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LE PAROLE DEL PAPA

L'umiliazione del papato

Recente intervista a parte, la demolizione sistematica dei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI ha ormai sdoganato l’idea che il papa non è più il custode della fede, né colui che conferma i suoi fratelli, ma uno che agisce in base alle proprie voglie e sensibilità e pretende di essere obbedito, senza darsi pena di mostrare la propria continuità con i suoi predecessori.

Editoriali 17_09_2021

Grande tristezza per l'aspetto umano, uno scandalo (nel senso originario del termine) per quello dottrinale. Da qualunque parta la si prenda, l’ultima uscita di papa Francesco nella conferenza stampa al ritorno dal viaggio in Ungheria e Slovacchia (vedi qui) non può che ispirare pena e tristezza. 

Che temi particolarmente importanti vengano affrontati da Bergoglio con la stessa superficialità di una chiacchierata al bar, non è una novità; ma questa volta siamo andati oltre ogni limite. Che un papa pensi certe cose, è grave; che poi le dica, sghignazzandoci pure sopra, è sconcertante.

È il papato che esce umiliato e svilito dal “Bergoglio’s style”, nonostante qualcuno sia corso ai ripari, facendo notare che il Papa, però, ha anche condannato l’aborto come omicidio. E ci mancherebbe. Giustamente Francesco ha rifiutato l’idea che si possa uccidere una persona innocente per risolvere un problema; se avesse fatto presente, nel contempo, che è esattamente questa la logica sottesa a gran parte dell’industria farmaceutica, in particolare quella legata alla realizzazione dei vaccini, avrebbe dato un segno di coerenza e coraggio. Sarebbe stato coerente anche con quel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che lui stesso ha autorizzato, nel quale almeno si esprime un giudizio di condanna verso «l’utilizzo di linee cellulari procedenti da feti abortiti». Poteva essere una buona occasione per chiedere «sia alle aziende farmaceutiche che alle agenzie sanitarie governative, di produrre, approvare, distribuire e offrire vaccini eticamente accettabili che non creino problemi di coscienza, né a gli operatori sanitari, né ai vaccinandi stessi». Invece, non una parola.

Anzi, molte parole fuori posto. Com’è possibile che un papa si metta a dare del “negazionista” ad un cardinale – e tutti sappiamo molto bene di chi si tratta -, ironizzando sul fatto che il destino abbia fatto finire proprio lui in ospedale con la Covid? Mostrando così che la predicazione sulla misericordia, il perdono e la tenerezza lasciano rapidamente lo spazio alla vendetta.

Com’è possibile che un papa ridicolizzi le obiezioni e le riserve sulle vaccinazioni contro la Covid-19, pronunciando frasi confuse, pressapochiste, banali, stupendosi della stranezza degli uomini che, così abituati a convivere con i vaccini, adesso – chissà perché – si fanno dei problemi a farsi iniettare questi nuovi miracolosi preparati?

Sorvolando per pietà sulla battuta di Gesù ebreo, com’è possibile che un papa, interrogato se abbia mai rifiutato l’Eucaristia a persone in peccato pubblico manifesto, nello spazio di qualche minuto, riesca prima a vantarsi di non aver mai rifiutato la Comunione a nessuno, e poi ad affermare che però bisogna appartenere a una non ben definita comunità per poterla ricevere? E come è possibile che un papa sulle unioni civili contraddica apertamente ciò che il Magistero ha già stabilito in materia, facendo prevalere le proprie opinioni personali?

Ad uscire umiliato da un’intervista del genere non è certo il cardinale Burke, o chi altro è preso di mira. Dopo oltre otto anni dalla elezione di papa Francesco ad essere umiliato è innanzitutto il papato.

Recente intervista a parte, la demolizione sistematica dei pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI ha ormai reso possibile l’idea che il papa non sia più il custode della fede, né colui che conferma i suoi fratelli, ma uno che agisce in base alle proprie voglie e sensibilità e pretende di essere obbedito, senza darsi pena di mostrare la propria continuità con i suoi predecessori. Anzi. Non è più il vincolo di unità, ma principio di divisione, che con le sue parole crea continuamente etichette divisive per marchiare quei fratelli che dovrebbe condurre all’unità e ferire le pecore che dovrebbe curare e accudire.

Umiliata è la Chiesa, ridotta a un mediocre partito politico, in cerca del consenso mediatico e non più di quello di Cristo. Le parole del suo Pastore sommo hanno ormai lo stesso valore di chiacchiere da bar e la Sposa di Cristo viene di conseguenza ritenuta una delle tante agenzie filantropiche. E nemmeno la più efficiente.

Certo, è bene coprire le nudità del proprio padre (cf. Gen 9, 20-23); ma bisogna domandarsi se ci troviamo di fronte ad un’ubriacatura accidentale e incolpevole, come quella di Noè, oppure all’umiliazione sistematica e deliberata di tutto ciò che è sacro, vero e giusto. Il Sommo Pontefice è il primo a dover rinunciare a se stesso, per avere il pensiero di Cristo. Come ogni cristiano, più di ogni cristiano, il Papa non si appartiene più. Ed ogni volta che vuole riprendersi, ogni volta che vuole mettere la propria opinione al di sopra di quella di Cristo, tradisce la volontà del Signore, la sua missione e la Chiesa tutta.

È perché Francesco vuole continuare ad essere Bergoglio che i fedeli sono disorientati ed il loro cuore, ogni volta di più, si riempie di tristezza.