L’irresistibile e ridicola gay parade con "Mancio Man"
Sul caso Sarri-Mancini e le relative accuse di omofobia, si è scatenata la bagarre tifo-mediatica-sportiva. Se l’allenatore napoletano avesse bestemmiato oppure tirato in ballo le ascendenze del collega nerazzurro, nessuno ci avrebbe fatto caso, dato che Dio e madri sono categorie sociali non cosi protette come i gay.
Coppa Italia. Napoli-Inter. L’arbitro concede ben cinque minuti di recupero mentre l’Inter è in vantaggio di una rete. Mancini si infuria con il quarto uomo. Interviene Sarri, allenatore del Napoli, ne nasce un diverbio. Intanto in campo, passato il primo minuto di recupero, l’Inter raddoppia, proprio grazie a quei supplementari che hanno mandato su tutte le furie il tecnico nerazzurro. Sarri inveisce contro Mancini chiamandolo “frocio” e “finocchio”. In campo esultano, fuori dal campo litigano e il direttore di gioco manda negli spogliatoi entrambi gli allenatori. Lì Sarri chiede scusa al collega, ma questo non ha ancora sbollito la rabbia per essere stato etichettato come diversamente etero e gli risponde: «Sei un vecchio cazzone» (Sarri ha 57 anni).
La scontro al calor bianco non si placa e continua davanti ai microfoni Rai e in sala stampa. «Sarri mi ha detto frocio e finocchio, deve vergognarsi. Gente come lui non può stare nel mondo del calcio», spiega Mancini schiumante rabbia e livido in volto. «Ho perso lucidità», si scusa Sarri, «ma sono cose da campo che dovrebbero finire in campo e poi ci si dà la mano e le cose finiscono lì. Era un insulto di rabbia, mi è scappata una parola, ma non tiriamo fuori l'omofobia: ho amici gay. Mi sono scusato con Mancini in privato e pubblicamente. Mi sembrava una normale litigata con toni da non usare. Mi è sfuggito questo termine, le mie scuse agli omosessuali sono palesi». In sala stampa ha poi aggiunto: «Quando ho chiesto scusa a Mancini negli spogliatoi, mi ha detto sei un vecchio cazzone, quindi credo non abbia accettato le mie scuse»'. Il Mancio, così appellato dai propri fan, è però incontenibile. Lui gay? «Io sarei orgoglioso di esserlo», spiega il mister, «se Sarri fosse un uomo». Trattasi di omoffese incrociate.
Questo articolo si divide in due parti. Parte prima: commento serio. Parte seconda: commento meno serio. Iniziamo dalla prima parte. Ha ragione Sarri: sono cose che succedono, ma che non dovrebbero succedere perché non è una gran bella cosa offendere un collega. Però la gravità dell’insulto, proprio perché innescato in un frangente incandescente, deve essere ridotto al suo reale peso, cioè quasi nullo. Sarri ha usato la parola “frocio”, ma in altri tempi poteva usare il termine “cornuto” o lemmi attinti dal lessico della prostituzione o del mondo linguistico sessuale. Sono termini che in campo – luogo dove tra l’altro le discussioni non assomigliano proprio a quelle che avvengono presso l’Accademia dei Lincei – sono tra loro fungibili, cioè interscambiabili.
Sarri ha ancora ragione quando afferma che la cosa doveva concludersi, come gli hanno sempre insegnato i vecchi, da uomini. E già questo è un invito alla virilità che Mancini non potrebbe che apprezzare. In altri termini, consci che gli allenatori non sono chiamati a tenere in campo l’aplomb di un diplomatico inglese, bastava una stretta di mano per metterci una pietra sopra. Insomma, non facciamo i permalosetti, le signorine… Sulla vicenda è intervenuta pure la giustizia sportiva. Dire “frocio” è un insulto solo offensivo o anche discriminatorio e dunque omofobo? La quaestio ha un suo peso perché oggi “frocio” ha scalzato “nazista” dal podio dell’insulto per eccellenza. Nel primo caso scatterebbe nella prossima stagione solo la squalifica dalla Coppa Italia per una o due giornate. Nel secondo caso invece vengono inflitti al reprobo quattro mesi di stop. Il giudice sportivo ha optato per la prima: due giornate di squalifica e 20mila euro di multa.
