Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
ALTRI SCIOPERI

Le paure di Greta e l'Anticristo

Per manifestare contro i cambiamenti climatici si è arrivati a usare anche i bambini, non solo i giovani. Si tratta di un vero e proprio abuso. L’ecologismo fa presa su questa generazione perché la sicurezza è già da tempo il suo pallino. Ma è grave che anche la Chiesa si stia identificando in battaglie che sono solo secondarie.

Editoriali 07_10_2019

Venerdì scorso qualcuno di loro è tornato a manifestare per il clima di fronte al ministero dell’Ambiente, dopo che gli aderenti al Fridays For Future avevano invaso il 27 settembre le piazze europee al grido di “non ci fermeremo”; e a imitazione della loro “influencer” Greta Thumberg, che parlando all’Onu aveva trasudato terrore esprimendo la violenza tipica di chi si sente minacciato (ricordiamo che è affetta da disturbo ossessivo compulsivo) così: «Come osate?…non vi perdoneremo».

“Make not CO2”, si leggeva su alcuni cartelli sollevati da bambini che forse non hanno nemmeno l’età per comprendere i modelli fisici e ambientali sui cambiamenti climatici, e a cui probabilmente nessuno ha mai spiegato che ci sono centinaia di esperti e alcuni Premi Nobel che dimostrano che la Co2 non è responsabile del cambiamento climatico. E che ignorano completamente che, oltre a Greta, alle Nazioni Unite è giunta anche una missiva firmata da 500 scienziati per cui «non c’è nessuna emergenza climatici». «I modelli climatici - dicono - su cui si basa attualmente la politica internazionale non sono adeguati al loro scopo». Inoltre «l’archivio geologico rivela che il clima della Terra è variato finché il Pianeta è esistito, con fasi naturali fredde e calde”. E oltre al «fatto che arricchire l'atmosfera con CO2 è benefico… Non ci sono prove statistiche che il riscaldamento globale stia intensificando uragani, alluvioni, siccità e simili calamità naturali, o rendendoli più frequenti». Tutto a conferma che i dubbi in materia crescono, contro l’isterismo di massa che dà il pianeta ormai per spacciato.

Eppure, si è arrivati non solo ad usare i giovani ma anche i bambini appunto. Alunni delle classi elementari erano presenti alle manifestazioni di tutto il mondo. Davanti alle telecamere di La7  una bambina di 10 anni alzava un cartello “green", mentre la sua amica spiegava che il sentimento di odio e rabbia di Greta «esprime un sentimento comune». Le immagini delle proteste di TvSat2000, che fanno parlare Luigi Bruni (economista) a favore degli scioperi, ritraggono invece una bambina mentre spiega ai giornalisti che «se ignoriamo questo problema potrebbe scomparire il mondo», a ricordare perché c’è già chi si rifiuta di salire sulle auto dei genitori, visto che «questa macchina inquina».

Guardando a questi piccoli, è squallido assistere all’abuso che se ne fa, addossando loro problemi che, oltre che essere confezionati ad arte, non dovrebbero far parte della loro vita. E a far pena è soprattuto il fatto di vederli convinti di essere al servizio della verità contro i potenti, mentre in realtà non fanno altro che servirne gli interessi.  

Ma cosa ha reso possibile che una tale ideologia avesse tanta presa su di loro? Forse il fatto che dopo campagne martellanti sulla sicurezza ed esistenze chiuse negli smartphone, il loro ideale sia diventato proprio questo: uno spazio stretto e piccino in cui non subire troppo gli urti della vita. Se si pensa, infatti, alle generazioni precedenti dove per l’ideale, magari anche sbagliato, si era disposti a dare la vita, un orizzonte così limitato dice quanto il mondo sia riuscito a ridurre il tipico desiderio giovanile di rischiare tutto all’aspirazione borghese di essere dei bravi cittadini che fanno la raccolta differenziata.

L’ecologismo fa quindi presa su questa generazione perché la sicurezza è già da tempo il suo pallino, come spiega il lavoro fatto di Jean M. Twenge su oltre 8 milioni di adolescenti e giovani americani. Gente che preferisce un lavoro mediocre ma sicuro, la stanza da letto piuttosto che le uscite con gli amici e un numero di relazioni ridotte per timore dei conflitti. Motivo per cui nelle università ci sono delle zone apposite dove i ragazzi possono andare a rifugiarsi e piangere nel caso abbiano sentito esprimere da qualcuno una opinione diversa dalla loro.

Che questa generazione sia caricata di paure, anziché incoraggiata a scoprire la grandezza per cui si viene al mondo, lo ha denunciato recentemente anche il giornalista George Paker, i cui figli alla elezione di Trump hanno reagito piangendo nel timore che il presidente avrebbe potuto separare la loro famiglia insieme a quella degli immigrati. La piccola aveva aggiunto che «non sopportava di essere una bambina, perché si sentiva impotente». Paker, descrivendo la forte campagna progressista nel sistema scolastico pubblico, fa capire quanto il problema sia degli adulti, come a dire che innanzitutto sono loro, figli degli ex-rivoluzionari del '68, a non avere altro ideale da offrire ai loro posteri.

Più grave, però, è il fatto che nella Chiesa il modello Greta sia digerito con piacere, favorendo di fatto la riduzione del cristianesimo ad uno strumento per formare dei bravi e miti cittadini preoccupati di non sporcare troppo, di avere pochi figli, di non vivere conflitti (cose che al potere piacciono moltissimo). Ma questo pensiero, che nasce dalla paura del vivere, oltre ad essere diseducativo, rattrappendo l’umano, è anche anti cristiano: come già riportato sulla Nuova BQ, per l’ambientalismo il pericolo mortale non è più il peccato e quindi il bisogno di un Salvatore che liberi l’uomo, ma «l’oltraggio da lui inferto al suo ambiente. Poco importa se perde l’anima e se pregiudica il suo futuro, dal momento che ricicla i rifiuti e adopera cannucce di bamboo per bere. L’occasione di scandalo non consiste più nell’indurre a peccare, ma nel non differenziare la raccolta del vasetto di yogurt».

A descrivere bene l’utopia del diventare uomini buoni senza il bisogno di essere salvati fu il cardinal Biffi per cui l’Anticristo, come dice Solov’ëv, «sarà un “convinto spiritualista”, un ammirevole filantropo, un pacifista impegnato e solerte, un vegetariano osservante, un animalista determinato e attivo». Perché fosse così pericoloso il perseguimento di valori secondari come «il rispetto per la natura, l’amore per la pace…», Biffi lo spiegava così: «Se nella sua attenzione si assolutizzano…allora diventano istigazione all’idolatria». Se, infatti, il cristiano «stempera sostanzialmente il fatto salvifico nella esaltazione e nel conseguimento di questi traguardi secondari, allora egli si preclude la connessione personale col Figlio di Dio crocifisso e risorto». Semplicemente perché non ne avrà più bisogno, cercando di essere un “buon uomo” sforzandosi di vivere secondo qualche regola, non sentirà più il bisogno di essere salvato. Certo non cadrà spesso, non si sbuccerà le ginocchia e non si ferirà cercando il senso della vita, ma probabilmente così ne perderà anche il suo gusto.