Maxi rapimento in Nigeria: un silenzio sospetto
Non c’è stata reazione internazionale alla notizia del rapimento di centinaia di allievi di una scuola maschile secondaria di Kankara, città nello stato nord occidentale di Katsina, in Nigeria. Molto altro si ignora di questa vicenda, in realtà, e forse non sarà mai rivelato...
Nel 2014 il gruppo jihadista nigeriano Boko Haram aveva rapito 276 studentesse di Chibok, una cittadina dello stato nord occidentale del Borno. Il mondo si era mobilitato per chiederne la liberazione, l’hashtag #BringBackOurGirls con 6,1 milioni di tweet è stato forse il più twittato al mondo, firmato da migliaia di personaggi politici e dello spettacolo.
Che sia l’assuefazione a notizie del genere o la generale concentrazione del mondo sull’emergenza Covid, ma non c’è stata reazione internazionale invece alla notizia del rapimento di centinaia di allievi di una scuola maschile secondaria di Kankara, città nello stato nord occidentale di Katsina, sempre in Nigeria. Il collegio, che ospita più di 800 studenti, è stato attaccato l’11 dicembre da uomini armati arrivati a bordo di motociclette sparando in aria e suscitando il panico tra i ragazzi che in molti sono riusciti a scappare scavalcando la recinzione della scuola. Altri però non hanno fatto in tempo a mettersi in salvo e 344 sono stati portati via dagli aggressori.
Le studentesse di Chibok sono rimaste per anni nelle mani dei jihadisti e qualcuna non ha mai fatto ritorno. Per fortuna, gli studenti di Kankara sono stati liberati la sera del 17 dicembre, nel vicino stato di Zamfara dove erano stati trasferiti, e hanno già riabbracciato le famiglie. Ma ci sono ancora dei dispersi di cui per il momento si ignora la sorte.
Molto altro si ignora di questa vicenda, in realtà, e forse non sarà mai rivelato: prima di tutto, chi sono gli autori dell’attacco e del sequestro.
Si è subito pensato che fossero i Boko Haram, ma le autorità nigeriane lo hanno escluso e in effetti il Katsina è molto lontano dal Borno, lo stato in cui Boko Haram è nato e continua a militare anche dopo che, dalla fine del 2015, il suo raggio d’azione è stato ridimensionato drasticamente grazie all’intervento di una forza militare regionale a cui partecipano, oltre alla Nigeria, Benin, Niger, Camerun e Ciad.
Il 15 dicembre il leader di Boko Haram, Abubakar Shekau, ha rivendicato il rapimento con un messaggio audio, ma molti hanno pensato che mentisse, che la rivendicazione, come in altre occasioni, fosse parte di una strategia di propaganda per attirare consensi e attenzione, usata specie da quando il gruppo di Shekau è in competizione per il predominio e la supremazia con l’Iswap, Islamic State West Africa Province, staccatosi da Boko Haram nel 2016 e affiliatosi allo Stato Islamico.
Poi, il 17 dicembre, poche ore prima che gli studenti venissero liberati, è stato diffuso un filmato con le insegne di Boko Haram che mostra decine di ragazzi, alcuni molto giovani, uno dei quali dice di essere stato preso prigioniero dalla “banda di Abu Shekau”. Tuttavia Abdul Labaran, portavoce del governatore del Katsina Aminu Bello Masari, pur ammettendo che il video era autentico, ha sostenuto che a impersonare il leader di Boko Haram era un sosia. Anche dopo la liberazione dei ragazzi, le autorità che hanno condotto tre distinte trattative con i rapitori continuano a parlare di “banditi” ricordando che dall’inizio del 2020 centinaia di persone sono state uccise nel nord ovest della Nigeria in attacchi attribuiti a bande criminali.
In tutto il paese inoltre sono in effetti frequenti i rapimenti a scopo di estorsione, che si concludono quasi sempre in breve tempo con il rilascio dei rapiti, non appena viene consegnato il riscatto chiesto che può ammontare anche solo a qualche migliaio di dollari. Il 15 dicembre, ad esempio, mentre si recava al funerale del padre nello stato di Anambra, è stato sequestrato padre Valentine Oluchukwu Ezeagu, della congregazione dei Figli di Madre Maria della Misericordia, liberato poi illeso la sera del giorno successivo. “Gli eventi degli ultimi mesi hanno dimostrato che serve una combinazione di sforzi e strategie per affrontare frontalmente le cause alla base dei rapimenti e il banditismo nel Paese – aveva commentato il giorno del rapimento monsignor Ignatius Ayau Kaigama, arcivescovo della capitale nigeriana Abuja – il livello degli incidenti e l'apparente impunità sono diventati inaccettabili e non possono essere giustificati, per nessun motivo. Gli episodi di omicidi e sequestri attualmente in corso in Nigeria rappresentano ora una minaccia significativa per tutti i cittadini”.
Comunque mai si sono avuti sequestri di così tante persone, se non appunto ad opera di Boko Haram che oltre tutto, qualche mese fa, ha effettivamente dichiarato di essere presente nel nord ovest del paese. Se davvero avesse stabilito collegamenti con delle organizzazioni criminali nel nord ovest, le conseguenze sarebbero molto gravi e non solo per la Nigeria, ma per altri paesi della regione in cui vaste estensioni di territori sono già sotto il controllo o sotto la minaccia costante di gruppi jihadisti.
Alcuni indizi suggeriscono che possa essere vero. Abdul Labaran, insistendo che il sequestro è opera di delinquenti locali, ha detto tra l’altro: “sono banditi che conosciamo bene, ho incontrato alcuni dei loro leader. Ci siamo serviti di una organizzazione di allevatori di bestiame per contattarli ed è tramite questa organizzazione che sono state avviate le trattative per la liberazione dei ragazzi”. A sua volta Bello Matawalle, governatore dello stato dello Zamfara, ha affermato che nel corso delle trattative i rapitori hanno espresso diverse rimostranze che il governo ha promesso di prendere in considerazione: “si sono lamentati tra l’altro del fatto che la gente uccide il loro bestiame e di essere vessati da diverse squadre di vigilantes”. Il sequestro dunque sembra legato al secolare conflitto tra etnie di pastori e di agricoltori – esasperato perché i primi sono musulmani e i secondi per lo più cristiani – di cui sono teatro gli stati della Nigeria centrale e nord occidentale.
Negli ultimi anni gli scontri sono diventati più cruenti e letali perché sia i pastori che gli agricoltori, specialmente nel nord ovest, hanno incominciato a utilizzare dei vigilantes armati. I Boko Haram potrebbero cercare e aver già stretto alleanze con i pastori contro gli agricoltori. Nelle ultime settimane in diversi attacchi hanno ucciso brutalmente, sgozzandoli, decine di braccianti impiegati nelle piantagioni di riso dello stato del Borno.