Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico
il cortocircuito

Maschio, bianco e conformista: Gramellini fatti da parte

Il giornalista giustifica la decisione della Raf inglese di riservare quote di piloti a donne e persone di colore. Un privilegio su base razziale e non sul merito e sulle competenze che produce a sua volta ingiustizie e discriminazioni. Allora dia lui il buon esempio e ceda il suo posto al Corsera a una donna e magari di colore. 

Editoriali 07_02_2023

Rubrica del Corriere della Sera Il caffè di Massimo Gramellini, volto noto anche in Tv grazie al Papa laico Fabio Fazio. Titolo dell’articolo del 4 febbraio scorso: È giusto discriminarmi?. Nel pezzo Gramellini ci informa che la Raf, l’aviazione militare inglese, si è imposta di assumere il 40% di donne e persone di colore: una quota rosa-nera. Ci viene subito da domandare: la donna di colore avrà quindi il doppio delle chance di pilotare un caccia?

Ma, è proprio il caso di dirlo, sorvoliamo. Gramellini continua con il racconto spiegando che, di fronte a questa trovata, non è stato un maschio caucasico a battere i pugni sul tavolo, bensì un’ufficiale donna, preoccupata che la preparazione dei piloti – anche qui è il caso di dirlo – potesse precipitare, perché più legata al sesso e all’etnia che alle competenze. La quota rosa scuro certificherebbe quindi il privilegio, non la bravura.

Dato che historia magistra vitae, o almeno dovrebbe esserlo, ricordiamo che nel Regio decreto-Legge 17 novembre 1938-XVII, N.1728 Provvedimenti per la difesa della razza italiana si vietava agli ebrei la professione di dipendente pubblico, di bancario, di agente d’assicurazione e, in certi casi, di imprenditore (art. 13). Si aggiunga che, con certe similitudini con il caso inglese, anche agli ebrei era fatto divieto di entrare a far parte delle forze militari, aviazione inclusa. Con la Legge nº 1024 del 13 luglio 1939-XVII, che andava ad integrare il precedente Regio decreto, altre professioni interdette agli ebrei furono quella di giornalista e di notaio (art. 2). La differenza odierna voluta dai responsabili della Raf sta nel fatto che ai maschi bianchi non è completamente interdetta la professione di pilota, ma è la possibilità di accesso a tale carriera ad essere fortemente compromessa. Questa la differenza, ma che si basa su un medesimo principio: come l’ebreo era escluso da certe professioni, compreso il pilota d’areo, a motivo della sua etnia, così il maschio bianco ha maggiori difficoltà a diventare pilota militare a motivo della sua etnia e del suo sesso. Chiamasi razzismo e sessismo. Dunque, l’esito del principio di non discriminazione spinto all’estremo porta alla discriminazione. Gramellini ne è conscio e accetta questa dinamica.

Infatti, il giornalista in forza al Corsera cesella un commento alla vicenda che vince tre premi nelle seguenti categorie: politicamente corretto, mainstream e vulgata corrente. Scrive il Nostro: “È giusto discriminare una persona per il sesso e il colore della sua pelle, perpetuando uno schema consolidato, sia pure a sessi e colori invertiti? No, non è giusto. Ma potrebbe rivelarsi saggio, se davvero nei prossimi cinquant’anni vogliamo raggiungere l’obiettivo strategico di una società evoluta: l’eguaglianza dei punti di partenza. Il maschio bianco ha goduto per millenni di condizioni di favore che lo rendono ancora adesso più preparato ad occupare certi ruoli. Se però continua ad occuparli solo lui, gli esclusi non potranno mettersi al suo livello. Come in tutte le cose servono gradualità e buon senso [sic], ma per realizzare una giustizia domani, bisogna probabilmente commettere un’ingiustizia oggi”. Si vede che il caffè di Gramellini è corretto con qualche allucinogeno.

Dunque, la tesi di Gramellini sarebbe la seguente: se il maschio bianco occupa solo lui alcuni ruoli, altri non potranno mai imparare ad occuparli e quindi rimarranno esclusi. Gramellini confonde l’eguaglianza dei punti di partenza – da lui giustamente invocata – dall’altrettanto giusta ineguaglianza dei punti di arrivo, riservati ai più meritevoli. E il merito non ha sesso, né colore della pelle, ci ripetono fino alla nausea gli anfitrioni del politically correct. Perciò il ragionamento corretto dovrebbe essere il seguente: porte aperte a tutti – bianchi e neri, maschi e femmine – nelle selezioni per l’aviazione. E qui ci dovrà essere una prima scrematura, attuata secondo i criteri della competenza. Una volta superato questo primo test attitudinale, piloteranno i caccia quelli che durante l’addestramento si sono mostrati i più bravi, maschi o femmine che siano, bianchi o neri che siano. Alla quota rosa-nera occorre dunque sostituire quella grigia, propria della materia grigia.

