Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
L’INTERVISTA

«Le adozioni internazionali? Crollano pure per l’ideologia»

Fondo Adozioni, ammonta a oltre due milioni di euro il taglio previsto dal governo giallorosso per i prossimi tre anni. «Al di là dei soldi che vengono tolti, la verità è che per otto anni c’è stato molto disinteresse a livello amministrativo e di rapporti internazionali. E le novità dal punto di vista morale e politico, potremmo dire ideologico, hanno messo in crisi l’idea dell’adozione internazionale». La Nuova BQ intervista Carlo Giovanardi, già presidente della CAI.

Attualità 13_11_2019

«Al di là dei soldi che vengono tolti, la verità è che per otto anni c’è stato molto disinteresse a livello amministrativo e di rapporti internazionali. E le novità dal punto di vista morale e politico, potremmo dire ideologico, hanno messo in crisi l’idea dell’adozione internazionale». A parlare è Carlo Giovanardi - già presidente, dal 2008 al 2011, della Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) - che commenta così la notizia del taglio al Fondo Adozioni di poco più di due milioni di euro in tre anni, taglio previsto nel disegno di legge sul bilancio di previsione per il 2020-2022 (vedi pag. 186). Così suddiviso: 542.679 euro in meno per il 2020, 610.105 per il 2021 e 933.656 per il 2022.

Un segnale negativo e «un nuovo colpo alle famiglie», come l’ha definito il Forum nazionale delle Associazioni Familiari, condividendo la delusione espressa dal coordinamento “Adozione 3.0”, che raggruppa 49 dei 51 enti accreditati alle adozioni internazionali e che ha lamentato come i tagli vadano a «incidere su un settore che sta già affrontando diverse criticità, con un calo delle adozioni internazionali che, di anno in anno, è sempre più pesante». Dopo i picchi di attività toccati prima sotto la presidenza di Rosy Bindi e poi, ancor di più, sotto quella di Giovanardi, con il vertice di 4.130 adozioni internazionali nel 2010 (4.022 nel 2011), il numero di adozioni ha infatti subito un crollo, passando dai 3.106 bambini adottati nel 2012 fino ai 1.394 del 2018.

Crollo che solo in parte si spiega con la chiusura alle adozioni o la previsione di norme più rigide da parte di alcuni Paesi extracomunitari, influendo molto la mutata sensibilità della nostra classe politica verso la tematica e il mutato clima culturale. La Nuova Bussola ha intervistato Giovanardi.

Carlo Giovanardi, lei è stato presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali dal 2008 al 2011, come ha accolto la notizia della previsione di un taglio di circa due milioni di euro in tre anni?
Il primo ragionamento che mi sento di fare, ahimè, vale per la CAI, il Dipartimento Antidroga e la famiglia, cioè le deleghe che avevo al tempo del governo Berlusconi (insieme a quella per il servizio civile). Devo rilevare che i governi successivi, da quello tecnico a quelli di centrosinistra, hanno via via abbandonato queste materie. Perché funzionava la CAI? Personalmente posso dire che andavo a fare degli incontri in Russia, Burkina Faso, Cambogia, eccetera, e ho incontrato moltissime volte enti per il volontariato e le adozioni internazionali. Le riunioni della CAI duravano ore e ore, ed è con questo impegno complessivo che siamo arrivati a oltre 4.000 adozioni all’anno.

Cifre che dal 2012 in poi non si sono raggiunte più.
E oggi siamo a un terzo di quelle cifre. Nel novembre 2011 cadde il governo Berlusconi e si insediò il governo Monti e da allora verso la CAI c’è stato un progressivo disinteresse, fino al disastro sotto la gestione di Silvia Della Monica, ex membro del PD alla Commissione Giustizia del Senato, che per due anni è stata contemporaneamente vicepresidente e - con una delega di Matteo Renzi - presidente della CAI. Era stata nominata verso la fine del governo Letta ed è rimasta in tutto in carica tre anni, tra il febbraio 2014 e il febbraio 2017. Ma al di là di questo disinteresse c’è in particolare un elemento che dovrebbe preoccupare il mondo cattolico e del volontariato.

