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giornata della memoria

L'epopea di un ebreo polacco nell'Europa sconvolta dall'odio

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La storia di Kurt Rosenberg offre una sintesi della rete di fattori che scatenarono la persecuzione degli ebrei tra le due guerre mondiali. Una storia "piccola" che illumina la storia "grande", per cogliere le radici e la persistenza dell'antisemitismo.

Editoriali 27_01_2025
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Le rievocazioni della Shoah in occasione della Giornata della memoria tendono troppo spesso a ridursi a pure evocazioni sentimentali e retoriche, in cui lo sterminio degli ebrei europei da parte del nazismo appare quasi come un'esplosione di follia, un'assoluta quanto quasi disumana manifestazione del Male. Ma il Male, che alberga nella natura umana e irrompe nella storia, è pienamente comprensibile soltanto attraverso ricostruzioni storiche che portino alla luce la rete, spesso complessa, di fattori in cui esso prende forma. Nel caso della Shoah, soltanto la contestualizzazione di vicende concrete in uno scenario definito e documentato può favorire una consapevolezza piena delle radici dell'antisemitismo, e quindi anche della sua persistenza nel mondo attuale.

Un caso esemplare, in tal senso, ci è dato ora dalla pubblicazione di un avvincente racconto biograficoTutto iniziò da quel finestrino. La storia di Kurt Rosenberg, di Ugo Rosenberg (Edizioni Croce). In esso l'autore traduce, completa e arricchisce di preziose notizie il memoriale autobiografico del padre, ebreo polacco nato a Wadowice nel 1919, in cui si narra della sua avventurosa fuga dai tedeschi e dai sovietici attraverso l'Europa durante la seconda guerra mondiale: una fuga conclusasi in Italia, dove Kurt si arruola nella divisione polacca delle truppe alleate e combatte contro i tedeschi fino alla fine del conflitto, e dove rimarrà a vivere il resto della sua vita.

La vicenda privata di Kurt Rosenberg rappresenta una utilissima cartina di tornasole della situazione in cui si svilupparono la persecuzione e lo sterminio degli ebrei nell'Europa centro-orientale.
Prima della guerra la famiglia Rosenberg vive tra Wadowice e la vicina Bielsko: città in cui si trovano fianco a fianco polacchi, ebrei e tedeschi. La pressione del nazismo dalla vicina Germania aveva portato alla nascita di un movimento filo-nazista, al quale faceva da contraltare un partito nazionalista polacco, ad esso accomunato dall'antisemitismo. Quando, dopo il patto Ribbentrop-Molotov, la Germania invade la Polonia occidentale, i Rosenberg fuggono a Leopoli, allora polacca, ma popolata di una cospicua minoranza ucraina. Entro pochi giorni però la città, come tutta la parte orientale del Paese, viene invasa dalle truppe sovietiche. Kurt, nella sua memoria, nota come tra gli ucraini del luogo fossero diffusi sentimenti nazionalisti, e come essi sperassero di essere "liberati" invece dai tedeschi.

La situazione descritta nel volume evidenzia tre elementi fondamentali alla base dell'esplosione dell'antisemitismo in tutta l'area, che si vanno sommando tra loro. In primo luogo, l'antisemitismo cronico latente in tutto il mondo germanico e slavo, pronto a riacutizzarsi quando compare qualche nuovo fattore "irritante". In secondo luogo, la crescita dei nazionalismi e micro-nazionalismi etnici in regioni in cui la convivenza secolare è andata di pari passo con grandi linee di frattura nei conflitti internazionali tra potenze. Infine, la pressione delle ideologie e dei regimi totalitari – il comunismo sovietico e il nazismo in Germania – che enfatizzano e strumentalizzano fino a un punto di rottura insanabile tutti i conflitti già esistenti.

È in questo quadro che può essere adeguatamente compresa l'accelerazione drammatica degli eventi intorno alla famiglia Rosenberg.
Il padre di Kurt, ufficiale di riserva dell'esercito polacco, viene prelevato dalle truppe sovietiche, e se ne perdono le tracce. Molto tempo dopo, si saprà che è stato una delle decine di migliaia di vittime del massacro delle fosse di Katyn.
Per sfuggire alla deportazione in Urss Kurt si dà alla fuga. Nei mesi e anni successivi la sua vita si trasforma in un drammatico gioco dell'oca di "salti" da un angolo all'altro del continente; una partita a scacchi angosciosa in cui la posta in gioco è la sua vita, e in cui in ogni quadrato della scacchiera viene immediatamente messo sotto scacco, costringendo a ulteriori, concitate mosse che sembrano non aver mai fine.

Ogni Paese in cui il giovane cerca rifugio diventa ben presto pericoloso per l'espandersi del conflitto e dell'occupazione tedesca: dalla Romania alla Serbia, alla Croazia. In particolare poi la Serbia, che sembrava a Kurt e ad altri amici ebrei polacchi il possibile punto di partenza di un trasferimento verso la Palestina, si rivela un vicolo cieco, perché i britannici ostacolano in ogni modo l'emigrazione ebraica verso la regione dell'ex impero ottomano di cui sono amministratori mandatari per non inimicarsi gli arabi dell'area. Migliaia di ebrei che speravano di salvarsi in quel modo rimangono così prigionieri a Sabac, e saranno poi massacrati dai tedeschi. Questa storia nella storia fornisce illuminanti elementi di riflessione, dunque, anche sulle origini della questione mediorientale che esploderà nel dopoguerra.

La salvezza di Kurt e dei suoi amici, paradossalmente, arriva proprio da un Paese "nemico": l'Italia, in cui essi giungono attraverso la Slovenia: scelta come destinazione per disperazione perché, nonostante fossero in vigore le leggi antisemite del fascismo, almeno la persecuzione degli ebrei non si spingeva fino alla violenza e allo sterminio. Con l'ausilio, comunque, di documenti falsi, i polacchi in fuga vengono confinati nel 1941 in un paesino dell'Abruzzo. E quando, dopo l'8 settembre del 1943, le truppe tedesche invaderanno anche il nostro Paese, un'ultima rocambolesca fuga li porterà a passare il fronte, e a incontrare l'esercito alleato. Alla fine della guerra i giovani scopriranno che gran parte dei familiari e amici rimasti in Polonia sono morti nei campi di sterminio.

Una storia "piccola" che illumina la storia "grande", dicevamo sopra. Ogni vita individuale nel corso degli eventi conta, e rappresenta nella sua vicenda particolare una sintesi irripetibile delle grandi forze in gioco, del loro contrastarsi e comporsi. Il "lieto fine" della fuga di Kurt non cancella la grande tragedia della Shoa, ma segue ed evidenzia le tappe di quella vera "discesa agli inferi" che è stata la "guerra civile europea", come la definì Ernst Nolte: cioè la spirale mortale di politica cieca di potenza, odi etnici, parossismi ideologici, razzismi che ha segnato tra il primo e il secondo conflitto mondiale il collasso di quell'Europa la quale, solo pochi decenni prima, aveva potuto essere definita la heartland, il centro egemone del mondo intero. 



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