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L'INTERVISTA

«Le reazioni avverse vanno riconosciute e curate»

«Esiste un generalizzato difetto di riconoscimento della sintomatologia associata agli effetti avversi da vaccino. Ma non serve a nulla nascondere la testa sotto la sabbia. Non dobbiamo lasciare nessuno indietro». Intervista al professor De Maria, infettivologo dell'Università di Genova che sta conducendo un'indagine scientifica su reazioni avverse e long covid: «Hanno in comune la spike, dobbiamo capire i meccanismi di azione. Così troveremo la cura». 

Attualità 27_06_2022

Il professor Andrea Francesco De Maria è professore associato di malattie infettive all’università di Genova e sta conducendo un’indagine clinica sulle reazioni avverse da vaccino e il long covid. Della somiglianza tra questi due “scorie” lasciateci dalla pandemia e della necessità che la comunità scientifica si occupi e riconosca l’esistenza delle reazioni avverse, anche insolite, senza mettere in discussione l’utilità del vaccino, De Maria ha parlato in questa intervista alla Bussola, a margine del convegno del Comitato Ascoltami svoltosi sabato 18 giugno.

Professore, che cosa sappiamo sulle reazioni avverse da vaccino?
Esiste un generalizzato difetto di riconoscimento della sintomatologia associata agli effetti avversi da vaccino. Una parte sono note e riconosciute (miocarditi, pericarditi, Sindrome di Guillain Barrè), un’altra parte è una cosa insolita e nuova e in più la stessa sintomatologia si trova sovrapposta al long covid.

Non abbiamo cure?
Le terapie si fanno quando si riconoscono i meccanismi di azione di un agente patogeno, ma in questo momento non conosciamo il meccanismo quindi al momento non c’è cura.

Perché non si riconosce l’evento avverso?
Nel discorso evento avverso rientra un discorso complicato di cui un parte è medico legale e questo è l’elemento che causa il problema, un’altra parte è dovuta alla oggettiva difficoltà di riconoscere in modo conlcusivo un evento avverso da vaccino. Io non so perché si tenda a negare che esiste, ma sicuramente il motivo è che qualcuno faccia poi causa.

E sull’assenza di cure che cosa può dire?
Se vedo un evento avverso lo devo curare, ma – ripeto - devo conoscere il meccanismo che genera il disturbo, altrimenti mi limito a dare sintomatici come antinfiammatori, cortisone. Esistono dei trial retrospettivi che dicono di fare immunoglobuline ad alta dose, ma nessuno lo fa (e giustamente, per il momento) perché non è riconosciuta la diagnosi e la categoria di malattia a livello nazionale quindi chi lo vuole somministrare lo somministra off label, con conseguenze normative e assicurative che lo rendono non praticabile.

Ci spieghi meglio l’associazione long covid e vaccinazione. Al Convegno di Ascoltami è un’affermazione che ha fatto clamore...
Non c’è identità, sono due sottoinsiemi diversi che si intersecano. L’associazione avviene per le miocarditi/pericarditi e per la neuropatia periferica. È un disturbo sia per chi ha reazioni avverse sia per chi ha long covid e dobbiamo capire il meccanismo di azione.

Ha qualche elemento? Che cos’hanno in comune covid e vaccinazione?
Sicuramente la spike. Ci sono lavori internazionali che provano a rispondere alla domanda: che cosa genera la spike? Soprattutto in alcuni soggetti predisposti, perché va sottolineato che non succede a tutti quelli che sono vaccinati. È il tema dei fattori di rischio che sono difficili da riconoscere. Chi come noi studia queste dinamiche non ha difficoltà ad ammettere che la vaccinazione porta con sé in alcuni soggetti reazioni avverse importanti. Di sicuro siamo di fronte a una cosa nuova.

In che senso?
Nuova perché il virus è nuovo, il vaccino è nuovo. Gli altri coronavirus che circolano hanno un sistema di funzionamento diverso, non impattano ad esempio sul sistema cardiocircolatorio. E la tipologia di effetti collaterali da vaccino anti-SARS-CoV-2 è in larga parte nuova

Dunque, il problema è la spike?
Non è questo il punto. I vaccini sono fatti per dare una stimolazione prolungata e quindi funzionano bene, la stimolazione prolungata fa l’effetto dell’infezione, ma se causa un problema dobbiamo riconoscere il problema e poi capire perché alcune persone, che sono poche ma che hanno un problema, devono essere curate. Il fatto è che è difficile da rendere obiettivo sia in fase di eziologia che di diagnosi.

Lei insiste sulla necessità che la comunità scientifica ammetta le reazioni avverse, ma non si fa prima a dire che il vaccino fa male?
Se si vuole “urlare” la notizia che il vaccino fa male questo non è vero, perché il vaccino ha fatto bene a tantissimi. Semplicemente da medici dobbiamo riconoscere che se qualcuno ha il problema delle reazioni avverse dobbiamo riconoscerlo, studiarlo e curarlo, ed occuparci di queste persone.

Ma le risposte perché non si trovano?
Perché non le cerchiamo. Non serve a nulla nascondere la testa sotto la sabbia. Non dobbiamo lasciare nessuno indietro, è lo stesso motto che si una per l’HIV.

La spike del vaccino è la stessa del virus?
La sequenza è la stessa. Agisce nello stesso modo, genera anticorpi specifici,  ma nel vaccino è un rna che entra nelle cellule e viene presentata al sistema immunitario, mentre nel virus è il virus stesso che infetta tante cellule e replica e si trova nelle vie aeree, polmoni e sangue. La stimolazione della spike persiste molto a lungo ed è molto potente nello stimolo e nelle persone alle quali non da niente le ha protette.

Noi non sappiamo neanche quanto la spike rimane nel nostro corpo?
Ci sono dei dati, persiste abbastanza a lungo sennò non avrebbe effetto stimolante. Ma non è questo il punto.

E che cos’è?
Non è la persistenza della spike vaccinale a determinare l’evento avverso. È la risposta dell’organismo di alcune persone, la risposta immune probabilmente, a determinare l’evento. Il punto necessario è capire perché in alcune persone la spike produce un evento avverso e in altri pazienti non vaccinati, ma con covid provoca un long covid.

Ci parli della sua indagine?
Abbiamo deciso di occuparci del long covid, renderlo obiettivo e di tutti quelli che una hanno patologia da vaccinazione. Il primo step è descrivere le casistiche e raccogliere scientificamente i dati, in secondo luogo la descrizione deve essere condivisa e in terzo luogo dobbiamo capire se ci sono meccanismi immuno-mediati in queste persone, che possano rendere più facile una diagnostica e poi una terapia.

Quanti sono i partecipanti del trial?
Per il momento non è un trial, ma una raccolta osservazionale. Abbiamo visto una sessantina di persone vaccinate conn reazione avversa, e nel nostro Istituto, anche in altre unità cliniche, abbiamo raccolto e registrato almeno 400-500 casi di long covid dall’inizio della pandemia. È un buon numero: la frequenza è più alta in chi ha il long covid rispetto a chi ha la reazione avversa da vaccinazione. È fondamentale che passi questo messaggio.

Quale?
Che l’incidenza di eventi avversi ad esempio la pericardite/miocardite da long covid è molto molto più alta rispetto a quelli  da vaccinazione, ma non per questo non dobbiamo non occuparcene e capire come migliorare la situazione.