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COVID

Mascherina, regole vecchie e nuove contraddizioni

Non si capisce perché la mascherina sia ancora obbligatoria nei luoghi di lavoro privati. Mentre nell'amministrazione pubblica è solo raccomandata. Sul luogo di lavoro vige ancora il protocollo approvato dalle parti sociali un anno fa, quando la pandemia era ancora ben altra cosa. Il confronto con gli altri Paesi è impietoso. Non ci liberiamo più.

Politica 06_05_2022
Brunetta e Draghi

Al peggio non c’è mai fine e i paragoni con l’estero vengono fatti solo quando conviene. In mezzo mondo i dati sulla pandemia sono in forte calo, così come in Italia, e ci si riferisce soprattutto ai ricoveri gravi e ai decessi per solo covid. In mezzo mondo le mascherine non vengono più utilizzate da nessuna parte, sia perché la stragrande maggioranza degli scienziati le ritiene inutili, sia perché trasmettono una prolungata e infinita idea di emergenza, che cozza con la sacrosanta aspirazione al ritorno alla normalità, anche dal punto di vista relazionale e socio-economico.

Nonostante questo, il nostro Paese, che pure ha avuto più vittime di Covid di quasi tutti gli altri Stati del mondo, dimostrando di aver sbagliato molte cose, ora si ostina a voler mantenere ovunque l’uso delle mascherine. Omicron, con le sue diverse varianti, si comporta come un comune raffreddore e i morti quotidiani classificati come morti Covid sono persone con salute già gravemente compromessa e che probabilmente - lo dicono i medici che stanno in trincea e in corsia - morirebbero comunque anche senza Covid. Nonostante questo, si incontrano per strada ancora persone con la mascherina all’aperto, addirittura la Fpp2. Come mai?

Il terrorismo mediatico ha colpito ancora, si potrebbe dire. La psicosi collettiva non smette di perseguitare soprattutto le persone fragili emotivamente e così, anche in pieno caldo e con l’approssimarsi dell’estate, si va avanti come da oltre due anni a questa parte con l’autoimbavagliamento.

E i decisori istituzionali, anche in questo caso, ci mettono del loro, sia prolungando inutili misure come questa, sia creando discriminazioni tra i cittadini. Nei giorni scorsi il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta aveva firmato una circolare per raccomandare ai dipendenti pubblici di continuare a usare la mascherina soprattutto nei contatti con il pubblico o nelle situazioni di assembramento, come le code nelle mense, ma senza introdurre obblighi.

Nel privato, invece, è stata presa un'altra decisione: a seguito di un incontro tra i ministeri del Lavoro, della Salute e dello Sviluppo Economico, l'Inail e le parti sociali, si è deciso di confermare il protocollo di sicurezza Covid di un anno fa, che prevede l'obbligo di indossare le mascherine al chiuso e, udite udite, anche all'aperto sul posto di lavoro. La proroga è stata fortemente voluta dai sindacati e dalle aziende, che hanno sottolineato come la pandemia di Covid non sia finita e il contagio sul posto di lavoro rappresenti ancora un rischio. Non bisogna, quindi, prendersela solo con Draghi e i suoi ministri, ma anche con gli imprenditori e i sindacalisti, che costringono i lavoratori a tenere incollata alla bocca fino al 30 giugno le mascherine chirurgiche.

Davvero discutibile che rimangano in vigore le misure contenute nel Protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 sottoscritto da governo e parti sociali un anno fa, quando la situazione epidemiologica era ben diversa da quella odierna. Addolcisce di poco la pillola la precisazione, contenuta nelle comunicazioni ufficiali di due giorni fa, che prima del 30 giugno le parti si rivedranno per valutare se non sospendere tali restrizioni, ove l’evoluzione della pandemia lo consentisse. Ma una cosa è certa: almeno fino al 15 giugno tutti i lavoratori continueranno ad indossare la mascherina.

Manco a dirlo, i sindacati cantano vittoria, così come i farmacisti. Federfarma addirittura suggerisce di raccomandare, con cartelli affissi sulle vetrine, che restano «in vigore i protocolli relativi a vaccinazioni Covid e test rapidi, che tra le varie misure di sicurezza da adottare tassativamente si contempla anche l'uso delle mascherine» e precisa che «permane l'obbligo di osservare le disposizioni per il distanziamento fisico; indossare la mascherina da abbassare solo al prelievo del campione biologico; igienizzarsi le mani; farsi controllare la temperatura corporea subito prima del test».  Sembra, quindi, che le lancette dell’orologio siano tornate indietro di un anno-un anno e mezzo, come se il Covid fosse lo stesso di quei giorni e se le strategie di contrasto non avessero registrato alcun progresso.

Non si comprende davvero la necessità di differenziare tra pubblico e privato rispetto all’obbligo delle mascherine. Per caso i dipendenti pubblici sono immuni e quelli privati contagiosi e contagiabili? Nel privato le mascherine, si fa sapere dopo l’accordo di due giorni fa, continueranno ad essere fornite dai datori di lavoro. I dispositivi di protezione individuale rimangono, quindi, un genere di prima necessità soltanto nel nostro Paese. Dopo due anni non riusciamo a liberarcene e ci saranno persone che, dopo l’incessante bombardamento mediatico, continueranno a indossarle anche quando non ci saranno più contagi. Per combattere queste ossessioni ci sarebbe stato bisogno di una comunicazione istituzionale e di pubblica utilità più trasparente ed equilibrata e di una informazione giornalistica fondata sulla costante verifica delle evidenze scientifiche e non su allarmi irrazionali e su atteggiamenti emotivi. Era chiedere troppo?