Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
CONTROCORRENTE

L'Ohio vieta l'aborto dei Down, i cittadini più felici

Il governatore Kasich ha dichiarato che il suo "continuerà ad essere uno Stato che guarda alla vita delle persone affette dalla sindrome di Down come degna di essere vissuta”. E anche se l'aborto "dovrebbe essere vietato in ogni caso" questa è una vittoria che permette a persone bisognose di diffondere gioia in un Occidente depresso.

Attualità 28_12_2017

Mentre in Europa la battaglia non si comincia nemmeno più, l’anima religiosa e pro life degli Stati Uniti non si dà per vinta, ottenendo delle vittorie importanti sebbene la guerra sia lontana da una fine gloriosa. Così dopo il North Dakota, che ha vietato l’aborto dei bambini affetti da sindrome di Down nel 2013, è stata la volta dell’Ohio. 

Nonostante nel 2016 anche l’Indiana avesse adottato la misura, poi resa invalida da un giudice convinto che non si possa limitare la libertà di una donna (e chi se ne importa se decide di uccidere il figlio in grembo), il governatore dello Stato, il repubblicano John Kasich, venerdì scorso ha permesso a molti di celebrare il Natale con speranza firmando la legge molto discussa e controversa che prevede il carcere fino a 18 mesi e multe di migliaia di dollari per i medici che pratichino l'aborto eugenetico.

Ma Kasich non si è limitato a rendere effettiva la norma passata alla Camera il mese scorso con 63 voti favorevoli contro 30 all’apposizione, ma ha dichiarato: “Ora che il ddl “Anti Discriminazione della Sindrome di Down” (come definito volgarmente”) è legge, ai bambini non ancora nati e affetti dalla sindrome di Down viene data una possibilità di vita. E l’Ohio continuerà ad essere uno Stato che guarda alla vita delle persone affette dalla sindrome di Down come degna di essere vissuta”. 

Ad introdurre la legge alla Camera era stata il mese scorso la repubblicana Sarah LaTourette, che aveva chiarito alla Cnn che questo è un passo importante per limitare un delitto ma che non bisogna accontentarsi, perché “la vita comincia dal concepimento e l’aborto non dovrebbe mai, in nessun caso, essere considerato un’opzione”. Aggiungendo però che qui non c’è in ballo solo l’omicidio, ma la discriminazione e la selezione eugenetica: “Perciò, indipendentemente dal fatto che tu sia d'accordo con me sull’aborto”, aveva precisato, qui si tratta di “discriminare una persona, privando questa gente del diritto alla vita elargito loro da Dio, semplicemente perché potrebbero avere la sindrome di Down”.

Infatti, come ha ricordato di fronte al Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu l’American Center for Law and Justice, in Danimarca il 98 per cento di tutti i nascituri sospettati di avere la sindrome di Down vengono uccisi (in Francia il 77 e in Usa il 67). Eppure l’American Civil Liberties Union dell’Ohio si è scagliata contro la norma, definendola incostituzionale, perché “restringe ulteriormente la capacità di una donna di porre fine alla gravidanza”, dimenticando come sempre di parlare della libertà e del diritto dei più deboli. A parlarne è stato uno di loro che ha avuto la fortuna di nascere e vivere una vita, non priva di dolori o difficoltà, come quella di ogni essere umano, ma di cui è grato e felice, a differenza della maggioranza degli Occidentali. 

Frank Stephens, lo scorso ottobre ha parlato così: “Purtroppo mi è arrivata la voce che il mondo della ricerca pensa che non ci sia più bisogno di fondi per la sindrome di Down perché dicono che adesso la malattia si può riconoscere dalla placenta e alle nostre gravidanze si può semplicemente porre fine. Giusto per non creare confusione fatemi dire che non sono esattamente un “ricercatore scientifico”, ma nessun ricercatore sa, come me, cosa vuol dire vivere con la sindrome di Down. Conosco precisamente il motivo per cui tali persone spingono per questa “soluzione finale”. Ma davvero non c’è più spazio nel mondo per noi? A quelli che se lo stanno chiedendo vorrei rispondere che siamo una potente ed inesauribile fonte di felicità. Una ricerca di Harvard ha rilevato che le persone affette dalla sindrome di Down, insieme ai loro genitori e fratelli, sono molto più felici del resto della società. La felicità dovrà pur valere qualcosa in questo mondo”. Lo stesso ha testimoniato di fronte alla commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite Charlotte Fiene, inglese con la trisomia 21: “Io ho la Sindrome di Down…Nessuno dei miei amici che ha la Sindrome di Down sta soffrendo…Abbiamo tutti vite felici”. Dunque, “se lo permettete, non siete meglio dei Nazisti che hanno ucciso 200mila persone disabili”.

Forse, invece che uccidere chi ha un cromosoma in più, l’Occidente depresso e disperato farebbe meglio a domandare loro il segreto di questa felicità: che sia nella dipendenza, che invece l’uomo moderno rifiuta come un affronto alla sua prepotenza?; che sia nel lasciarsi amare accettando i propri limiti, piuttosto che eliminarli orgogliosamente e privandosi quindi dell'esperienza dell'amore incondizionato? Forse sì, il segreto sta nel fatto che queste persone, più coscienti del proprio bisogno, sanno amare di più.