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IL CASO

Lizzano, un anticipo del regime Lgbt voluto dal Ddl Zan

Chiesa di San Nicola, Lizzano (Taranto), 14 luglio: una semplice veglia di preghiera per chiedere a Dio di fermare l’iter del liberticida Ddl Zan sulla cosiddetta “omotransfobia”. Alcuni attivisti Lgbt tappezzano il sagrato di volantini con slogan arcobaleno offensivi della fede. Il parroco, spaventato, chiama i carabinieri. Ma interviene il sindaco che chiede invano alle forze dell’ordine, gridando, di prendere i nominativi di chi prega in chiesa. Una scena inquietante che mostra l’intolleranza della nuova “religione di Stato” Lgbt e prefigura quel che ci attende in caso di approvazione del Ddl Zan.

Libertà religiosa 16_07_2020

Una scena inquietante è quella che si è svolta martedì 14 luglio, a Lizzano, in provincia di Taranto, nello spazio prospiciente la parrocchia di San Nicola, dove era stata organizzata una semplice veglia di preghiera per chiedere l’aiuto divino affinché l'iter del Ddl Zan potesse essere fermato.

Il fattaccio si è verificato subito dopo l’inizio della veglia. Si è trattato di un crescendo, iniziato con l’iniziativa di un gruppo di attivisti Lgbt che hanno pensato bene di circondare la chiesa con bandiere arcobaleno. Alcuni di loro sono anche saliti sul sagrato e hanno tappezzato il colonnato della parrocchia con volantini recanti frasi di questo tenore: “Dio ti insegna a non amare il diverso?”, “Dio ti insegna a discriminare?”. Frasi tendenziose da parte di chi evidentemente finge di non sapere che questo Ddl non gioca in difesa (cercando di prevenire davvero le discriminazioni) ma in attacco (arrivando a punire con il carcere anche le opinioni e finanziando lautamente i corsi gender nelle scuole). Ma si sa, quando si è consapevoli di aver torto in partenza, si giocano le solite due carte estreme: o l’autocommiserazione o la violenza perché, evidentemente, non si ha la forza delle argomentazioni.

In questo caso, anche se non ci sono stati episodi di violenza fisica, tuttavia, il tentativo di censura, avanzato dalle associazioni Lgbt, verso un’iniziativa che rientra nell’ambito della libertà religiosa (che dovrebbe essere considerata una sfera non solo sacra, ma intoccabile), non si può certo definire “liberale” e “democratico”. È stato invece un tentativo di imbavagliamento vero e proprio, quello che, peraltro, da tempo andiamo denunciando e che reca in sé una vera e propria violenza, quella dell’ideologia.

Per questo il parroco, don Giuseppe Zito, colto di sorpresa da una simile reazione e, temendo che la situazione potesse sfuggire di mano, ha chiamato subito i carabinieri che, giunti sul luogo della protesta, hanno fatto semplicemente il loro dovere, chiedendo i nominativi dei manifestanti per identificarli. In realtà non si è trattato nemmeno di un gesto eclatante ma di semplice prassi, dovuta al fatto che la manifestazione non era autorizzata.

Tuttavia, dulcis in fundo, proprio chi avrebbe il dovere di far rispettare le regole, soprattutto quelle civiche, ovvero il sindaco (Antonietta D'Oria), venuto a conoscenza di quanto stava accadendo, si è precipitato sul luogo, ma non per dare solidarietà al parroco (come ci aspetteremmo) di fronte a simili vergognosi tentativi di intimidazione, ma - al contrario - per chiedere alle forze dell’ordine di lasciar perdere i manifestanti e di prendere, piuttosto, i nominativi nientemeno che delle persone che erano in chiesa a pregare (vedi qui; nel fermoimmagine in alto il sindaco D'Oria mentre discute con i carabinieri), come se stessero commettendo chissà quale atto illecito. E tutto questo, per di più, inveendo contro i carabinieri, a loro volta straniti da una simile reazione del sindaco, che ha gridato a gran voce che “Lizzano è un paese democratico”. E menomale...! Evidentemente siamo di fronte ad una forma di democrazia “selettiva”, da parte del sindaco. Fortunatamente, però, i carabinieri hanno risposto picche al primo cittadino e si sono allontanati.

Non contenta, la D’Oria si è impegnata la sera stessa a scrivere un lungo post sul suo profilo Facebook e, tanto per chiarire subito la sua posizione, ha utilizzato una gigantesca bandiera arcobaleno come immagine e l’inequivocabile messaggio: “Ecco, noi da questa iniziativa prendiamo, fermamente, le distanze. Certo non sta a noi dire quello per cui si deve o non si deve pregare, ma anche in una visione estremamente laica quale è quella che connota la attuale Amministrazione Comunale, la chiesa è madre e nessuna madre pregherebbe mai contro i propri figli. Qualunque sia il loro, legittimo, orientamento sessuale. Perché, come ha scritto meglio di come potremmo fare noi, padre Alex Zanotelli, quando ha raccontato la propria esperienza missionaria nella discarica di Corogocho, la Chiesa è la madre di tutti, soprattutto di quelli che vengono discriminati, come purtroppo è accaduto, e ancora accade, per la comunità LGBT”.

Interessante notare, in questo post, la chiamata in causa strumentale della Chiesa stessa, interpellata solo quando sembra fornire “endorsement” alla causa Lgbt, ovvero quando fa comodo, ma completamente ignorata quando, come nel caso del comunicato della CEI, si mostra preoccupata per la portata liberticida del disegno di legge in questione.

E non finisce qui, però, perché al coro di proteste si è unita pure la scrittrice Francesca Cavallo, originaria di Lizzano, autrice di una serie di pubblicazioni inneggianti al “love is love”, come “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, “Elfi al quinto piano”, eccetera, in cui vengono proposti ovviamente esempi di personalità e “famiglie” queer. L’autrice si è vantata peraltro sul suo profilo Facebook di aver fatto lei stessa da delatrice nei confronti del parroco, avvisando il sindaco con una tempestiva telefonata. La stessa Cavallo ha dichiarato: “La pacifica protesta di #Lizzano è diventata una storia nazionale. Una bella storia nazionale di cittadinanza attiva e di sana partecipazione democratica, in barba a chi si ostina a credere alla favola di un sud retrogrado e menefreghista”.

A noi viene invece da dire che quanto è accaduto a Lizzano è la semplice e terrificante prefigurazione di quanto avverrebbe una volta approvato il Ddl Zan, una legge così liberticida nella sua pervasività che porterebbe persino a condizionare la vita di preghiera nelle parrocchie, stabilendo ciò per cui si può pregare e ciò che invece è vietato persino nominare nelle intenzioni di preghiera. Insomma, una volta passato il Ddl, assisteremmo all’imposizione di una nuova “fede” fondata sui dogmi Lgbt, una “religione” che, una volta approvata la legge, diventerebbe anche “religione di Stato”.

Uno scenario inquietante in cui, lo Stato, come il grande Leviatano di Hobbes, arriverebbe a penetrare anche nelle coscienze dei cittadini, fin nella sfera più intima del senso religioso. Un’operazione che evidentemente almeno a livello ideologico è già in corso, come dimostra la presa di posizione del sindaco D’Oria.