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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

NUOVA DOTTRINA

Il nuovo totalitarismo ecologista

L’ecologia diventa onnipotente e planetaria. Essa ingloba tutte le sapienze, tutte le morali, e diventa la prima dispensatrice di regole per l’uomo fuso nel grande tutto.

Dottrina sociale 26_06_2019

Ieri, due articoli de La Nuova BQ toccavano il problema dell’uso ideologico del riscaldamento globale: mentre numerosi uomini di scienza firmavano una petizione contro le deformazioni del problema create ad arte, l’editoriale del direttore Cascioli evidenziava come dietro al catastrofismo climatico stia una distorta visione dell’uomo. In concomitanza con questa giusta polemica, esce in Francia il numero 80 della rivista Liberté Politique (“la novuelle revue d’idée chréteienne”, come dice il sottotitolo) dedicato proprio all’ecologismo. Il titolo del fascicolo è “Ya-t-il une écologie conservatrice?”, ma il contenuto potrebbe anche essere tradotto così: “stiamo andando verso un totalitarismo ecologista?”.

Di fronte al progetto di “salvare il pianeta”, François Billot de Lochner, direttore della rivista, nota che “l’essere umano, anima, spirito, cuore e corpo, conta ormai meno della Terra considerata come un essere vivente autonomo, avente una dignità propria, e non più come supporto destinato ad accogliere l’uomo, vertice della Creazione”. Molti cattolici aderiscono alla battaglia, pensando in essa di rinvigorirsi grazie ad un combattimento di nuovo genere, per gli equilibri planetari. “La fede diventa così un motivo particolare di impegno per l’ambiente come la passione per la fauna sottomarina.

L’ecologia diventa onnipotente e planetaria. Essa ingloba tutte le sapienze, tutte le morali, e diventa la prima dispensatrice di regole per l’uomo fuso nel grande tutto. L’uomo non è più un lupo per l’uomo. Questa idea classica è ormai superata. L’uomo, in preferenza bianco e occidentale, è un lupo per il pianeta. Egli è indicato come il principale responsabile del suo degrado, e forse, a breve termine, della sua scomparsa”. Quando la teologia, la filosofia e la scienza concordano  sulla priorità di salvare il pianeta, il pericolo non è più il male che l’uomo può fare agli altri e a se stesso, ma l’oltraggio da lui inferto al suo ambiente. “Poco importa se perde l’anima e se pregiudica il suo futuro, dal momento che ricicla i rifiuti e adopera cannucce di bamboo per bere. L’occasione di scandalo non consiste più nell’indurre a peccare, ma nel non differenziare la raccolta del vasetto di yogurt”.

In questo quadro, Constance Prazel, capo redattore della rivista, parla di totalitarismo: “Il discorso ecologista, promosso dai media come strutture di potere, è un modo rapido e sicuro per lanciare l’anatema sui comportamenti devianti, che vanno dal desiderio di avere una famiglia numerosa fino al consumo regolare di carne rossa. Si cerca di abolire un insieme di pratiche individuali o espressione di comunità tradizionali, in nome di una ‘presa di coscienza’ considerata salutare per il pianeta… La frenesia ecologista, che si nutre di una presunta onnipotenza dello Stato e delle Ong, ci invita a proiettarci nel mondo virtuoso della biodegradabilità: un mondo chiamato ad autodistruggersi, senza lasciare tracce di sé”.

Il nuovo ecologismo di Greta Thunberg, delle Ong internazionali, dei Premi Nobel, dell’IPCC, il Gruppo di esperti intergovernativi sull’evoluzione del clima, vuole fare tabula rasa di tutto un insieme di pratiche giudicate responsabili di questo degrado. Nasce così un “nuovo catechismo”, un codice di buona condotta, il vademecum del perfetto militante ossessionato dall’idea di salvare il pianeta, nel segno del cambiamento, della novità, della rottura rispetto ad una saggezza antica. Questo militante ecologista “vuole solo frutti e legumi di stagione, ma fino a poco tempo fa ci sarebbe sembrato perfettamente assurdo mangiare pomodori in dicembre, e i libri di ricette dispensavano tesori di immaginazione per preparare, da ottobre a marzo, zucche, lenticchie e stufati di fagioli. Per lottare contro il potere del sacchetto di plastica, egli fa i suoi acquisti con una borsa di cotone, ribattezzata tote-bag, modesta erede dei panieri di vimini delle nostre nonne. Egli seleziona i suoi vestiti per evitare di accumulare nei suoi armadi pile di T-shirts imbianchite dal cloro e fabbricate in Bangladesh, comportamento che la madre di una famiglia numerosa fa anche oggi, per guadagnare spazio, evitare lo spreco, e far durare per tutti i suoi bambini dei vestiti di qualità, indistruttibili e non soggetti alla moda”.

Liberté politique ci pone davanti l’esito gnostico della nuova nevrosi ecologista: bisogno di cambiamento totale (palingenesi, nuova creazione) e di nuove regole assolutamente necessarie e vitali al punto da dover venire imposte. Sono i caratteri di ogni totalitarismo.