L'Ue a trazione franco-tedesca lascia a piedi l'Italia
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Il tentativo di riforma Ue portato avanti da Francia e Germania nasconde l'ambizione di governare sull'asse Parigi-Berlino. Che farà l'Italia? Accodarsi o reagire con una coalizione geografica del Mediterraneo? Il tempo stringe...
Francia e Germania sostengono l'Europa a quattro velocità e, in vista di possibili risolutive decisioni sull’allargamento dell’Unione Europea promesse dal Commissario Olivér Várhelyi per la fine di Ottobre, presentano una loro proposta il 19 settembre chiedendo di approvarne alcune parti significative prima delle prossime elezioni europee, per paura di perdere la loro influenza.
L’Italia è ora chiamata ad assumersi le proprie responsabilità, senza illudersi di esser tutelata dall’aver fatto parte dei paesi fondatori. Vuole accodarsi alle idee centraliste ed elitarie di Parigi e Berlino, vuole coordinare una proposta dei paesi geograficamente vicini del Mediterraneo e Adriatico oppure dei governi conservatori e identitari centro orientali?
Il tentativo franco-tedesco di far procedere in parallelo «l'allargamento e la riforma dell'UE», come ha dichiarato mercoledì mattina a Bruxelles il ministro tedesco per l'Europa Anna Lührmann, nasconde in realtà l’ambizione di poter governare sull’asse Berlino-Parigi l’intera UE. La proposta si fonda su un modello decisionale e di poteri a quattro cerchi concentrici: «1. Il cerchio interno; 2. L'UE; 3. I membri associati; 4. La Comunità politica europea (CPE), un'associazione di leader europei che si riunisce due volte l'anno per discutere».
Il cerchio interno sarebbe formato dai membri dell'Eurozona e dell'Area Schengen partecipano già a forme di integrazione più profonda. Queste coalizioni di volenterosi potrebbero essere ulteriormente utilizzate in una più ampia gamma di aree politiche (clima, energia, fiscalità, ecc.). L'UE in cui tutti gli Stati membri attuali e futuri dell'UE sono vincolati dagli stessi obiettivi politici e sono tenuti a rispettare l'articolo 2 del TUE e beneficiano dei fondi di coesione e delle politiche redistributive. Le attuali competenze dell'UE rimangono al centro dell'integrazione europea.
I membri associati non sarebbero vincolati a un'unione sempre più stretta e a un'ulteriore integrazione, né parteciperebbero a un'integrazione politica più profonda in altri settori politici, come la giustizia e gli affari interni o la cittadinanza dell'UE ma, sarebbero in ogni caso, impegnati a rispettare i principi e i valori comuni dell'UE, parteciperebbero al mercato unico, sarebbero sotto la giurisdizione della Corte di Giustizia, pagherebbero il bilancio dell'UE ma a un livello inferiore (ad esempio, per i costi istituzionali comuni), con minori benefici (ad esempio, nessun accesso ai fondi di coesione e agricolo).
Il CPE sarebbe invece un secondo livello di appartenenza esterna che non includerebbe alcuna forma di integrazione con il diritto vincolante dell'UE o con i requisiti specifici dello Stato di diritto e non consentirebbe l'accesso al mercato unico. Si concentrerebbe invece sulla convergenza geopolitica e sulla cooperazione politica in aree politiche di reciproca importanza e rilevanza, come la sicurezza, l'energia e la cooperazione. I paesi dovrebbero comunque aderire al Consiglio d'Europa e alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Il rapporto dei 12 esperti propone riforme radicali per snellire la struttura dell'UE, tra cui l’elezione semi-diretta del Presidente della Commissione, la riduzione del numero di commissari, l’invariabilità del numero di membri del parlamento anche con l’adesione di nuovi paesi, il rafforzamento del voto a maggioranza e l'eliminazione dei veti nazionali, con una conseguente diluizione delle istanze identitarie, la riforma della Presidenza del Consiglio.
Tutto ciò ha lo scopo nobile di «rafforzare la capacità dell'UE di prendere e attuare decisioni in tutti i settori politici di competenza della UE; «rafforzare la tutela dello Stato di diritto, dei suoi valori fondamentali e della legittimità democratica nell'UE» ed infine, «rendere le istituzioni dell'UE pronte all'allargamento». Gli esperti propongono anche di ridistribuire un maggior peso di voto nel Consiglio ai Paesi più piccoli dell'UE, per bilanciare la perdita dei veti nazionali.
Attualmente sono otto i Paesi candidati all'adesione all'UE, tra cui l'Ucraina, la Moldavia e sei nazioni balcaniche. Gli esperti hanno espresso la loro preferenza ad evitare modifiche ai trattati dell'UE, si userebbe invece la clausola passerella che permette di apportare modifiche nell’approvazione di misure in alcuni settori senza modificare i trattati. Tale clausola, prevista dall'articolo 48 (7) del Trattato sull'Unione europea (TUE), si suddivide in clausola generale o specifica e permette di passare dalle maggioranze alla unanimità e per consenso a quelle a maggioranza semplice o qualificata. Tra queste materie potrebbero esserci anche il diritto di famiglia con implicazioni transfrontaliere (articolo 81, paragrafo 3, del TFUE); politica sociale (articolo 153, paragrafo 2, del TFUE); politica ambientale (articolo 192, paragrafo 2, del TFUE); quadro finanziario pluriennale (articolo 312, paragrafo 2, del TFUE) e cooperazione rafforzata (articolo 333 del TFUE).
Se poniamo la scorciatoia proposta dagli esperti franco-tedeschi in relazione al primo capitolo del loro documento sullo Stato di Diritto, capiamo come gli emergenti Polonia, Ungheria e i paesi governati dai conservatori o da esecutivi non proni alle ideologie LGBTI o misure abortiste o alle lobbies immorali o ai poteri centralistici, siano l’obiettivo vero delle riforme.
I paragrafi sul rafforzamento della condizionalità, sulla abolizione della unanimità in Consiglio Europeo in materia di violazioni sullo Stato di Diritto e finanziamenti, sono eloquenti. Perciò l’obiettivo di ridurre il numero di Commissari o, diversamente, differenziarne i poteri, così come il tentativo di forzare i tempi delle riforme istituzionali, prima delle elezioni del prossimo parlamento europeo del giugno 2024, della nomina della prossima Commissione e della definitiva minoranza dei governi Socialisti e Liberali in Consiglio Europeo.
Roma dovrà prendere presto una decisione, consapevoli che a Bruxelles siedono dileggiatori del nostro paese come Mario Monti e Enrico Letta. Si vuole coordinare una proposta di riforme e allargamento europei coordinando una coalizione geografica del Mediterraneo, una coalizione politica con i paesi conservatori ed identitari centro orientali oppure accodarsi, da ospiti mal sopportati, ai piedi di Parigi e Berlino? Il tempo stringe…