Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
CASO KAFKIANO

Licenziata perché no-trans (e con una legge alla Zan)

Regno Unito: Maya Forstater, consulente fiscale, viene licenziata per aver twittato che «gli uomini non possono trasformarsi in donne». Lei fa ricorso appellandosi all’Equality Act contro le discriminazioni, ma il giudice di primo grado le dà torto, ritenendo che nel suo caso la libertà di opinione non valga. Una vicenda istruttiva anche per gli italiani alle prese con il Ddl Zan e l’illusorio emendamento «salva idee».

Editoriali 25_04_2021

In questo racconto alla Kafka i personaggi sono tre. Abbiamo la signora Maya Forstater, consulente fiscale presso la sede londinese del Center for Global Development. Mrs Forstater ha inopportunamente ma coraggiosamente twittato: «Gli uomini non possono trasformarsi in donne». Jacques de La Palice avrebbe annuito. Secondo personaggio, il suo datore di lavoro che, letto il tweet transfobico, l’ha licenziata. Infine abbiamo la giustizia inglese. A fine 2019 la Forstater ha perso il ricorso contro il licenziamento perché, in sintesi, la sua libertà di opinione finisce dove inizia la tutela delle rivendicazioni del mondo Lgbt che ha una estensione inversamente proporzionale ai diritti delle persone eterosessuali-non transessuali di dire la loro.

Il paradosso sta nel fatto che Mrs Forstater per chiedere il reintegro del posto di lavoro si appellò all’Equality Act, legge del 2010 che dovrebbe tutelare tutti i sudditi di Sua Maestà dalle discriminazioni. Licenziata perché discrimina, lei cercò un’àncora di salvezza nella legge contro le discriminazioni. Àncora che invece la trascinò sul fondo. Infatti i giudici, nel caso Grainger plc v Nicholson che riguardava le discriminazioni religiose sul posto di lavoro, indicarono alcuni criteri, utili per l’interpretazione della sezione 10 di quella stessa legge dedicata a religione e credo, affinché un’idea legata al proprio credo possa venire espressa liberamente. Citiamo due di questi criteri. Il parere deve essere espressione di una convinzione profonda e non una mera opinione e inoltre deve essere «degno di rispetto in una società democratica, non incompatibile con la dignità umana e non in conflitto con i diritti fondamentali».

Vediamo come il giudice di primo grado ha interpretato il messaggio su Twitter della Forstater alla luce di questi due criteri. Secondo il giudice la donna ha espresso solo una mera opinione e, in secondo luogo, tale opinione è capace di creare «un clima degradante, intimidatorio, ostile, umiliante e offensivo». Inoltre, per soprammercato, il giudice ha aggiunto che vi sarebbero «prove scientifiche significative» in merito al fatto che i sessi sono più di due.

Come ha rilevato il giornalista Luca Marcolivio sull’International Family News: «I criteri stabiliti dalla sentenza Grainger plc v Nicholson hanno permesso di applicare le tutele della sezione 10 dell’Equality Act a chi crede nel nazionalismo scozzese, al veganismo su base etica, alla necessità di agire in fretta per fermare i cambiamenti climatici della Terra e pure allo stoicismo greco antico», ma non a chi afferma che un uomo non potrà mai diventare donna. Martedì si aprirà l’appello. Infatti la nostra eroina d’oltremanica non si è di certo arresa.

La vicenda inglese è istruttiva anche per noi italiani. L’emendamento «salva idee» contenuto nel Ddl Zan è solo uno specchietto per le allodole. Il trucchetto in sede di contenzioso sarà semplice: il criterio della libertà di opinione troverà un limite nel divieto di discriminazione. Il punto di forza del Ddl Zan sta proprio in come è stato concepito il criterio di discriminazione che è necessariamente unilaterale.

Facciamo un esempio. Tizio, presidente di un’associazione pro family, afferma che una famiglia è costituita solo da un uomo e da una donna. Caio, presidente di un’associazione Lgbt, trascina in giudizio Tizio. Il giudice applicherà la Legge Zan e affermerà che tale affermazione è discriminatoria perché offende le persone omosessuali. Tizio verrà condannato a un anno e mezzo di carcere. Caso rovesciato. Caio afferma che una famiglia può essere costituita anche da due uomini o da due donne. Tizio trascina in giudizio Caio e perde. Per quale motivo? Perché Caio non ha discriminato nessuno. Tizio ha infatti sostenuto che la famiglia è solo quella formata da un uomo e una donna. Caio, all’opposto, ha affermato che famiglia non è solo quella formata da uomo e donna, ma anche quella formata da due uomini e da due donne. Non ha discriminato le famiglie eterosessuali. Parimenti, discrimina chi sostiene che esistono solo due sessi; non discrimina chi sostiene che oltre al sesso maschile e femminile ne esistono altri. Discrimina chi, come la signora Forstater, afferma che donna è solo quella biologica; non discrimina chi afferma che donna è anche quella biologica, ma non solo. Discrimina chi sostiene che sia naturale solo l’orientamento eterosessuale; non discrimina chi sostiene che sia naturale anche l’orientamento eterosessuale esistendo pure quello omosessuale. L’ideologia Lgbt è, almeno all’apparenza, omnicomprensiva. Il pensiero cristiano no, non gli va bene tutto.

Interpretato in tal modo il concetto di discriminazione, le affermazioni e le iniziative Lgbt saranno sempre inclusive perché non escludono l’eterosessualità e la concordanza tra sesso biologico e percezione psicologica (sono maschio e mi sento uomo) con tutti i loro relativi addentellati. Di converso chi rifiuta l’omosessualità e la transessualità è escludente, quindi non inclusivo e perciò discrimina. In breve il gay e il trans non dicono «No» alla persona etero e alla donna che si sente donna, e quindi mai potranno discriminare alcuno e alcunché. All’opposto il cattolico, rifiutando omosessualismo e transessualismo, non potrà che venire qualificato come «omofobo» e «transfobo». Un trucchetto, quello inserito nel Ddl Zan, efficacissimo per mettere con le spalle al muro la libertà di pensiero e quella religiosa.

Ma l’autentica libertà di pensiero si realizza proprio quando giudica negativamente queste due condizioni e le relative derive, cioè quando, per l’appunto, discrimina, ossia, letteralmente, discerne, distingue indicando alcune radicali differenze tra differenti scelte e condizioni ed esprime un giudizio di valore su di esse, pur nel doveroso rispetto della dignità delle persone omosessuali e transessuali.  La vera libertà vuole dunque discriminare, cioè discernere condotte e condizioni, ma tutelando la preziosità intrinseca delle persone che assumono tali condotte e vivono tali condizioni.