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Legge elettorale: riforma più vicina, ma serve l’autonomia

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Il percorso della riforma elettorale è solo l'inizio di un cammino che deve portare a un rinnovamento politico e istituzionale più ampio. Anche i meccanismi di selezione della classe dirigente vanno profondamente rivisti, per spezzare le logiche oligarchiche e di cooptazione.

Politica 10_04_2025

Il dibattito sulla riforma della legge elettorale sta entrando in una fase cruciale, con una possibile convergenza tra maggioranza e opposizione su un nuovo sistema di voto. Dopo anni di rinvii e veti incrociati, sembra che finalmente ci sia un accordo sul modello da adottare. La proposta che sta prendendo piede prevede una legge elettorale di tipo proporzionale, con la fissazione di un premio di maggioranza al 40% e la reintroduzione parziale delle preferenze. Un tale cambiamento risponde alla necessità di ridare forza ai partiti e alle politiche che essi rappresentano, di potenziare la governabilità ma anche di evitare i ricatti che oggi troppo spesso si nascondono dietro le alleanze elettorali. Probabilmente si ridurrebbe in questo modo anche lo strapotere delle segreterie dei partiti e si coinvolgerebbe maggiormente l’opinione pubblica, che sarebbe chiamata a scegliere direttamente i propri rappresentanti. Il rovescio della medaglia potrebbe però essere quello di un mercanteggiamento delle preferenze sulla base di interessi torbidi di natura finanziaria, come già accaduto nella Prima Repubblica.

Giovanni Donzelli di Fratelli d'Italia ha dichiarato che, sebbene non si sia giunti all'ultimo passo, il processo verso una nuova legge elettorale è ormai avviato. L’idea di fondo è quella di creare un sistema più equo, dove la rappresentanza politica non sia dominata da coalizioni frutto di compromessi più che di visioni politiche condivise. L’introduzione parziale delle preferenze, seppur limitata, avrebbe l’obiettivo di restituire agli elettori una maggiore capacità di scelta, permettendo loro di esprimere una preferenza personale sui candidati, non solo sulle liste bloccate che oggi caratterizzano il sistema elettorale.

Il disegno di legge, tuttavia, non riguarderebbe solo la Camera dei deputati ma potrebbe investire anche il sistema elettorale per i comuni, dove il centrodestra sta cercando di ridurre i ballottaggi, modificando la soglia necessaria per decretare il vincitore già al primo turno. L’idea è quella di abbassare tale soglia al 40%, annullando la necessità del secondo turno in molte situazioni. Questo cambiamento, che sta suscitando non poche polemiche, è visto come un tentativo di semplificare e velocizzare il processo elettorale, ma potrebbe favorire maggiormente le forze politiche già consolidate, penalizzando quelle di centrosinistra, che spesso si riorganizzano al secondo turno.

Tuttavia, il cambiamento della legge elettorale da solo non è sufficiente a risolvere i problemi della politica italiana. La reintroduzione delle preferenze potrebbe riavvicinare i cittadini alla politica, ma il vero cambiamento dovrebbe arrivare da riforme più radicali, capaci di intervenire sugli equilibri tra i poteri. Ad esempio, la piena messa a terra dell’autonomia differenziata, che redistribuisce i poteri tra Stato e regioni, rappresenta un passo più incisivo nella direzione di un sistema politico più equilibrato ed efficiente. Tale riforma, se realizzata per intero e senza ostacoli, potrebbe contribuire a ottimizzare l'uso delle risorse, garantendo alle regioni una maggiore autonomia decisionale in settori cruciali per la vita dei cittadini.

Queste riforme, più profonde, sono necessarie per dare una risposta concreta alle sfide che la politica italiana sta affrontando, e non possono essere sostituite da un semplice cambiamento delle regole elettorali, pur necessario. La legge elettorale proposta potrebbe ridare slancio ai partiti e rafforzare la democrazia, ma sarà solo attraverso riforme più strutturali che si potrà davvero cambiare la politica del Paese. La legge elettorale, infatti, è solo uno degli strumenti con cui si può riscrivere il futuro politico dell’Italia, ma senza un vero e proprio cambio di paradigma nelle relazioni tra Stato, istituzioni e cittadini, la riforma rischia di essere solo un palliativo, incapace di risolvere i problemi di fondo.

Il percorso della riforma elettorale, quindi, seppur importante, è solo l'inizio di un cammino che deve portare a un rinnovamento politico e istituzionale più ampio, capace di rispondere alle aspettative di una società in continua evoluzione. Anche i meccanismi di selezione della classe dirigente vanno profondamente rivisti, per spezzare le logiche oligarchiche e di cooptazione che attualmente governano la scelta dei quadri dirigenti in tutti i partiti, nessuno escluso.