale romanum, sostituiti dal Benedizionale, anch’esso creato sostanzialmente ex-novo.

7. Il Breviarium romanum è stato sostituito dalla Liturgia delle Ore, che prevede la preghiera del Salterio (con alcuni salmi e versetti omessi) disposta su quattro settimane, anziché su una sola, l’abolizione dell’Ora Prima, l’abolizione del Mattutino, sostituito dall’Ora di Lettura, ridotta ad appena tre salmi, due lunghe lezioni e, soprattutto, non più legata alla preghiera notturna.

A queste osservazioni bisogna anche aggiungere le numerose variazioni della gestualità, in particolare baci, segni di croce, inchini, genuflessioni, delle ripetizioni, del cerimoniale.
Non è l’intento di questo articolo valutare i pro e i contro di ciascuna di queste modifiche; a noi basta mostrare che la riforma ha di fatto creato un altro rito, che certamente ha dei punti di contatto con il Rito romano, ma di fatto non ne segue più la mens né la linea di sviluppo.

Non bisogna farsi confondere dalle somiglianze che pure permangono; numerose somiglianze emergono anche dal confronto tra il Rito ambrosiano e quello romano, eppure è chiaro che si tratta di due riti distinti, perché si tratta di due organizzazioni diverse del rito.
Quello che è avvenuto con la riforma liturgica successiva al Concilio Vaticano II è stata una riorganizzazione del rito romano, una ricostruzione generale, tale da conferirgli una nuova, originale configurazione, nell’insieme e nei dettagli. Ma questo significa un nuovo rito, pur ispirato (anche) al rito romano. Una liturgia ricostruita, rifatta, riconfigurata non è più la liturgia che si è sviluppata nella storia. E sotto questo punto di vista, il NO non può rivendicare di essere la “Messa di sempre”.



VETUS ORDO / 2

Quegli equivoci che nuocciono alla “Messa di sempre”

02_07_2025 Riccardo Barile

Una definizione amata dai fedeli dell’antica liturgia che presta però il fianco al rischio di difenderla con ragioni sbagliate. Qualche criterio per intenderla rettamente senza alimentare le accuse di contrapposizione.

IL RITO ZAIRESE

Pericolo inculturazione: la liturgia non nasce a tavolino

11_12_2020 Stefano Fontana

È in uscita il Messale romano in rito zairese, il primo Messale inculturato, che può preludere al prossimo rito amazzonico. Ma in questa operazione si intravedono due rischi: introdurre elementi pagani e produrre una nuova liturgia con obiettivi di politica ecclesiastica più che di missione.  Ma su questo Benedetto XVI ammoniva: «Una liturgia non nasce per mezzo di decreti»

caso traditionis custodes

Watergate rito antico, la Comunicazione vaticana non sa rispondere

14_07_2025 Nico Spuntoni

La Bussola scrive al direttore della Sala Stampa, Bruni. Ma le risposte non chiariscono se davvero, oltre alla consultazione ufficiale e favorevole, se ne fecero altre per giustificare la guerra alla Messa in latino prodotta col motu proprio Traditionis custodes. In realtà sembra che ad affossare il rito antico sia stata la Congregazione del culto divino e non i vescovi consultati. 

L’INTERVISTA / MONS. NICOLA BUX

Guerra al rito antico, non furono i vescovi a scatenarla

La volontà dell'episcopato, invocata da Francesco per "farla finita" con la Messa in latino, appare ben diversa stando ai documenti esaminati in La liturgia non è uno spettacolo. Nessuno voleva una guerra, spiega il coautore mons. Bux, anzi la Chiesa ha bisogno di pace liturgica.
- Una Messa da sogno: il Vetus Ordo nel Novus Ordo, di Riccardo Barile