Il ragionamento di Gramellini è invece rovesciato: che vengano riservate ampie quote tra i piloti ai neri e alle donne. Ciò significa che questo gruppo di privilegiati, di aristocratici dalla pelle scura o di nobili pettorute, scavalcherà chi avrà avuto l’infausta sorte di nascere maschio e bianco. E così quella quota fissa toglierà la possibilità di reclutare persone più capaci, esclusi solo per motivi bio-ideologici. Qui la selezione è quella naturale alla Gramellini: è il colore della pelle e il sesso che ti ha regalato madre natura a portarti in alto, tra i cieli, a farti sic et simpliciter pilota.

Il giornalista di via Solferino teme dunque l’oligopolio dei maschi bianchi nella preparazione. Cerchiamo di chiarire questo snodo concettuale. Se ci fossero ingiuste discriminazioni durante la selezione che porta a diventare piloti di caccia di aerei, lì dovremmo intervenire e non invece in cabina di pilotaggio. Vogliamo dire questo: Gramellini lamenta che se i bianchi maschi continuano solo loro a pilotare gli aerei e, più estesamente, ad occupare alcuni ruoli professionali, chi non è maschio e bianco non potrà mai crescere professionalmente. Ma ciò non è vero perché le nuove leve, di qualsiasi etnia e sesso saranno, potranno ugualmente prepararsi in modo adeguato a ricoprire quegli stessi ruoli in futuro grazie alla formazione primaria, a quella secondaria e poi su su fino all’università o all’accademia e così, se ritenuti idonei, un giorno potranno andare a sostituire le vecchie leve. È vero che la preparazione si affina con l’esperienza e quindi, nel caso di specie, pilotando gli aerei, ma ciò non toglie opportunità alle nuove leve di prepararsi anche loro. In breve: non è che se oggi la maggior parte dei piloti è costituita da maschi bianchi ciò significa togliere opportunità alle donne e ai neri che vogliono diventare piloti. Le due cose stanno insieme: chi oggi pilota gli aerei, anche se ovviamente ha più preparazione di chi non ha avuto ancora modo di pilotare, non sottrae chances ai nuovi venuti. La preparazione del pilota in carriera da anni non interferisce né ostacola la preparazione dei novellini, ossia di chi aspira a diventare pilota. Se invece il ragionamento di Gramellini fosse corretto lui stesso dovrebbe dare l’esempio e dimettersi dal Corsera per lasciare spazio a giornalisti di colore e femmine, perché il suo ruolo è frutto di condizioni di ingiusto favore verso i maschi bianchi come lui maturate nel corso di millenni. Ci aspettiamo coerenza.

Il gramo pezzo di Gramellini poi inciampa in contraddizioni tanto patenti quanto inevitabili perché volte a provare l’assurdo. E così veniamo ad apprendere che ci possono essere azioni ingiuste, ma sagge: “No, non è giusto. Ma potrebbe rivelarsi saggio”. Che, mandando a quel paese il nesso di causa-effetto, la giustizia si può costruire per il tramite di atti ingiusti: “per realizzare una giustizia domani, bisogna probabilmente commettere un’ingiustizia oggi”.

E in questo elogio dell’ingiustizia Gramellini è coerente: perché troviamo ingiusto che il megafono dei media sia in mano sempre alle solite persone che appartengono ai soliti schieramenti ideologici. Sono i Gramellini, gli Augias, i Fazio, i Saviano, le Murgia, i Ferragnez i privilegiati, coloro i quali si sono messi in cabina di pilotaggio, con il solo merito di stare dalla parte giusta della Storia, ed hanno dirottato la coscienza collettiva verso il paese di Utopia dove il buon senso è persona non gradita. Il Nostro critica il monopolio in certe professioni da parte dei maschi bianchi, ma per onestà e spirito ugualitario dovrebbe anche criticare il monopolio in altre professioni da parte di chi è allineato alla cultura progressista. Perché, in ossequio ai principi gramsciani, è solo la persona di area levantina che troviamo perlopiù nei giornali, nelle case editrici, nel mondo cinematografico, nella musica colta e pop, nelle direzioni dei teatri, dei musei, nelle università. Sono dove sono non perché, il più delle volte, sono bravi nel loro mestiere, ma perché sono bravi a conformarsi al potere dominante, a girarsi dove spira il vento. Volete non discriminare? Fatevi da parte e vi assicuriamo che, già sin d’ora, daremo prova di essere ben più preparati di voi.