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SANTISSIMO SACRAMENTO

L’Eucaristia, l’Amore di Gesù che sana ogni situazione

Tutte le più alte espressioni dell’Amore - crocifisso, unitivo, adorante - sono racchiuse nell’Eucaristia. Purificando la nostra anima con il sacramento della Penitenza e accostandoci devotamente alla Comunione, riceviamo i frutti che ci permettono di conformarci a Gesù. Il Suo è un dono così grande che san Pietro Giuliano Eymard, poco prima di morire, disse: “Avete l’Eucarestia: che volete di più?”

Ecclesia 09_07_2020

“Avete l’Eucarestia: che volete di più?”. Queste furono le ultime parole proferite sul letto di morte da san Pietro Giuliano Eymard, fondatore della Congregazione del Santissimo Sacramento.

L’Eucaristia è Gesù Amore, il sacramento che contiene il Corpo, Sangue, Anima e Divinità del Signore Gesù Cristo. Essa è il frutto dell’immenso Amore di Gesù per noi, per il quale Egli non ha esitato a dare tutto Sé stesso fino a farsi nostro cibo. Gesù, che “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13.1-15), rimane presente nelle specie del pane e del vino, per dare gloria al suo eterno Padre attraverso la memoria della sua Passione e per darci il Pane della vita eterna. Nell’Eucaristia, vi è Gesù vivo e vero, “Dio Amore”, che ci ha amato fino all’eccesso, immolandosi come Agnello innocente per la nostra Redenzione.

Tutte le più alte e più profonde espressioni dell’Amore sono racchiuse nell’Eucaristia: l’amore crocifisso, unitivo e adorante; ma anche l’amore contemplativo, orante e inebriante. Gesù Eucaristico è Amore crocifisso, che si immola per noi nel Sacrificio del suo Corpo e del suo Sangue nella Santa Messa, in memoria e rinnovazione del Sacrificio della Croce. Il pane e il vino offerti in sacrificio a Dio, per mezzo del sacerdote, divengono la sua Carne e il suo Sangue, vero cibo e vera bevanda, nutrimento, forza e vita che noi riceviamo nella santa Comunione.

In essa Gesù si dona completamente a noi e, essendo Amore unitivo, penetra nel nostro petto rimanendo corporalmente presente in noi il tempo che durano le specie del pane. È “l’unione consumata”, come la chiama santa Elisabetta della Trinità: “Lui in noi e noi in Lui”. Per mezzo dell’Eucaristia noi ci uniamo a Gesù, ma anche a tutte le membra del suo Corpo mistico, “poiché c’è un solo pane”, scrive san Paolo, “noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo nell’unico pane” (1Cor 10,17). Per essere “perfetti nell’unità”, Gesù deve essere in noi e il Padre in Lui, perché come il Padre è nel Figlio, e il Figlio è nel Padre, così anche noi diventiamo una cosa sola nel Padre e nel Figlio (Gv 17,21). Ma per unirci a Gesù è necessario presentarsi a Lui “santi e immacolati”, purificando la nostra anima mediante il sacramento della Penitenza, consapevoli delle parole di Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” (Gv 13,8).

Accostandosi santamente alla Comunione, l’anima riceve i frutti che le permettono di compiere una trasformazione graduale interiore che assimila la nostra persona a Gesù Ostia, con l’acquisto delle sue virtù e con la perfezione che configura la nostra vita in modo sempre più santo. Si tratta del frutto completo della Santa Messa, della Comunione e dell’adorazione eucaristica. Il nutrirsi devotamente e quotidianamente della Santa Eucaristia porta l’anima a conformarsi a Gesù, dandole un’impronta eucaristica. “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).

Benedetto XVI istruisce al riguardo, affermando che “il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui”. (Omelia in occasione della XX Giornata della gioventù, Colonia, domenica 21 agosto 2005).

L’anima deve quindi aspirare a diventare “Ostia eucaristica” con “Gesù Ostia”, conformandosi a Gesù in modo che non sia più lei a vivere, ma Cristo in lei, per poter esclamare con san Massimiliano Maria Kolbe: “Il tuo Sangue scorre nel Sangue mio, la tua anima, o Dio incarnato, compenetra la mia anima, le dà forza e la nutre”.

Essendo Amore infinito, Gesù Cristo non ci ha privati della sua presenza e, come Amore adorante, resta fra noi con umiltà nel Tabernacolo, nascosto sotto i veli eucaristici come vittima innocente in olocausto di adorazione al Padre, intercedendo incessantemente per noi.  Egli “da ricco che era si è fatto povero” (2Cor 8,9) per noi. Nella presenza eucaristica Gesù si è spogliato della sua ricchezza divina e umana ma anche della sua forza e potenza. Nel suo sconfinato Amore, ha preferito esporsi a insulti, irriverenze e profanazioni, piuttosto che privarci della sua presenza sui nostri altari. Egli ha nascosto la propria divinità, scegliendo liberamente di assumere la povertà della natura umana, a sua volta occultata per rendersi presente sotto le specie visibili e materiali del pane e del vino.

Adorando il Verbo fatto Carne, il cuore dell’uomo sperimenta i frutti dell’Amore di Dio, dissetandosi all’unica “fonte di acqua zampillante per la vita eterna” (Gv 7, 37), sorgente quotidiana di amore, di forza, di luce e di gioia, di coraggio, di ogni virtù e bene.

Non c’è situazione umana e spirituale che non possa essere curata e sanata dalla Santa Eucaristia. San Cirillo di Gerusalemme, Padre e Dottore della Chiesa, insegna:

«Se il veleno dell’orgoglio ti gonfia, ricorri all’Eucaristia, e il Pane sotto le cui apparenze si è annichilito il tuo Dio t’insegnerà l’umiltà. Se in te arde la febbre dell’avarizia, cibati di questo Pane e imparerai la generosità. Se ti rattrista il vento gelido dell’egoismo, ricorri al Pane degli angeli e nel tuo cuore spunterà rigogliosa la carità. Se ti senti spinto dall’intemperanza, cibati della Carne e del Sangue di Cristo che nella vita terrena praticò sì eccellentemente la sobrietà e diverrai temperante. Se sei pigro e indolente nelle cose spirituali, rinforzati con questo Cibo celeste e diverrai fervente. Se, infine, ti senti ardere dalla febbre dell’impurità, accostati al banchetto degli angeli e la Carne immacolata di Cristo ti farà puro e casto».

Dunque, se abbiamo l’Eucaristia, che vogliamo di più?