Matrimonio fedele e indissolubile, le ragioni antropologiche
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Nell'era della precarietà che travolge anche le relazioni ha ancora senso parlare di indissolubilità e fedeltà? Sì, perché la verità sull'amore coniugale è insita nella natura stessa dell'uomo creato a immagine di Dio.

In un’epoca in cui sembra affermarsi l’esaltazione dell’istantaneità della vita, che nasce dalla consapevolezza della precarietà della stessa, in una cornice sociale e culturale sempre più “affrancata” dai dogmi religiosi del matrimonio cristiano nella caratterizzazione dei nuovi modelli familiari – e ne è prova il diffondersi delle convivenze, anche fra persone dello stesso sesso, unitamente al crescente calo dei matrimoni e all’aumento dei divorzi –, è legittimo chiedersi se abbia ancora senso discutere di fedeltà e indissolubilità coniugale.
Ciononostante, fedeltà e indissolubilità coniugale hanno profonde ragioni antropologiche. Non si può negare l’esistenza di un fatto di comune esperienza che caratterizza l’agire dell’essere umano: nel cuore di un’autentica dichiarazione d‘amore ci sono l’esclusività e la definitività. Ci sono cioè la volontà di escludere ogni altra persona estranea alla coppia e contestualmente la volontà di cancellarne il termine finale. Al suo sorgere la relazione d’amore include il “solo tuo/tua” e il “per sempre”, perché tali dichiarazioni esprimono l’unicità del rapporto e la negazione della possibilità stessa di una sua conclusione volontaria. Nel vero innamoramento gli amanti desiderano che la profonda intimità di sentimenti e intendimenti che è nata in essi sia qualcosa che rimanga esclusivamente tra loro: desiderano stare da soli insieme e provano “gelosia” l’uno per l’altro. È l’intenzione di fedeltà esclusiva tra un uomo e una donna. Vorrebbero che il loro amore durasse per sempre e che nulla potesse separarli mai. È l’intenzione della definitività.
Nella reciproca conoscenza gli amanti consolidano i desideri del cuore e della ragione e li veicolano nella direzione di uno stabile progetto di vita insieme. Attraverso l’assunzione libera e reciproca di un impegno di appartenenza esclusiva proiettato verso il futuro, l’amore tra un uomo e una donna si eleva da sentimento di profonda e viva affezione a istituzione giuridica, morale e sociale: nasce la volontà di unirsi in matrimonio. La relazione matrimoniale, a differenza di altri tipi di relazione (frequentazione, convivenza, amore libero, ecc.), implica l’appartenenza esclusiva (in primis i diritti pieni e definitivi sul corpo del coniuge) e l’impossibilità di ammettere una sua conclusione almeno “finché morte non ci separi”. Il fatto che le cose non vadano poi sempre così non toglie valore alla necessità dell’uomo di esprimere in termini di esclusività e definitività la relazione amorosa che si perfeziona nell’unione coniugale.
Una relazione d’amore, degna della natura umana della persona, contiene in sé una tendenza all’esclusività, alla continuità, “farsi uno”, un’unità pro-creatrice. I giuramenti degli amanti – se di vero amore si tratta – non possono che aderire del tutto spontaneamente al principio monogamico. Nel matrimonio gli amanti trovano tutto nell’altro, in uno solo, solo lui o lei, perché l’altro è tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere pienamente l’esperienza della relazionalità. La reciproca fedeltà coniugale è una “regola” che nasce spontaneamente, come unica soluzione possibile della relazione amorosa, indipendentemente dall’obbligo imposto da un precetto religioso o da una norma giuridica. Per quanto sia spesso così difficile da mantenere e non di rado venga infranta, la promessa di esclusività ha il senso di assicurare ai figli l’unicità della relazione coi propri genitori (un solo padre e una sola madre) e un ambiente familiare sicuro e protetto.
Ogni tentativo di mettere in discussione la promessa matrimoniale come impegno definitivo e indissolubile contraddice il significato che gli sposi hanno inteso dare al matrimonio: non posso affidarmi come marito o come moglie se non per tutta la vita, convinto che l’affidamento del mio coniuge sia per tutta la vita, e non abbia riserve mentali, né incertezze. Molto prima che una regola giuridica o religiosa, l’indissolubilità è una pretesa di autenticità dell’amore coniugale. L’essere umano può intrattenere una gamma variegata di relazioni amorose, ma se ad un certo punto sceglie il matrimonio è proprio perché ha maturato assieme al partner la convinzione dell’unicità e della complementarietà della relazione, che si esprime in termini di esclusività e definitività.
