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discorso

Leone XIV: le Chiese Orientali «così preziose e provate»

Alla plenaria della R.O.A.C.O. il Papa torna a parlare dei cristiani d'Oriente: una storia segnata tuttora da ferite e conflitti, ma illuminata dalla bellezza di liturgie e canti «che innalzano un’incessante richiesta di perdono per l’umanità».

Borgo Pio 27_06_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

Dopo l'incontro con i partecipanti al giubileo delle Chiese d'Oriente nei primi giorni di pontificato, Leone XIV volge ancora una volta lo sguardo a est, in occasione dell'assemblea plenaria della R.O.A.C.O. (Riunione Opere Aiuto Chiese Orientali), ricevendo ieri i partecipanti in Sala Clementina. Un discorso che evoca la grande sofferenza in cui vivono molti cristiani orientali e al tempo stesso la lode divina che si innalza attraverso le loro liturgie, facendone «testimoni della luce dell’Oriente».

 «La storia delle Chiese cattoliche orientali è stata spesso segnata dalla violenza subita», osserva il Papa, sottolineando che «purtroppo non sono mancate sopraffazioni e incomprensioni pure all’interno della stessa compagine cattolica, incapace di riconoscere e apprezzare il valore di tradizioni diverse da quella occidentale. Ma oggi la violenza bellica sembra abbattersi sui territori dell’Oriente cristiano con una veemenza diabolica mai vista prima» e lo testimonia l'assenza, alla plenaria, «di quanti sarebbero dovuti venire dalla Terra Santa, ma non hanno potuto intraprendere il viaggio. Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra», menzionando in seguito il «recente terribile attentato nella chiesa di sant’Elia a Damasco». Leone XIV rinnova il vibrante appello alla pace e contro «le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia risolva i problemi anziché alimentare odio e vendetta».

Un dramma che non rende la preghiera meno urgente, anzi «credo che anzitutto occorra veramente pregare», afferma il Papa, invitando a «fare di ogni tragica notizia e immagine che ci colpisce un grido di intercessione a Dio». Ed è proprio la testimonianza dei cristiani d'Oriente a mostrare «germogli di Vangelo nel deserto», anche grazie alla «bellezza delle tradizioni orientali», alle «liturgie che lasciano abitare a Dio il tempo e lo spazio», ai «canti secolari intrisi di lode, gloria e mistero, che innalzano un’incessante richiesta di perdono per l’umanità. Incontrate figure che, spesso nel nascondimento, vanno ad aggiungersi alle grandi schiere dei martiri e dei santi dell’Oriente cristiano. Nella notte dei conflitti siete testimoni della luce dell’Oriente».

Leone XIV auspica «che questa luce di sapienza e di salvezza sia più conosciuta nella Chiesa cattolica», rievocando l'immagine dei "due polmoni" – cara a San Giovanni Paolo II, ma che purtroppo non si è realizzata  senza i quali «la fede rischia di diventare asfittica». Ma per amare l'Oriente bisogna conoscerlo: una necessità oggi ancora più urgente (oltre che proficua per noi occidentali) «perché i cattolici orientali oggi non sono più cugini lontani che celebrano riti ignoti, ma fratelli e sorelle che, a motivo delle migrazioni forzate, ci vivono accanto. Il loro senso del sacro, la loro fede cristallina, resa granitica dalle prove, e la loro spiritualità che profuma del mistero divino possono giovare alla sete di Dio latente ma presente in Occidente».