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Il libro

Maternità surrogata, la critica ragionata di Schaub-Thomas

L’importanza della vita prenatale, il legame tra madre naturale e bambino, le conseguenze della separazione, ecc. Nel libro Il grido segreto del bambino, la psicoterapeuta Anne Schaub-Thomas presenta le argomentazioni critiche circa il presunto “diritto al figlio”.

Cultura 14_12_2024

La studiosa belga Anne Schaub-Thomas, psicologa e psicoterapeuta, ha scritto uno dei primi saggi interamente dedicati alla «gestazione per altri» (Gpa), più crudamente detta «utero in affitto», mettendo in chiara luce tutte le difficoltà e i rischi che si creano, se ci si pone dal punto di vista del bambino.

Il libro – intitolato Il grido segreto del bambino. Maternità surrogata e il diritto di chi nasce (Lindau, 2024) – comporta quattro parti. La prima spiega e dimostra quanto la vita prenatale del bambino sia importante per la sua psiche in formazione, citando le «scoperte di alcuni rinomati specialisti della salute» (p. 31). La seconda parte riporta una serie di risultanze scientifiche sul rapporto unico madre-figlio e i problemi che derivano dalla «maternità surrogata». La terza raccoglie i pareri recenti e critici di esperti e neonatologi. La quarta parte risponde alle critiche dei fautori dell’utero in affitto e, in modo didattico e stringente, mostra i danni sociali di una pratica e di un commercio che ovunque dovrebbe diventare un «reato universale».

Questo testo dovrebbe essere letto dai più attenti politici, filosofi, teologi, pedagogisti e pediatri perché presenta, per la prima volta in modo ragionato e sereno, tutte le argomentazioni critiche circa il presunto “diritto al figlio”, rivendicato sempre più dalle coppie sterili (ma anche dalle coppie arcobaleno o dagli stessi single) oltre che dal pensiero liberal. Senza l’idea assurda del diritto al figlio, infatti, non ci sarebbe il mercato di esseri umani, né la maternità surrogata.

L’intero capitolo 7 sulle «conseguenze psicologiche della separazione alla nascita» mostra quanto il legame tra madre naturale e figlio naturale sia indissolubile (pp. 121-146). Ma questa «indissolubilità» getta una luce fosca, dopo decenni di mitizzazione pubblica, sullo stesso istituto del divorzio, sulle separazioni facili e sulle convivenze instabili (un tempo dette «libero amore»). Perché l’assenza drammatica e dolorosa della vera madre (e del vero padre), nel caso della Gpa, è del tutto analoga a quella che vivono milioni di neonati, bambini e adolescenti a seguito della «fine del matrimonio» dei loro genitori.

E lo stesso dicasi per l’aborto, vista «l’importanza del periodo intrauterino» nello sviluppo del nuovo essere umano, dal momento che, come nota il prof. Marcel Frydman nella prefazione, «la vita di un bambino non inizia alla sua nascita» (p. 7). Quindi se la Gpa nuoce al nascituro, come potrebbe non nuocergli l’Ivg? Frydman, docente emerito di psicologia, ricorda che «l’esistenza del bambino come essere relazionale inizia ben prima della nascita» perché tra la madre e il figlio vi sono dei «legami sottili», di cui il «bambino conserva la memoria» (p. 11). E che a volte angosceranno perfino il ragazzo e l’adulto che vorrà sapere chi sono i suoi veri genitori e procreatori.

L’autrice ha scavato a fondo su ciò «che accade prima della nascita» e sulla «esperienza in utero»: e tutto quello che la dottoressa ha scoperto va direttamente contro la maternità surrogata e il passaggio – che sia “gratuito” o meno – dalla madre biologica (reale) alla madre per “vocazione”, ammesso che la figura femminile ci sia. Esiste o non esiste una «ferita psicologica precoce, invisibile e segreta» (p. 31) di chi è nato in modo certamente anomalo, attraverso un pecuniario contratto tra una «famiglia committente» e una donna che per nove mesi porta il peso della gravidanza? Secondo l’autrice, che parla di «periodo cruciale della gestazione», le testimonianze di psicologi e professionisti sono concordi nel sottolineare «la grande importanza della relazione che si istaura prima della nascita tra il bambino e la madre» (p. 39).

L’opera della Schaub-Thomas ha la peculiarità di essere a tratti più scientifica e tecnica, a tratti più scorrevole con il racconto dei tanti problemi infantili (disturbi, paure, gelosie, iperattività, rabbia incontrollata, depressione patologica) conosciuti direttamente dall’autrice nel suo ventennale lavoro di psicoterapeuta, e del loro legame con l’orizzonte affettivo-familiare incerto. Con grande coraggio la scrittrice dedica un breve capitolo al rapporto tra «maternità surrogata e omoparentalità» (p. 215-222). Come appare evidente, ogni bambina «prenderà la madre come modello di identificazione femminile» e il bambino il padre, e tutti i figli di questo mondo vengono naturalmente posti in un contesto di complementarità «nella cura e nell’educazione del bambino» (p. 218). In natura non c’è nulla a caso. Scrive la sociologa (atea) Sylviane Agacinski che «la diversità sessuale dei genitori è un valore fondamentale, universale, etico e biologico» (p. 221). Ma in nome della tutela delle «minoranze sessuali» e della fecondazione artificiale lo abbiamo completamente rimosso, anche perché far arrabbiare le lobby Lgbt fa più paura dei fulmini di Zeus...

Quindi, è proprio l’anti-giuridico e anti-etico «diritto al figlio» in capo a chiunque, persino single, che mette a repentaglio e annulla la stabilità della famiglia e l’educazione della prole, affogandola nel nichilismo gaio e ipocrita del nostro tempo. La vita umana, infatti, anche a valutarla con la sola ragione e senza l’aiuto potente del Vangelo, appare degna di estrema cura e protezione, specie nella sua fase più delicata, dal concepimento alla nascita, senza escludere il periodo della prima educazione del bambino, del ragazzo e del giovane.

I «diritti» che gli adulti hanno rivendicato per sé negli ultimi decenni – dal divorzio all’aborto, dalla mercificazione del corpo femminile alla «compravendita del feto» – hanno prodotto dei danni psicologici, sociali, educativi (ed economici) così esiziali da minare le basi stesse della civiltà. Chiediamoci ora, a valle di questo inaudito e tragico processo storico: ma che razza di «diritti», dunque, potevano e possono mai essere?