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IL PAPOCCHIO

L’intento di Scalfari: scalfarizzare il Papa

Le interviste del fondatore di Repubblica puntavano ad arruolare il Papa alla corte dell’opinionismo radical-chic. Così la figura del Vicario di Cristo diventava strumentale al “magistero scalfariano” fatto di dubbi e vaniloqui, ora dissolti di fronte alla Verità eterna.

Attualità 16_07_2022

Il credente, quello autentico, quando ha notizia che un ateo, un laico incallito, un mangiapreti, un anticlericale muore, raccomanda la sua anima a Dio e poi, subito dopo, se lo figura davanti a Nostro Signore giudice. E se lo immagina come descritto dal Vangelo: muto. Tutti i suoi vaniloqui, le sue argomentazioni fatte di sabbia, i suoi sofismi, le sue astruserie da intellettualoide, sbriciolati in un sol colpo, vaporizzati come quando l’acqua tocca la lava, annientati, annichiliti di fronte all’abbacinante luminosità della Verità, ormai visibile senza filtri, senza quel muro del mondo sensibile che ci impedisce di vedere Dio faccia a faccia.
Ed Eugenio Scalfari, di recente scomparso, prima del faccia a faccia che altrettanto di recente ha avuto con Cristo, ne ha avuti molteplici con il Suo Vicario in terra, Papa Francesco.

Una buona fetta di lettori si ricorda di certo il papocchio vaticano che nacque dalle interviste di Scalfari con il Papa: Gesù non era Dio e Quest’ultimo di certo non è cattolico, ognuno si dia la morale che vuole, è tempo di svecchiare il celibato ecclesiastico, l’Inferno è vuoto perché pieno della misericordia di Dio che salva tutti, le priorità della Chiesa sono la disoccupazione giovanile e la solitudine degli anziani, eccetera. Le disse mai il Papa simili eresie? No, non erano virgolettate queste frasi. Sì, lo erano. Sì, lo erano ma le virgolette non furono mai chiuse. Erano solo sinossi scalfariane. La Sala Stampa smentisce, poi precisa e infine alcune interviste vengono pubblicate dalla Libreria Editrice Vaticana. Insomma uno, nessuno e centomila e, pure, così è se vi pare.

L’intento del padre di Repubblica era palese: portare il Santo Padre dalla propria parte (glielo disse anche lo stesso Francesco), scalfarizzare il pontefice e la dottrina cattolica, convertire Papa, Chiesa e fedeli al credo di Repubblica, ossia un ateismo radical chic, un nichilismo politicamente ed esteticamente corretti, un liberalismo individualista e disperato, un'esaltazione per una modernità convintamente narcisista seppur ormai esausta di questo party chiamato secolarizzazione che si sta trascinando ormai da troppo tempo.
Ecco allora domande dal sapore relativistico, come quella sul bene e sul male, altre di matrice soggettivistica in cui la coscienza vanterebbe un’autonomia di giudizio assoluta e poi osservazioni tese a politicizzare la Chiesa e il suo mandato, a rendere filantropica la carità e un mero eroe Gesù. Insomma la classica operazione di livellare verso il basso il trascendente, di mutarlo in un immanente dominato dalla Storia.

Scalfari non può che apparire allora come una star anche per molti cattolici che elevano il dubbio a dogma e degradano il dogma a dubbio (a tal proposito, dall’articolo di Alberto Melloni del 14 luglio su Repubblica si alzano fumi d’incenso), come un sacerdote che sull’altare del laicismo offre come sacrificio la Verità al caos. Infatti Scalfari ebbe a dire in un'intervista con Papa Francesco che lui credeva in una «energia caotica ma indistruttibile e in eterna caoticità. [L’uomo] contiene anche dentro di sé una risonanza, un’eco, una vocazione di caos». L’eterno mito dionisiaco-mefistofelico, teso al disordine, che si oppone all’armonia apollinea. Un altro modo per esprimere il dinamismo dialettico hegeliano tra tesi e antitesi. Un altro modo per sillabare la parola “progressismo”.

Le interviste rilasciate da Francesco al fondatore di Repubblica assomigliano ad un incontro tra un Papa e un anti-Papa, perché quest’ultimo, forte anche di una fisionomia michelangiolesca da Dio Padre, si presentava davvero come pontefice di una chiesa altrettanto cattolica, ossia universale, perché esprimeva compiutamente, quasi incarnava, lo spirito del nostro tempo che ad ogni latitudine chiede il riconoscimento morale, giuridico e culturale di qualsiasi desiderio, di qualsiasi voglia, che non sopporta nessuna gerarchia, nessuna autorità se non quella del flusso caotico della Storia, da scriversi sempre con la “esse” maiuscola, che antepone l’Io a tutto, Dio compreso (Scalfari nella prima intervista pare quasi congratularsi con Descartes – quello del cogito ergo sum – per avergli fatto perdere la fede).
In un’intervista con il Papa, Scalfari dichiarò di non credere nell’anima. Preghiamo allora, proprio per questo motivo, per l’anima di Scalfari perché, come gli rispose il Papa, anche se lui non credeva di possederla, l’aveva comunque.