Le tre funzioni sublimi della musica sacra
È servizio a Dio, al prossimo e alla Chiesa intera. Una meraviglia divina
a perfetta misura di uomo
Il 30 dicembre il Papa ha ricevuto in udienza i pueri cantores convenuti a Roma da tutto il mondo per celebrare il loro XXXVI congresso internazionale. Ne ha tratto occasione per ricordare le tre funzioni del canto e della musica sacra.
Il canto sacro, ha detto Benedetto XVI, è anzitutto «un servizio a Dio». Il Papa ha ricordato il Sermone 34 di sant’Agostino (354-430), dove si afferma che «il canto è un’espressione di gioia e di amore». «L’incontro di amore tra l’anima e il Signore» ha come suo frutto naturale la gioia, e subito ne scaturisce il desiderio di esprimerla. Ma questa gioia è, per sua natura, superiore alle capacità espressive dell’uomo: «è difficile tradurla in parole». Si situa qui la funzione che la Provvidenza ha assegnato alla musica e al canto, che sono capaci di andare al di là della parola. Con la musica «si dà voce al desiderio naturale di ogni persona umana di glorificare Dio con un canto d’amore». La musica sacra è anche, ha spiegato il Papa, un atto di giustizia: «offre a Dio la lode che gli è dovuta».
La seconda funzione della musica e del canto nella Chiesa è costituita dal «servizio agli altri adoratori». La preghiera non è sempre facile. Sia la mente sia il cuore rischiano di distrarsi e di non trovare la strada verso Dio. Ecco allora che la musica sacra – quella vera – diventa «un aiuto per innalzare i cuori e le menti nella preghiera».
La terza funzione ha a che fare con la Chiesa e con il suo mistero, che ha pure una dimensione escatologica. «La musica sacra – ha detto il Papa – è un servizio a tutta la Chiesa». Non solo: «permette di pregustare la liturgia celeste, nella quale i cori degli angeli e dei santi si uniscono in un canto senza fine di amore e di lode».
Il titolo del congresso dei pueri cantores è tratto dalla prima enciclica del Papa: Deus Caritas Est. E Benedetto XVI afferma che «la buona musica» – non, dunque, qualunque musica – «è capace di esprimere qualcosa del mistero dell’amore di Dio per noi e di noi per Lui».
La giornata odierna sarà forse ricordata nella storia del pontificato, più che per l’udienza ai pueri cantores, per la pubblicazione del Motu Proprio che riorganizza la finanza vaticana. Ma non è paradossale che nella stessa giornata il Papa parli di musica e di banche, di bellezza e di transazioni finanziarie. La Chiesa è incontro di fede e ragione, e si rivolge a uomini fatti di anima e di corpo.
E le prime parole del Motu Proprio sulle finanze vaticane fanno da ponte fra le due dimensioni, ricordandoci – prima di scendere in dettagli molto concreti – che cos’è la Chiesa e che cosa fa nella storia, con accenti che sono, anche qui, ispirati a sant’Agostino: «La Sede Apostolica ha sempre levato la sua voce per esortare tutti gli uomini di buona volontà, e soprattutto i responsabili delle Nazioni, all’impegno nell’edificazione […] della universale città di Dio verso cui avanza la storia della comunità dei popoli e delle Nazioni».