Può meravigliare che l’uomo, creatura così precaria ed incostante, sia capace di “impegnarsi” senza limiti di tempo: eppure lo fa da sempre ed è anzi una sua prerogativa specifica. Secondo la pensatrice tedesca Hannah Arendt, è la capacità di fare promesse e di perdonare che conferisce all’uomo un potere sul tempo sconosciuto ad altre specie viventi. L’irreversibilità del passato (e delle vicende trascorse) viene purificata dalla forza del perdono; l’imprevedibilità del futuro viene superata dal potere della promessa: “Rimedio all’imprevedibilità, alla caotica incertezza del futuro, è la facoltà di fare e mantenere promesse…” (H. Arendt, Vita activa. Saggio sulla condizione Umana). Così, mentre l’indissolubilità coniugale è preservata dalla capacità dell’uomo di esprimere una promessa che garantisca nel tempo la volontà di non sciogliere il vincolo matrimoniale, il “principio” della fedeltà coniugale è salvaguardato dalla facoltà dell’uomo di esercitare il perdono per “cancellare” eventuali violazioni al patto di esclusività.
È stato osservato dal prof. Claudio Sartea – nel suo intervento al Convegno internazionale di studio tenutosi a Firenze il 23 gennaio 2015 – che nel matrimonio, la sfera volontaria e decisionale prevale su quella emozionale. L’atto volitivo e decisionale sarebbe dunque più forte del sentimento amoroso stesso ed è proprio questo che caratterizzerebbe il vincolo coniugale rispetto ad ogni altro possibile legame affettivo. Se gli sposi hanno scelto il matrimonio è perché (ci si augura) si amano; che continuino ad amarsi è certamente auspicabile, ma non è necessario, né adesso né allora né in futuro, a far vivere o sopravvivere il legame coniugale. A reggere internamente la struttura psicologica della decisione matrimoniale non è l’amore, ma la volontà di essere per sempre l’uno per l’altra (come le formule sacramentali così bene descrivono). Ciò rende la relazione matrimoniale diversa da tutte le altre relazioni affettive o sentimentali.
Se l’esclusività e l’indissolubilità sono proprietà intrinseche della relazione matrimoniale per ragioni legate alla natura umana, si comprende perché la proposta cristiana di matrimonio corrisponda alla verità antropologica dell’uomo, indipendentemente dalla razza, religione, convinzione ideologica, posizione politica o sociale. Nella risposta agli scribi sulla liceità da parte del marito di ripudiare la propria moglie (Mc 10,2; Mt 19,3), Gesù sintetizza il modello antropologico che la Chiesa cattolica propone a tutta l’umanità come verità in tema di amore e unione coniugale. Un modello basato sull’unità e sull’indissolubilità, per diritto naturale.
L’amore coniugale (inteso nella sua componente affettiva-sentimentale e volitiva-decisionale) è fedele e indissolubile perché questa “maniera” di amare appartiene alla natura dell’uomo, creato ad immagine di Dio: «Non avete letto che il Creatore da principio li fece maschio e femmina (…) Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mt 19,4-6). L’unità e l’indissolubilità dell’amore coniugale trovano fondamento nel riferimento di Gesù al principio della creazione, al tempo in cui Dio creò l’uomo a sua immagine (Gn 1,27), e creò la donna (una sola) da porgli accanto (Gn 2,22), affinché i due si unissero e diventassero una sola carne (Gn 2,24).
Gesù riporta l’uomo alla verità antropologica dell’amore coniugale, quella verità che – a prescindere dalla conoscenza del precetto religioso o dalla sua adesione – ogni uomo e ogni donna (persino laici o di fede non cristiana) possono ritrovare in sé e riscoprire da sé quando agiscono in modo conforme alla propria natura (di creatura fatta ad immagine e somiglianza di Dio) e ai principi impressi da Dio nella coscienza dell’essere umano, e riconoscono (e sperimentano) che l’amore autentico è promessa di fedeltà senza una fine, legame esclusivo che unisce per sempre.
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