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MEDIO ORIENTE

Libano, la strage dei cercapersone. Attacco a Hezbollah ed escalation

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Un attacco informatico attribuito a (ma non rivendicato da) Israele, ha fatto esplodere, quasi simultaneamente, migliaia di cercapersone nelle tasche di membri di Hezbollah. Ora la guerra col Libano è più vicina.

Esteri 18_09_2024
Libano, panico negli ospedali dopo l'esplosione dei cercapersone (La Presse)

Un attacco informatico in Libano, un malware inviato sui cercapersone di migliaia di Hezbollah, e non solo, che ha provocato la morte di otto persone e ne ha ferite circa 2800, di cui oltre duecento in modo grave. Si tratta di apparecchi tascabili radioriceventi che consentono di rintracciare facilmente qualcuno, diventati in questo caso oggetto di esplosioni multiple, avvenute non soltanto nel Paese dei Cedri, ma anche in Siria e a Damasco.

Due le ipotesi secondo una prima ricostruzione: l’attacco informatico, molto probabilmente, è stato causato dall'attivazione del codice del dispositivo che consente l'auto esplosione. Codice che possiede solamente il produttore e che sarebbe stato consegnato, secondo le prime notizie, al reparto di intelligence dell'esercito israeliano, meglio conosciuto con il nome di Unità 8200 e noto per le sue avanzatissime capacità informatiche. L'altra ipotesi è quella di un malware che ne ha causato il surriscaldamento e l’esplosione, molti infatti infastiditi dal calore proveniente dal dispositivo se ne sarebbero liberati prima che esplodessero.

Ieri, nelle prime ore pomeridiane, un attacco improvviso ha colpito la periferia sud di Beirut, la valle del Bekaa e il Libano meridionale, coinvolto da un anno nella guerra contro Israele. I cercapersone esplosi erano di ultima generazione, dei Gold Apollo Ap-900, utilizzati sia in ambito militare che civile. Tra le vittime una bambina di nove anni, Fatima Jaafar Abdullah e due "combattenti" di Hezbollah. Ferito, in modo non grave, anche l'ambasciatore iraniano in Libano, Mojtaba Amani.

Subito dopo l’attacco, il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha convocato una riunione con i massimi esperti della sicurezza e con i componenti del governo. Secondo quanto si è appreso, i responsabili dei servizi segreti avrebbero riportato che poche ore prima dei fatti erano stati rilevati insoliti movimenti di preparativi militari degli Hezbollah nel Libano meridionale.  Il portavoce del governo libanese ha attribuito ad Israele la responsabilità dell'esplosione dei cercapersone e considera quanto accaduto una violazione della sovranità libanese, mentre Hezbollah ha assicurato che lo Stato ebraico riceverà una giusta punizione per l'aggressione criminale. Il governo israeliano, come sua consuetudine, non ha rilasciato alcuna dichiarazione.

Nel frattempo, gli scontri al confine del Libano, tra Hezbollah e Israele, si sono intensificati e ora si teme un'ulteriore escalation, che potrebbe coinvolgere tutto il Libano, già alle prese con una situazione di stallo politica e una grave crisi economica-finanziaria per la massiccia presenza dei rifugiati siriani, ora trasformati in un capro espiatorio. La guerra di Hezbollah contro Israele trova la sua motivazione nella solidarietà per i palestinesi e per Gaza, ma l'impressione all'interno del Libano è che soltanto gli sciiti stiano combattendo per questa causa, mentre i sunniti, nonostante Hamas e la maggioranza dei palestinesi siano sunniti, non siano altrettanto esposti.

L’attacco informatico pone degli interrogativi.  Se l'intelligence israeliana è riuscita a compromettere i cercapersone, forniti ad Hezbollah solo pochi mesi fa, questo non esclude che possa essere compromessa anche la fornitura fatta dal produttore all'Iran e che la Repubblica islamica ha consegnato agli Hezbollah, come la maggior parte delle sue attrezzature. Una simile operazione richiede molto tempo e un intervento di manomissione realizzato prima che i cercapersone raggiungessero la loro destinazione finale, cioè i miliziani del Partito di Dio. Ora, molto probabilmente, gli iraniani esamineranno le loro attrezzature per assicurarsi che nessuno abbia manomesso ciò che hanno già acquisito. È evidente che Israele vuole alzare lo scontro in tutta la regione e vuole neutralizzare la minaccia rappresentata dal movimento sciita, che dispone di un arsenale importante. La scorsa settimana, gli israeliani hanno sferrato uno degli attacchi più violenti in Siria, provocando la morte di diciotto persone, sostenendo che nel centro di ricerca colpito erano impiegati esperti iraniani che sviluppavano armi, tra cui missili di precisione e droni.  

Ma i problemi per Israele sono anche e soprattutto interni. Prima di tutto, la pressione esercitata da decine di migliaia di abitanti del nord di Israele, costretti a vivere lontani dalle loro case ormai da mesi, mentre le immagini degli incendi provocati dai missili di Hezbollah alimentano il desiderio di vendetta. Nel corso dell'ultima riunione del Gabinetto di sicurezza, il primo ministro Netanyahu ha posto tra le priorità il ritorno a casa di circa 60mila israeliani, evacuati dalle loro case nel Nord del Paese in seguito agli attacchi di Hezbollah. «Israele continuerà a prendere misure attive per realizzare questo obiettivo», ha affermato l'ufficio del primo ministro. 

Ma Israele sarà in grado di combattere su due fronti? Una guerra con i miliziani degli Hezbollah avrebbe un peso completamente diverso rispetto a quella che sta sostenendo a Gaza, dove, però, gli obiettivi prefissati non sembrano raggiunti, anche se il bilancio delle vittime nel 346° giorno di guerra nella Striscia sale a 41.252 e si contano 95.497 feriti.

E poi ci sono i contrasti interni all'esecutivo, senza ignorare che Benjamin Netanyahu è impegnato, costi quel che costi, a far passare la sua strategia politico-militare, mentre la società civile è in forte conflitto tra i sostenitori di un accordo per liberare gli ostaggi e un’estrema destra sempre violenta che vuole un’escalation e la conquista totale sia di Gaza che della Cisgiordania.

Il rischio di una crisi regionale è sempre più concreto, anche perché i mediatori esterni, Stati Uniti, Egitto e Qatar, non sono in grado di ottenere il cessate il fuoco. Il fallimento di questa mediazione rischia di far esplodere una guerra con conseguenze imprevedibili e il coinvolgimento di molti attori.