Libertà religiosa, un lungo cammino in Uzbekistan
L’amnistia concessa ad alcuni detenuti per la loro fede incoraggia a sperare la piccola comunità cristiana dell’ex repubblica sovietica, uno dei paesi in cui i cristiani subiscono gravi forme di persecuzione
L’Uzbekistan è uno dei paesi in cui essere cristiani è molto difficile. Il governo da un lato e l’influenza dell’Islam dall’altro limitano la libertà religiosa. Uno spiraglio di speranza viene dal rilascio di alcuni prigionieri di coscienza, detenuti da anni per motivi religiosi. Tra di loro ci sono le sorelle Zulhumor e Mehrinisso Hamdamova liberate il 20 febbraio dopo otto anni in carcere per aver partecipato a incontri religiosi non autorizzati. Le comunità cristiane subiscono attacchi, minacce, arresti, interrogatori e sanzioni, la confisca del materiale religioso rinvenuto durante le perquisizioni. Le loro case sono controllate, le conversazioni telefoniche intercettate, degli infiltrati spiano il loro comportamento. I convertiti dall’Islam al cristianesimo sono soggetti a intimidazioni, a volte violentemente perseguitati da famigliari e amici se rifiutano di ritrattare. Quanti siano i cristiani arrestati e condannati al carcere è difficile stabilirlo. L’agenzia F18 riferisce ad AsiaNews che “le detenzioni arbitrarie e l’utilizzo di prove ottenute attraverso la tortura rende difficile la piena conoscenza di quanti si trovano al presente in carcere per effettivi crimini oppure esclusivamente per via della loro fede”. Secondo le Nazioni Unite potrebbero essere tra i 5.000 e i 15.000. “L’unica ragione per simili arresti – sostiene F18 – è che un alto funzionario ha ordinato che venissero arrestati senza dire perché”. I cristiani in Uzbekistan sono circa 350.000 su una popolazione di oltre 30 milioni. La maggioranza della popolazione è di fede islamica. Il governo è un regime autoritario.