Lutero prima del 1517, una vocazione non matura
Martin Lutero entrò in convento in modo repentino, dopo un voto fatto in situazione di pericolo. Altrettanto rapidi furono i suoi voti, l’ordinazione e gli studi teologici. I suoi superiori, tra cui von Staupitz, mancarono nel discernimento e lo gravarono di incarichi, che toglievano tempo ai suoi doveri religiosi.
Il precedente articolo ha posto attenzione al periodo 1517-1520, ossia gli anni che vanno dalla stesura delle 95 Tesi di Lutero fino alla pubblicazione dei suoi tre scritti di aperta rottura con la Chiesa. A ben vedere però, nel 1515-1516, biennio in cui Lutero commentò la Lettera ai Romani di san Paolo, già troviamo tutti gli elementi fondamentali della sua dottrina sulla giustificazione. Dal punto di vista del contenuto, Lutero (1483-1546) era già dunque eretico sei anni prima della scomunica, sebbene non avesse ancora posto in atto alcun gesto di aperta rottura con la Chiesa.
Cerchiamo quindi di capire qualcosa in più della vita e della formazione di Lutero in questi anni anteriori al 1517. All'età di 18 anni si iscrisse all'Università di Erfurt per compiere gli studi di diritto, che dovevano essere preceduti dallo studio delle arti liberali. Lutero si appassionò in particolare alla filosofia, che ad Erfurt, come in molte altre università, aveva ormai abbandonato l'approccio realista per seguire l'instabilità nominalista. Conseguito il baccalaureato, nel 1505 iniziò ad insegnare arti liberali, ma improvvisamente decise di entrare nella vita religiosa. Cos'era accaduto? Il 2 luglio, mentre stava rientrando da una visita alla famiglia, venne sorpreso da un violento temporale e un fulmine cadde vicino a lui; Lutero, comprensibilmente impaurito, invocò sant'Anna e fece voto di entrare in convento se si fosse salvato. Appena quindici giorni dopo, lo ritroviamo a bussare alle porte del convento agostiniano di Erfurt. La repentina vocazione non dovette essere oggetto di particolare discernimento da parte dei responsabili dell'Ordine, dal momento che dopo appena un anno e mezzo Lutero poté pronunciare i voti e solamente quattro mesi dopo la professione, il 3 aprile 1507, essere ordinato sacerdote.
Gli studi teologici furono altrettanto rapidi: durarono probabilmente poco meno di due anni, dal momento che, nel 1508, l'Ordine di Sant’Agostino lo mandò all'Università di Wittenberg ad insegnare dialettica. L'università era stata fondata appena sei anni prima da Federico II il Saggio (1463-1525), e non comprendeva tra le sue file un corpo docente particolarmente esperto. Nel 1510 Lutero fu inviato a Roma in rappresentanza del convento di Erfurt, per risolvere una tensione interna all'Ordine, diviso tra osservanti e conventuali. Lutero prese dapprima le difese degli osservanti, salvo poi cambiare repentinamente posizione al suo ritorno dalla capitale e appoggiare Johann von Staupitz (ca 1460-1524), vicario generale degli agostiniani in Germania e primo decano della facoltà di Teologia a Wittenberg, che sosteneva invece la linea conventuale.
Von Staupitz è considerato il “protettore ecclesiastico” di Lutero e a lui Lutero era molto legato, perché furono la vicinanza e i consigli di questo superiore ad averlo sostenuto durante la terribile crisi che egli visse durante i primi anni della sua vita conventuale, quando sperimentò una profonda angoscia per la propria salvezza. Von Staupitz comprese l'abisso degli scrupoli in cui era caduto Lutero, ma commise una serie di errori piuttosto clamorosi, che costeranno assai cari alla Chiesa e alla cristianità. Lutero era monaco da pochissimo tempo quando, nel 1506, i due si incontrarono per la prima volta. Se già desta qualche perplessità l'ammissione alla professione dopo appena un anno e mezzo di formazione di un giovane che non aveva maturato questa vocazione, ma aveva fatto un voto a Dio in una situazione di estremo pericolo, non può che lasciare perplessi la rapidità della sua ammissione al sacerdozio, posto che il vicario generale aveva già ricevuto le confidenze del giovane monaco sul suo travaglio interiore e aveva perciò avuto modo di poter constatare la sua complessione psichica, facilmente incline allo scrupolo e al turbamento. Ancor meno giustificabile fu la scelta di von Staupitz di orientare la vita di Lutero verso gli studi, con lo scopo di distogliere la mente del giovane monaco dagli eccessivi e distruttivi dubbi sulla propria predestinazione; anzitutto perché i grandi maestri della vita spirituale insegnano che è soprattutto il lavoro manuale ad essere di aiuto ad una mente inquieta e ad un animo tormentato; secondo, perché la formazione teologica di Lutero fu frastagliata e il tempo dedicato ad una disciplina che necessita di tempo, tranquillità, costanza, assiduità con le fonti della Rivelazione, decisamente esiguo. Basti pensare che Lutero vi aveva dedicato poco più di un anno prima della sua partenza per Roma e, una volta tornato, proseguì per poco tempo la sua formazione, e già nel 1512 iniziò ad insegnare teologia a Wittenberg, commentando la Sacra Scrittura. Nello stesso anno fu nominato superiore del convento e, tre anni dopo, ispettore di alcuni conventi dell'Ordine. Anche l'opportunità di affidargli queste cariche destano più di una perplessità: Lutero era monaco da nemmeno dieci anni, con problemi interiori tutt'altro che risolti.
Fu proprio nel contesto di queste lezioni che egli commentò la Lettera ai Romani, come avevamo accennato all'inizio di questo articolo. In questo commento ritroviamo non solo un insegnante privo della solidità di una formazione teologica approfondita e sistematica, ma anche un commentatore che decide di imporre al testo biblico la propria “ispirazione”, quella che sembrava aver dissolto d'un tratto le sue tenebre interiori: la giustificazione per la sola fede. La comprensione unilaterale, distaccata dalla fede della Chiesa, di questa lettera paolina, la convinzione di aver ricevuto la missione di diffondere ovunque questa sua ispirazione singolare, lo rafforzarono nel suo zelo amaro di condurre il proprio Ordine alla presunta verità evangelica da lui scoperta. Memorabile fu l'omelia che egli tenne il 1° maggio 1515 al Capitolo generale dell'Ordine, nel quale letteralmente inveì contro gli osservanti, bersagliandoli con ogni genere di “complimenti”: serpenti velenosi, codardi, traditori e perfino assassini. La sua predicazione divenne sempre più un'occasione per puntare il dito contro tutti coloro che, ai suoi occhi, avevano la grave colpa di volersi salvare con le opere, ma che in realtà erano semplicemente monaci e cristiani che si sforzavano di vivere secondo le virtù evangeliche...
Ad aggiungere benzina sul fuoco fu il fatto che un'anima così tormentata da scrupoli e piena di agitazione venne altresì sottoposta ad un carico impressionante di impegni e incarichi, al punto che, in una lettera del 26 ottobre 1516, confidava all'amico Johannes Lang, priore del convento di Erfurt: «Ho di rado il tempo per recitare le mie ore [del Breviario] e di dire la mia messa». È in queste condizioni che Lutero, nel 1517, si troverà di fronte alla predicazione delle indulgenze, che egli percepirà come una minaccia letale alla sua tesi della salvezza per la sola fede. In questa battaglia riverserà tutta la veemenza e l'arroganza di cui aveva già dato dimostrazione, e ben presto si troverà di fronte ad uno scontro di natura teologica che egli era impreparato a sostenere.
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