Le manovre dell’Ue per imporre un nuovo centralismo sovietico
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Una commissione del Parlamento europeo approva una relazione sulla modifica dei Trattati, con il fine di cambiare i meccanismi di voto in seno al Consiglio e rafforzare i poteri delle istituzioni dell’Ue. Chi fermerà questa deriva centralistica?
Lo scorso 25 ottobre, la maggioranza di popolari, socialisti, sinistre, liberali e verdi in Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo ha approvato (19 voti a favore, 6 contrari e un astenuto) una relazione sui progetti centralisti di modifica dei Trattati. L’1 novembre la Commissione ha chiesto un ulteriore finanziamento di 100 miliardi, da parte di tutti noi, del bilancio comunitario, oltre ai 1750 miliardi già approvati nel 2020. Il 2 novembre, a Berlino, alla Conferenza sull’allargamento dell’Unione europea, il ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock ha invocato «riforme coraggiose», proponendo la modifica della regola dell'unanimità e anche il vincolo dei finanziamenti al rispetto dello “Stato di diritto”.
Tutto va nella direzione indicata dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e ripresa dagli esperti franco-tedeschi che abbiamo descritto nei mesi scorsi. Più soldi e più poteri nelle mani di burocrati e politici dell’Ue, poteri sempre più forti e sempre meno controllabili. Ebbene, gli attori della prossima e auspicata coalizione di popolari e conservatori, insieme agli identitari di Viktor Orbán e Matteo Salvini e al socialista Robert Fico, vogliono stare con le mani in mano o fermare questa deriva verso un neocentralismo democratico europeo?
Ci deve allarmare che la Commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo abbia approvato una relazione sui progetti di modifica dei Trattati. Nel testo c’è la richiesta di attivare una Convenzione per la riforma dei Trattati dell'Ue e si chiede inoltre al Consiglio di «sottoporre immediatamente e senza alcuna esitazione le proposte» di istituzione di tale organismo riformatore.
Ricordiamo che nel 2022, a seguito della conclusione della Conferenza sul Futuro dell’Europa, era stato lo stesso Parlamento ad approvare una Risoluzione in cui si chiedeva al Consiglio europeo di avviare il processo di revisione dei Trattati. I deputati si erano avvalsi della loro prerogativa di chiedere la modifica dei Trattati per riformare le procedure di voto in seno al Consiglio e per rafforzare la capacità d'azione dell'Unione europea, anche passando dall'unanimità alla maggioranza qualificata; adeguare le competenze dell'Ue, in particolare nei settori della difesa, della salute e delle minacce sanitarie transfrontaliere, anche per il completamento dell'unione energetica basata sull'efficienza e sulle energie rinnovabili in linea con gli accordi internazionali sul cambiamento climatico; garantire la piena attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e incorporare nei Trattati il progresso sociale, collegato a un protocollo a tema; rendere l'economia dell'Ue più resiliente, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese e ai controlli di competitività, e promuovere gli investimenti incentrati sulla transizione verde e digitale; conferire al Parlamento pieni diritti di co-legislatore sul bilancio dell'Ue; rafforzare la procedura per proteggere i valori fondanti dell'Ue e chiarire le conseguenze delle violazioni (art.7 TUE e Carta dei diritti fondamentali).
Questo testo dello scorso anno era stato adottato con il voto favorevole di 355 membri, 154 contrari e 48 astensioni, in cui i gruppi politici che sostengono la “maggioranza Ursula”, con le sinistre, avevano votato a favore, mentre i conservatori e gli identitari si erano opposti o avevano scelto l’astensione. Non è dunque una novità il desiderio della maggioranza politica che guida le istituzioni europee da un trentennio e che ora tenta di riformarle e con la scusa dell’allargamento cerca di accrescerne e accentrarne i poteri.
Con il voto del 25 ottobre, che sarà al vaglio della plenaria del 20-23 novembre, i deputati chiedono un sistema più bicamerale che rafforzi il ruolo del Parlamento e modifichi i meccanismi di voto in seno al Consiglio europeo, un aumento considerevole del numero di decisioni a maggioranza qualificata e con procedura legislativa ordinaria, la drastica riduzione delle decisioni all’unanimità, il pieno diritto del Parlamento di iniziativa legislativa. La competenza esclusiva dell'Unione comprenderebbe anche l'ambiente e la biodiversità e le competenze condivise si amplierebbero in vari campi: sanità pubblica, protezione civile, industria, istruzione, energia, affari esteri, sicurezza esterna, difesa, politica delle frontiere esterne, libertà, sicurezza, giustizia e infrastrutture transfrontaliere. Ovviamente nelle riforme dei Trattati sarà necessario inserire un “protocollo sul progresso sociale”, includere in tutti i Trattati la “parità di genere” e la “non discriminazione”, il riconoscimento della “cittadinanza europea”, insomma tutte le battaglie che le varie lobby abortiste ed Lgbt, oltre agli Stati centro-europei, hanno condotto negli ultimi anni con l’aiuto di diversi commissari, contro i Paesi guidati da cristiani e conservatori.
Presumibilmente l’impegno dei relatori Guy Verhofstadt (Renew Europe, Belgio), Sven Simon (PPE, Germania), Gabriele Bischoff (S&D, Germania), Daniel Freund (Verdi, Germania), Helmut Scholz (The Left, Germania) porterà ad un voto favorevole amplissimo, visto che anche i relatori delle altre commissioni sono tutti appartenenti ai medesimi gruppi politici. Tuttavia, anche in vista delle elezioni europee del 2024, c’è da sperare in una ferma e argomentata opposizione dei conservatori e degli identitari e in un serio ripensamento dei popolari affinché si preservi e si aggiorni il disegno dei padri fondatori, piuttosto che trasformarlo in un nuovo centralismo democratico sovietico, già sconfitto dalla storia.