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IL BELLO DELLA SCUOLA/13

Lo studio e il colore dei campi di grano

Sarebbe importante che un insegnante, introducendo nelle prime lezioni i ragazzi allo studio di una disciplina, partisse sempre da argomenti o temi in cui è particolarmente evidente la bellezza di quella materia. La bellezza è segno di Dio, perché rende il creato simile al Creatore.

Cultura 22_09_2019

Per camminare alla scoperta affascinante di quanto si studia occorre un maestro che ti accompagni e che ti prenda per mano, che ti introduca all’incontro con la disciplina. Questa considerazione è valida in qualsiasi àmbito, non solo all’interno della scuola: vale per la musica, per la letteratura, per la filosofia, per il teatro, etc.

Una persona, adulto o ragazzo che sia, si muove quando capisce che ne vale la pena, quando vede un altro che è entusiasta e non lo lascia solo. La prima volta che ho assistito al Don Giovanni di Mozart alla Scala sono stato introdotto all’opera da un amico che mi ha spiegato come avvicinarmi allo spettacolo.

Anche a scuola, se lo studente coglie amore e passione nell’insegnante, potrà magari non capire all’inizio, ma sarà catturato dal fascino della bellezza che l’insegnante ha incontrato e che cerca di comunicare agli studenti. Questo è il metodo, la strada, perché il ragazzo studi e consegua buoni risultati. La bellezza, infatti, colpisce sempre. Attenzione, però: la bellezza non è una prerogativa propria solo di alcune discipline, come taluni potrebbero credere. Ogni materia ha in sé già tutto quanto è necessario perché possa conquistare e prendere il ragazzo. Di solito, un maestro ha un ruolo decisivo nell’introdurre un neofita al fascino di quanto viene affrontato per la prima volta.

Tutta la realtà è in qualche modo bella, sostiene san Tommaso, perché in essa c’è l’impronta di Dio. Se noi fossimo in un rapporto corretto con la realtà, coglieremmo la sua bellezza. Un genitore, che conosce bene un figlio e lo guarda con profondità, coglie la bellezza del suo animo.

Ne Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupery il protagonista riconosce la bellezza e l’unicità della sua rosa, alla quale ha dedicato del tempo: quel fiore è diventato unico per lui.

La bellezza è segno di Dio, perché rende il creato simile al Creatore. Per questo la bellezza è una via al Cielo, una strada che conduce a Dio. La bellezza ha una forte valenza educativa, perché cambia l’uomo rendendolo migliore. Nel bellissimo film Le vite degli altri, il capitano della Stasi Gerd Wiesler spia il drammaturgo Georg Dreyman e cambia vedendo come lo scrittore viva il rapporto con l’amore, l’arte, la musica in maniera diversa. Dopo aver ascoltato l’artista suonare il pianoforte si chiede: «Come si fa ad essere cattivi dopo aver sentito una musica così bella?».

La principale ragione che porta l’uomo a conoscere è l’attrattiva della bellezza che diventa ad un tempo fonte di stupore e strumento di conoscenza, perché sprona a un’intelligenza del reale, cioè a una «lettura in profondità» (in latino intus legere).

Per questo sarebbe importante che un insegnante, introducendo nelle prime lezioni i ragazzi allo studio di una disciplina, partisse sempre da argomenti o temi in cui è particolarmente evidente la bellezza di quella materia. Ad esempio, credo che in una classe terza della scuola secondaria superiore valga la pena iniziare ad affrontare lo studio della Commedia da inizio anno, senza aspettare mesi (come spesso accade). L’evidenza della bellezza di certi capolavori aiuta la profusione dell’impegno degli studenti, perché ai ragazzi appare fin da subito più chiara la ragione della fatica.

Se da un lato è vero che lo stupore per la bellezza sprona al processo della conoscenza, dall’altro è altrettanto vero che, quando entri in un giusto rapporto con una disciplina, inizi a coglierne la bellezza.

Ritorniamo per un attimo a Il piccolo principe. Dopo essere stata addomesticata dal protagonista, la volpe inizia ad apprezzare i campi di grano dorati che gli ricordano il colore dei capelli del principe:

Se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. […] I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano.


In un certo senso per l’uomo tutto ciò che non è amico e non è conosciuto è come se fosse nemico, non valorizzato, non utile per la vita e per la crescita. «Non si conoscono che le cose che si addomesticano», ma per addomesticare occorre tempo. Così,

gli uomini non hanno più il tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.


La conoscenza è un’avventura di scoperta affascinante, ma necessita del tempo. Oggi, siamo sempre più abituati a ottenere tutto subito (anche le informazioni, le risposte, ecc.). Il mito del possesso è stato sostituito dall’accesso sempre più comodo e immediato ai servizi e alla comunicazione, dal godimento dei piaceri. L’eliminazione della fatica e l’immediatezza del consumo sono elementi che contraddistinguono un’epoca incentrata sul piacere più che sul possesso. In sostanza questo sviluppo è direttamente scaturente dall’esasperazione del piacere, anche virtuale, cioè non reale, e del tempo come unica dimensione fondamentale.

Quello che manca oggi è proprio la dimensione del sacrificio e della responsabilità. Bisogna recuperare la consapevolezza che è nel tempo che si costruiscono i rapporti e le relazioni, così come nel tempo si costruiscono le grandi cattedrali. L’uomo vuole tutto il tempo per sé. Il paradosso è che, così, lo spreca e, spesso, non sa come utilizzarlo in maniera proficua.

Bambino, ragazzo, adulto stanno tutti sulla stessa barca: hanno tutti bisogno di un maestro per riscoprire che «l’alba non è una cosa ovvia». La scuola è un luogo in cui si può riconoscere il valore del mistero che l’altro porta nell’animo. Dal riconoscimento di questo valore scaturisce uno sguardo amorevole. Nel tempo può nascere la consapevolezza che la propria pienezza e la propria realizzazione sono connesse con l’affermazione del bene dell’altro.

Perché io devo studiare? Che cosa guadagno dallo studio? Sono due domande fondamentali ed ineludibili. La risposta dei genitori o degli studenti non può essere retorica o scontata. Guadagno il colore dei campi di grano. Come nell’amicizia, guadagno e scopro un pezzo di realtà, guadagno e scopro un pezzo di me!