Quale?
C’è che l’eterologa e l’utero in affitto sono un attacco al cuore del concetto che è alla base delle adozioni internazionali. Perché se una coppia decide di andare ad adottare all’estero e, per esempio, agli aspiranti genitori scappa di dire davanti agli assistenti sociali di preferire un bambino del Nord Europa piuttosto che un bambino di colore, vengono immediatamente e giustamente scartati. Tu un bambino lo prendi per quello che è, mica puoi scegliere il bambino che ti piace. Così per i bambini malati. Quindi, quelli che adottano fanno un’immensa opera di generosità nei confronti di questi piccoli, vanno a prendere in giro per il mondo dei bambini orfani, dei bambini che hanno bisogno di un padre e una madre e donano loro una famiglia. Con l’utero in affitto i bambini se li vanno a comprare all’estero con 100, 200, 300 mila euro e i committenti li vogliono perfetti, sennò non li portano a casa.

In pratica, due visioni opposte...
Sì, da un lato le adozioni internazionali, che hanno tutti gli ostacoli, tutte le cautele, tutto nell’interesse del bambino, e dall’altro un meccanismo in cui addirittura vengono fabbricati bambini per essere adottati nell’interesse del committente. C’è un cambiamento di visione spaventoso. L’adozione internazionale è pensata perché delle coppie possano con il loro altruismo dare la possibilità a questi bambini abbandonati in ogni parte del mondo di avere una famiglia, un padre e una madre. Adesso il parametro è stato completamente rovesciato, per cui perfino una coppia omosessuale, danarosa, reclama il “diritto” a un bambino, che non esiste, e può comprare gli ovuli di una donna per poi innestarli nell’utero di un’altra. E così il bambino viene programmato già orfano.

Si sta passando quindi dalla difesa dei diritti dei bambini al soddisfacimento dei desideri degli adulti. C’è dell’altro?
Chiaramente, nel crollo da 4.000 a 1.300 c’è questo cambiamento di prospettiva, in cui rientra anche l’eterologa, che è stata inserita nei LEA (livelli essenziali di assistenza) e quindi a carico di tutti i contribuenti. Poi c’è da dire che alcuni Paesi hanno chiuso o limitato le adozioni, ricordo la Bielorussia, dove ci sono stati dei drammi familiari enormi. A questo si unisce quanto detto sul disinteresse e la cattiva gestione. Per diverso tempo i governi di centrosinistra non hanno dato più i contributi alle famiglie.

Intende dire i rimborsi per chi ha adottato?
Sì, non li mettevano più neanche a bilancio, tanto che la situazione per i rimborsi del 2012-2017 è iniziata a sbloccarsi solo dall’anno scorso.

Si parla di aiutare le famiglie, eppure il segnale della programmata riduzione del Fondo Adozioni da parte del governo va in senso opposto. Tra l’altro, su questo tema il neo ministro per la Famiglia nonché neo presidente della Cai, Elena Bonetti, ha pubblicato dei tweet: li ha letti?
No.

La Bonetti scrive che “Salvini e la Lega mistificano ancora una volta la realtà ignorando che con la legge di bilancio il Governo rafforza il sostegno a tutte le famiglie, anche alle famiglie che adottano, cui spetterà l’assegno di natalità che abbiamo potenziato” e che lei sta “personalmente lavorando come presidente CAI per aumentare i rimborsi per le famiglie che completano il percorso di adozione internazionale”. Cosa ne pensa?
Attenzione, in queste parole c’è un problema di fondo. Se un bambino nasce in una data famiglia o se viene adottato all’estero, le spese che le famiglie affrontano non sono esattamente uguali: alcune sono uguali, la differenza è che la famiglia adottiva deve spendere circa 20.000 euro in più per le spese relative all’adozione. Se la Bonetti dice che per la prossima Finanziaria sta lavorando per aumentare i rimborsi, bene, sarei più contento, ma come si dice… “vedere cammello”, va messo nero su bianco.