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CONSIGLIO UE

Macron e Merkel al comando l'Italia è fuori

Inutile farsi illusioni: l'Italia di Gentiloni, così come quella di Renzi l'anno scorso, non ha alcuna speranza di formare un direttorio a tre nell'Ue. Il presidente francese Macron nelle sue interviste rilasciate all'inizio dei lavori del Consiglio Europeo ha ribadito che l'asse portante è il duo Francia e Germania. E basta. All'Italia converrebbe maggiormente volgersi all'Est e al Mediterraneo per avere un suo ruolo in Europa.

Editoriali 24_06_2017
Gentiloni e Macron

“Non si va a un Consiglio Europeo senza una posizione comune tra Francia e Germania. Altrimenti l’Europa balbetta”, ha detto tra l’altro il nuovo presidente francese Macron in una sua lunga intervista apparsa l’altro ieri su otto grandi quotidiani di altrettanti Paesi europei (in Italia sul Corriere della Sera). Questa aperta proclamazione dell’Ue come condominio franco-tedesco aiuta molto a capire che cosa in questi giorni è accaduto a Bruxelles. L’intervista era per così dire sincronizzata con l’inizio dei lavori del Consiglio Europeo, poi conclusosi ieri. Nelle due intere pagine di testo non mancano affermazioni condivisibili, ma è la filosofia di fondo che dovrebbe preoccupare.

Macron pensa al resto dell’Europa un po’ come Napoleone pensava alla sua intendenza (ossia le sue salmerie) quando diceva “L’intendance suivra!”  (l’intendenza deve seguire!). Il tono è cortese ma la sostanza è quella. Forte della sua alleanza privilegiata con la Germania, che da buon francese pensa comunque bisognosa dell’ésprit de finesse della Francia, non manifesta alcun interesse per le ragioni degli altri. Concede ad esempio che gli “immaginari” e la “storia recente” dell’Europa orientale siano diversi da quelli dell’Europa occidentale, ma da questo deduce soltanto che ne derivano delle “tensioni” da sopportare con pazienza, ma non certo sine die. Dell’Italia e della Spagna non dice nulla. In questo clima appare sempre più patetico il tentativo del nostro attuale governo, anche in questo fedele erede del governo Renzi, di diventare il terzo polo di una triade che non c’è, né si vuole ci sia.  E’, diremo citando Enzo Jannacci, un “Vengo anch’io!” cui non cessano di corrispondere dei perentori “No, tu no!”. La nuova bastonata che si prospetta è quella dell’Agenzia europea del Farmaco, uno dei due organismi dell’Ue con sede a Londra che perciò occorre trasferire altrove. L’Italia ha per questo candidato Milano, e il governo Gentiloni puntava a vedere tale sua proposta accolta già ieri dal Consiglio Europeo. Invece il Consiglio si è limitato a fissare i criteri di cui si dovrà tener conto per esaminare le varie possibili candidature stabilendo che le candidature già manifestate devono venire riproposte tenendo conto di tali criteri. Auguri.

Sarebbe ora di lasciar cadere l’ingenua pretesa che  l’Italia possa diventare con la Germania e la Francia lo stato maggiore dell’Unione. Non ce lo permetteranno, ma innanzitutto non ci conviene. Diciamo ancora una volta che avremmo molti più motivi per volgerci invece verso Est e per situarci sulla scena europea come punto di riferimento dei Paesi danubiani, nonché come primi interlocutori dell’Europa sulla scena del Mediterraneo e nel Levante.

Malgrado si sia accuratamente tentato di non farlo capire, ai lavori di ieri e dell’altro ieri a Bruxelles c’era un “convitato di pietra”, un certo Donald Trump. Come mai prima era accaduto, i leader dei Paesi dell’Unione si sono occupati di difesa comune e hanno stanziato fondi per svilupparla nel quadro della Nato. Hanno insomma cominciato a fare quanto un po’ rudemente Trump aveva loro chiesto.

Il Consiglio ha poi ribadito che l’accordo di Parigi sul clima “rimane un pilastro fondamentale per (…) affrontare in modo efficace i cambiamenti climatici e non può essere rinegoziato", il che non è un gran problema per nessuno considerando che in effetti si tratta in larga misura di una scatola vuota. In proposito – osserviamo per inciso - ci sarebbe piuttosto da capire meglio per quali motivi di politica interna il nuovo presidente Usa ne abbia preso così clamorosamente le distanze.

Nella seconda giornata dei lavori, quella di ieri, i leader europei si sono occupati di lavoro, di crescita e di competitività  ribadendo il loro “impegno a favore di un sistema commerciale multilaterale disciplinato da regole nonché di un commercio e di investimenti liberi, garantendo nel contempo che siano equi e mutuamente vantaggiosi”. Chi potrebbe non essere d’accordo con così nobili propositi?

In quanto al grave problema delle migrazioni non programmate verso l’Ue il Consiglio Europeo ha nobilmente confermato di voler mantenere “il suo impegno a favore dell'approccio globale dell'UE alla migrazione, del controllo efficace delle frontiere esterne al fine di contenere e prevenire i flussi illegali e della riforma del sistema europeo comune di asilo (…)”.  Per quanto concerne poi i costi del soccorso e dell’accoglienza di questi migranti, che gravano soprattutto sulle spalle dell’Italia (oltre che della Grecia), tutto ciò che il nostro governo ha ottenuto è un passaggio del comunicato finale in cui “Si invita la Commissione a esplorare possibili soluzioni per alleviare l'onere che grava sugli Stati membri in prima linea”. Stanco, ma felice, Gentiloni è quindi tornato a casa.