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ARTE & FEDE

L'uomo e l'Infinito: Matisse ai Musei Vaticani

Apre la Sala Matisse, coi bozzetti
della Chapelle du Rosaire di Vence.
- «Con lui, alla scuola dello stupore», di Régine Pernoud

Cultura 21_06_2011
vergine con bambino matisse Oggi, 22 giugno 2011, alle ore 18,00, presso i Musei Vaticani si inaugura la Sala Matisse, interamente dedicata ai bozzetti preparatori della Chapelle du Rosaire di Vence, in Provenza, a cui l’artista ha dedicato gli ultimi, fertilissimi, anni di lavoro, dal 1948 al 1952.
Collocata all’interno del percorso espositivo della Collezione d’Arte Contemporanea, ospiterà il
preziosissimo nucleo di opere di Henri Matisse, entrato nelle Collezioni Vaticane nel 1980 grazie
alla straordinaria donazione del figlio dell’Artista Pierre Matisse. Si tratta di un insieme unico al mondo, una delle maggiori collezioni dell’artista francese in tutta Europa, assolutamente unica in Italia.
Abbiamo chiesto a suor Maria Gloria Riva, esperta di arte, di offrirci dei criteri per leggere questi lavori e, più in generale, l'opera di Matisse.

Qualcuno ha voluto definire Matisse a partire dal titolo di una sua celebre opera: Luxe, Calme, Voluptè, in realtà Matisse è tutte queste cose eppure anche altro, molto di più. Matisse è un mistero. Pittore, scultore e incisore, dai suoi diversi maestri prese ben poco: l’abilità tecnica e la serietà del lavoro, sicuramente, ma non lo stile. Henry Matisse manifestò subito caratteristiche uniche, singolari che lo porteranno ad essere difficilmente classificabile.

Luce e calma  sono tuttavia sempre presenti nella sua arte. La luce come ricerca di una verità che viene dall’Alto, la calma per quella confidenza sempre presente di un Mistero che lo supera e insieme lo accoglie.

Nel panorama di un’arte che si allontanava – sia pure in nome di una ricerca di senso – dal Dio cristiano, Matisse rappresenta il pellegrino che vi fa ritorno, silenziosamente in modo  - potremmo dire - quasi naturale, disinvolto eppure deciso. In tutta la sua opera, come è stato giustamente osservato, risplende profondissimo il senso religioso. Che si tratti di Odalische o di un Papier Découpé su Icaro o ancora della decorazione della Chapelle du Saint-Marie du Rosaire sempre ciò che emerge è il sentimento religioso delle cose.

E Matisse ne fu tremendamente consapevole. Basterebbe far parlare lui per rendersene conto:

"Io medito e lascio penetrare in me ciò a cui dò inizio. Io non so se ho o no la fede. […] L'essenziale è di lavorare in uno stato di spirito, prossimo a quello della preghiera.
Ho detto, a Picasso: Sì, io faccio la mia preghiera, e voi anche, e voi lo sapete molto bene: quando tutto va male, noi ci gettiamo nella preghiera, per ritrovare il clima della nostra prima comunione. E voi lo fate. Voi anche. Non mi ha detto di no. In fondo, Picasso, non dobbiamo fare i maligni. Voi siete come me: ciò che noi tutti cerchiamo di ritrovare nell'arte, è il clima della nostra prima comunione".

Ecco: è il clima della prima comunione, quello genuino, fragrante, quello che rende evidente come l’uomo sia fatto per l’Infinito. Questo è il senso profondo dell’arte di Matisse: egli sa che l’uomo è un uomo d’ombra, pieno di contraddizioni e di oscurità, come il suo Icaro, ma quest’uomo  è fatto per il Cielo. Un Cielo di cui la Cappella di Vence è lo stupore di un frammento.

Questa cappella – che egli progettò grazie a una amicizia profonda e intima con Monique Bourgeois, ovvero Sœur Jacques-Marie, una suora domenicana -

"è per me - scrisse Matisse -  il compimento di tutta una vita di lavoro e la fioritura di uno sforzo enorme, sincero e difficile. Uscendo da Notre-Dame mi sono detto: «Eh bene! Di fronte a tutto questo cos'è la mia cappella?»… Allora mi sono detto: «È un fiore. Non è che un fiore, ma è un fiore».
Questa opera mi ha domandato quattro anni di un lavoro esclusivo ed assiduo, ed essa è il risultato di tutta la mia vita attiva... Lo considero, malgrado tutte le sue imperfezioni, come il mio capolavoro… uno sforzo che è il risultato di tutta una vita consacrata alla ricerca della verità".

Una tale verità Matisse la troverà proprio alla fine della vita, all’ombra di questa chiesa da lui creata. Quel Matisse, malato e sulla sedia a rotelle, imparerà a volare nel Cielo del Suo Creatore. Un giorno l’artista, chiese alle sorelle domenicane di poter partecipare a uno dei loro momenti di preghiera proprio in quella cappella. Le suore lo avvertirono che dopo la preghiera corale ci sarebbe stata anche l’esposizione del Santissimo Sacramento con l’adorazione. Matisse rimase con loro tutto il tempo. Quando uscì era felice: la sua opera era associata alla vita, una vita che parlava a tutti di felicità e perdono; di un Dio che abbraccia l’uomo con le immense ali dell’eternità.

- Régine Pernoud: "Dal mio amico Matisse, alla scuola dello stupore"