Le parole contano. Anche in politica
C'è chi li chiama «temi eticamente sensibili», per giustificarne l'accantonamento nei programmi elettorali, ma per la Dottrina sociale della Chiesa vita, famiglia e libertà di educazione si chiamano «princìpi non negoziabili» perché sono alla base di ogni società e condizionano tutti gli altri campi.
Le parole contano, esprimono concezioni dell’uomo e della società ben precise. E a volte dicono cose opposte anche se sembrano sinonimi. E’ il caso di due espressioni molto usate in questi ultimi tempi a proposito di impegno politico dei cattolici e di agende varie: «temi eticamente sensibili» e «princìpi non negoziabili». Vengono sostanzialmente usate in modo indifferente per indicare quei temi come aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, matrimonio omosessuale e così via.
E’ vero, gli argomenti indicati sono gli stessi, ma il modo di vederli è radicalmente diverso. Quando si parla di «temi eticamente sensibili» si fa riferimento soprattutto alla potenzialità di divisione che hanno all’interno degli stessi schieramenti. Sia a sinistra che al centro che a destra, seppure in proporzione diversa, ci sono posizioni ben differenti al proposito, sono temi che attraversano e dividono tutti gli schieramenti. Data la delicatezza degli argomenti e il rischio che su questi possano saltare maggioranze e alleanze diventa allora plausibile e accettabile che vengano esclusi dai programmi elettorali. Come a dire: troviamo anzitutto un consenso sull’economia – che di questi tempi è ciò che più interessa agli italiani -, sul lavoro, sulla politica estera, sulla sicurezza e magari anche sull’immigrazione; per i «temi eticamente sensibili» non sposiamo invece nessuna convinzione, lasciamo libertà di coscienza, riconoscendo che sono questioni importanti per tante persone. E’ la linea sposata da Mario Monti, l’ha spiegata lui stesso presentando la sua agenda.
Posizione assolutamente rispettabile e se confrontata con quella della sinistra, che ha già nel programma, ad esempio, il riconoscimento delle unioni gay, è già un passo avanti importante.
Però se usiamo l’espressione «princìpi non negoziabili» intendiamo tutt’altra cosa. Vale a dire che vita, famiglia, libertà di educazione sono davvero «princìpi», sono il fondamento dell’impegno politico. Non argomenti fra tanti, sebbene molto importanti, ma la base, ciò da cui traggono conseguenze tutti gli altri temi. La famiglia, ad esempio: dalla sua stabilità dipendono anche l’economia, la sicurezza, le spese sociali. Una famiglia disgregata significa meno figli, e sappiamo in Italia il prezzo amaro che stiamo pagando oggi per questo inverno demografico, sia in termini di previdenza (chi paga le pensioni?) sia in termini di crescita economica (una forza lavoro più anziana è meno competitiva, tanto per fare un esempio). Una famiglia disgregata vuol dire anche maggiore povertà e necessità di servizi sociali, vuol dire – parliamo sempre di tendenza generale e non di situazioni particolari - figli che hanno risultati meno brillanti a scuola, con maggiore tendenza all’uso di alcool e droghe e al coinvolgimento con gruppi malavitosi. Ci sono ormai decine di ricerche su questo aspetto e sui costi sociali della crisi della famiglia.
Ecco allora che in questa prospettiva parlare di risanare l’economia senza affrontare il nodo della famiglia - vista anche la forte spinta ideologica per il riconoscimento delle unioni gay – è un grave errore di prospettiva. Non è un problema di libertà di coscienza, ma di coscienza di ciò che c’è in ballo nella società.
Stesso discorso si può ripetere per vita e libertà di educazione (per approfondire il tema, si può leggere R. Cascioli-L. Negri, Perché la Chiesa ha ragione, ed. Lindau).
Se questi sono dunque princìpi non negoziabili, cioè princìpi fondanti, non possono essere accantonati in attesa di tempi migliori per discuterne. Su questo la Dottrina sociale della Chiesa è molto chiara e, del resto, ci sono montagne di prove al proposito.
Si può certamente sostenere che nessuno schieramento politico sposa in pieno questa prospettiva, ma ciò non toglie che questo sia l’apporto originale che giustifica una presenza dei cattolici in politica, e il criterio – come ha scritto ieri monsignor Luigi Negri su queste colonne – con cui giudicare persone e schieramenti. Parlare di «temi eticamente sensibili», pur se in buona fede, rischia di essere una facile scappatoia per chi ha già scelto uno schieramento a prescindere.