La Gazzetta dello Sport cerca di dirimere il caso così: «Il ragionamento a monte della decisione richiede una spiegazione: come una curva viene chiusa solo quando epiteti razzisti sono rivolti contro giocatori di colore, così essendo l'esternazione di Sarri rivolta a Mancini, notoriamente eterosessuale, l'episodio non viene classificato come razzista, ma soltanto offensivo. In pratica Mancini è notoriamente non gay, dunque l'offesa non era discriminatoria». Roba da filosofi del diritto. Disquisizioni che faranno anche le autorità disciplinari sportive e che potrebbero far impallidire la giurisprudenza civile impegnata da tempo sui rapporti Stato-Mafia.
Ovvio che il clamore mediatico e quindi l’attenzione che la Figc deve prestare al caso nasce soltanto perché Sarri ha dato del finocchio a Mancini. Avesse bestemmiato oppure tirato in ballo le ascendenze dello stesso nessuno ci avrebbe fatto caso, dato che Dio e madri sono categorie sociali non cosi protette come i gay. Da qui le scuse obbligate in stile Barilla – ormai un brand non solo per la pasta, ma anche per la diplomazia – da parte di Sarri al mondo omosessualista e l’autocertificazione di questi di avere amici gay, una garanzia contro le accuse di omofobia, quasi come il bollo dell’assicurazione dell’auto che devi sempre esporre sull’autovettura per evitare di prendere multe salate. Che tutti quindi si facciano amico una persona omosessuale che un domani potrebbe venire utile testimoniando a loro discolpa se accusati di omofobia.
Parte seconda: commento meno serio. Anzi, a ben vedere serissimo, dato che dietro le facezie spesso alberga una certa verità. Lasciamo il lapis ai tifosi interisti che sul web hanno dato prova di acuta capacità di analisi del contesto socio-pallonistico in cui viviamo, dentro e fuori gli spalti. C’è innanzitutto chi vuole calmare gli animi e lancia l’hastag #siamotuttigay #nonpraticanti. Si aggiunge chi invece paventa una deriva gaiamente corretta che potrebbe ingessare il mondo del calcio: «metterlo dentro… Cannoniere… Tutte metafore machiste ed omofobe. Da evitare d’ora in poi.. Nel calcio del futuro si potrà solo passarsi il pallone, beninteso dolcemente e gentilmente, senza metterla in rete, senza cannonieri…». C’è poi chi vuole tendere una mano all’universo gay che potrebbe essersi risentito delle parole di Sarri: «l’anno prossimo, terza maglia arcobaleno». E sugli spalti «vestiti di rosa e fucsia, a rompere la tradizionale monotona prevalenza del neroazzurro», mentre si intona il nuovo inno interista Mancio, Mancio man dei Village People. Si inserisce nel dibattito anche il pacificatore che propone di demandare il battibecco tra Sarri e Mancini al compassato Carlo Tavecchio, presidente della Figc, noto per aver dato del «mangiatore di banane» al giocatore di colore Obti Boba. L’uomo giusto per stemperare la polemica.
Non manca chi ha capito l’antifona e si allinea subito al nuovo che avanza, traducendo secondo la grammatica gay la classica pagellina dei giocatori: «Perisic: voto 6, come una bella donna al Gay Pride: fa vedere belle cose, ma di scarsa utilità». Poi vi sono coloro i quali con logica stringente dimostrano la contraddittorietà di certe posizioni gay friendly: «Comunque tengo a precisare che io non sono ghei, infatti ho un sacco di amici omofobi». Che fa il paio con: «per onestà devo ammettere che anche “vecchio cazzone” è una grave offesa in quanto Sarri non è poi così vecchio». La rassegna si conclude con la constatazione fatta da alcuni che chi non fa outing – farsi dare del finocchio e negare di essere omosessuale oggi pare quasi omofobo – deve fare closing, cioè affermare con orgoglio il proprio status di eterosessuale.