Le carte di Epstein sono un mistero, ma le email dicono già molto
Ma esiste o no la lista dei clienti di Jeffrey Epstein, il miliardario, ora suicida, accusato di procurare le escort (anche minorenni) ai potenti? Trump l'ha promesso, poi negato, ora lo accetta. Intanto, dalle email di Epstein emerge tutto il cinismo e l'opportunismo del jet set americano.
Mai promettere ciò che non potrai dare. Finora, salvo svolte improvvise nella vicenda delle carte di Jeffrey Epstein, questa sembra la lezione che Trump sta imparando a sue spese. Dopo una campagna elettorale in cui prometteva di pubblicare tutti i documenti sul traffico di escort, minorenni comprese, di cui viene accusato Jeffrey Epstein, il miliardario amico dei potenti, morto suicida in carcere nel 2019, Trump ha cambiato repentinamente idea. “Non c’è niente da vedere” è lo stile di tutti i suoi messaggi. Il presidente repubblicano, che ha cavalcato lo scandalo per demolire i Democratici, ora accusa questi ultimi di diffondere teorie del complotto basate sul nulla. La “bufala su Epstein” è la sua espressione più ricorrente in questi ultimi mesi.
Lunedì 17 novembre è stata approvata la votazione di un testo di legge che obbligherebbe il Dipartimento di Giustizia a consegnare tutti i fascicoli relativi a Epstein. Si prevede che la Camera voterà questa settimana per la pubblicazione dei documenti. Il voto arriva dopo che tutti i Democratici della Camera e quattro Repubblicani hanno firmato una petizione per costringere il presidente Mike Johnson a indire la votazione sul caso Epstein files. Trump, cambiando idea per l’ennesima volta, ha invitato i senatori e deputati repubblicani a votare per la legge. Alla domanda dei giornalisti se avrebbe firmato la legge, se fosse arrivata sulla sua scrivania, Trump ha risposto: «Certo che lo farei».
Nel frattempo, però, si è consumata la rottura fra il presidente e una parte importante della sua base elettorale. Nessuno meglio della deputata georgiana Marjorie Taylor Greene incarnava l’elettorato Maga (Make America Great Again) che ha rieletto il presidente nel 2024. Eppure la Taylor Greene è stata, agli occhi del presidente, troppo insistente nel pretendere la pubblicazione dei files. Così ora, sul social di sua proprietà, il presidente Trump la definisce una “traditrice” della causa. La Taylor Greene, con lo stile cospirativo che la contraddistingue, giunge a scrivere che ora sente minacciata la sua stessa vita e ai microfoni della Cnn si dice pentita di aver contribuito a diffondere la politica “tossica” del presidente.
I membri dell’amministrazione più esposti allo scandalo si sono mostrati più scaltri. O duttili. «Non pensi che Bill Gates stia facendo pressioni sul Congresso giorno e notte per impedire la divulgazione di quella lista (dei clienti di Epstein, ndr)?» chiedeva Kash Patel nel 2023, prima di diventare direttore dell'FBI. «Sconvolgerà il mondo politico», aveva dichiarato Dan Bongino nel settembre 2024, prima di diventare vice di Patel. Ora entrambi negano l'esistenza della lista.
Nella sfera degli influence pro-Trump, il giornalista Tucker Carlson ha attaccato duramente l'amministrazione per aver dichiarato chiusa la questione Epstein. Già che c’era, cavalcando la sua crociata antisionista, Carlson ha affermato, senza prove, che Epstein lavorava per Israele. Anche Steve Bannon, lo storico stratega di Trump, ha chiesto che un procuratore speciale esamini i fascicoli su Epstein.
Ad aggiungere ulteriore pressione, il 12 novembre centinaia di email inviate e ricevute da Jeffrey Epstein, sono state rese pubbliche dalla Commissione di Vigilanza della Camera. I Democratici della Commissione di Vigilanza della Camera hanno cercato di creare questa impressione con la pubblicazione selettiva di tre email in cui Epstein e la sua collaboratrice, Ghislaine Maxwell, discutevano di ciò che Trump sapeva delle ragazze. Ma non c’è alcuna risposta, né alcuna “pistola fumante” che possa portare all’incriminazione del presidente.
Questo vuoto di risposte sta dando adito a diverse teorie del complotto. La prima e più semplice è che Trump fosse coinvolto nel traffico delle minorenni ed ora voglia insabbiare tutto. Non si capisce, però, perché in campagna elettorale avesse promesso di pubblicare le prove di una sua colpa. Un'altra teoria che sta prendendo piede nella destra è che Trump voglia nascondere i file su Epstein perché lui stesso era un informatore dell'Fbi ed avrebbe aiutato l'Fbi a catturarlo. Ma non si capisce perché Trump debba continuare a tenerlo nascosto, considerando che i vertici dell’Fbi ora li ha scelti lui. Gli costerebbe di più un imbarazzante silenzio di un’ammissione di aver collaborato con la polizia.
A prescindere da quel che emergerà dalle carte che verranno pubblicate in futuro, sappiamo già molto dalle email che sono state pubblicate la settimana scorsa. Da esse emerge un sottomondo altolocato che fa tremare le vene ai polsi. Nelle email successive alla prima condanna di Epstein (2008) per induzione alla prostituzione minorile, i suoi amici del jet set americano solidarizzavano con lui, smentivano le accuse mosse dalle vittime del suo traffico. Questo, appunto, dopo una condanna definitiva, non nel corso del processo. Non c’è alcuna "pistola fumante" su Trump, ma si parla chiaramente del principe Andrea, ora caduto in disgrazia e privato del titolo nobiliare proprio per questo motivo. Vengono documentati rapporti strettissimi di Epstein con il braccio destro di Bill Gates, con l’ex presidente di Harvard, con un importante avvocato di Goldman Sachs (ed ex consulente di Obama), con giornalisti delle maggiori testate. Una rete enorme di complicità che non era mai stata scalfita: le stesse persone che oggi rinnegano il loro ex amico, si dichiarano estranei ai fatti e parlano con rammarico di aver avuto contatti con lui.

