L’odissea degli sfollati a Mogadiscio a causa della siccità espulsi perché squatter
Decine di migliaia di sfollati somali non trovano aiuto nella capitale e anzi vengono allontanati con la forza per liberare gli appezzamenti in cui si insediano alla meglio
Sfollati e poi espulsi. In Somalia un milione di persone residenti in aree rurali sono state costrette a spostarsi nel 2017 a causa della siccità e, in certe regioni, degli scontri armati e quasi tutte ancora non hanno avuto modo di tornate a casa. Quattro pessime stagioni delle piogge hanno messo a dura prova sia gli agricoltori delle fertili terre del sud sia i pastori di dromedari al nord. A decine di migliaia hanno cercato scampo nella capitale Mogadiscio dove però non hanno trovato assistenza e sostegno. Molti si sono sistemati in insediamenti improvvisati e sopravvivono a stento contando sulla generosità della gente e su qualche lavoro occasionale. Ma gli appezzamenti urbani stanno acquistando sempre più valore nei quartieri in cui ferve la ricostruzione. Così le autorità cittadine decidono di mandare via gli occupanti illegali e, per evitare che ritornino, ordinano la distruzione delle loro abitazioni. Al mattino presto, senza preavviso e senza neanche lasciare agli occupanti il tempo di raccogliere e portare via i pochi beni, arrivano i bulldozer e incominciano a demolire case, scuole, tutto. Molti squatter sono costretti a riparare in aree ancora controllate dagli al Shabaab e questo rende estremamente difficile assisterli. Secondo il Norvegian Refugge Council a Mogadiscio vengono espulsi una media di oltre 10.000 squatter al mese. Nel 2017 gli sfollati privati in questo modo di una casa sono stati 153.000.