L'Ascensione di Cristo e l'abate buongustaio
I Vangeli ne parlano poco ma l’Ascensione, culmine della vita terrena di Cristo, è un tema ricorrente nell’arte. In Oriente e Occidente l'iconografia ha evidenziato ora la divinità, ora l'umanità. Un esempio di raffigurazione improntata al realismo si trova nel Sacramentario di Winchester, opera dell’abate Germanus, “inventore” di un antenato del sandwich.
Arriviamo alla conclusione della vita terrena di Gesù: la sua Ascensione al cielo, per riunirsi con il Padre. Negli Atti degli Apostoli (1,9-12) troviamo una descrizione dettagliata di questo momento, ma direi che è l’unica, insieme ai Vangeli di Marco e Luca che ne accennano senza dilungarsi troppo. Tra gli apocrifi troviamo qualcosa nel Vangelo di Nicodemo: vi sono descritti i discepoli che cominciano a pregare quando vedono il loro Maestro che sale al cielo.
L’Ascensione è un tema ricorrente in molte opere d’arte, anche se l’iconografia dell’Ascensione viene talvolta associata a quella della Pentecoste, raffigurando delle lingue di fuoco che scendono sugli apostoli. Ma si presta anche ad essere confusa con quella della Resurrezione e della Trasfigurazione anche se l’ascesa di Cristo avviene sul Monte degli Olivi, non più sul luogo del sepolcro, ed è caratterizzata, specie nell’arte occidentale, dalla forte carica realistica di un corpo concreto e non più spiritualizzato. Il redattore degli Atti, comunque, fa riapparire i due angeli bianchi seduti sul sepolcro, che avevano già annunciato alle donne la resurrezione di Cristo.
L’Ascensione in quanto tale è raffigurata solo dal IV secolo su frammenti di sarcofagi ad Arles e a Clermont o su avori, come il celebre Dittico di Monaco (fine IV secolo), in cui si vede Gesù che cammina per un ripido sentiero, mentre la mano di Dio dalle nuvole gli afferra un braccio per sollevarlo in cielo. L’immagine del V secolo sulla porta lignea di Santa Sabina mostra, invece, Cristo sollevato sul monte da due angeli mentre nella parte inferiore vediamo quattro apostoli che guardano sbalorditi la scena. Troviamo la presenza degli angeli anche sulle ampolle di Monza (VI secolo) dove li vediamo trasportare Gesù sul carro di fuoco di Elia; in basso tra gli apostoli c’è Maria in posizione orante.
L’arte orientale e quella occidentale hanno rappresentazioni diverse del tema dell’Ascensione, che sottolineano il concetto stesso delle due nature di Cristo. L’arte orientale sottolinea la sua divinità e lo rappresenta generalmente di fronte, con un atteggiamento solenne, ma anche più passivo; spesso non in piedi, ma seduto in Maestà, immobile, innalzato dagli angeli verso il Cielo, come nel mosaico della cupola di Santa Sofia a Salonicco (XI secolo), dove Cristo sembra essere già in Paradiso e troneggia in tutta la sua gloria: alza la mano destra benedicente e nella sinistra ha il libro dei Vangeli. Ai suoi piedi gli Apostoli si dispongono simmetricamente attorno alla Vergine. Possiamo affermare che l’iconografia orientale ha sviluppato un’immagine “tradizionale” dell’Ascensione, che consta di due parti: in basso gli apostoli rattristati, spesso con Maria e i due angeli, e in alto Cristo nella mandorla, come nell’affresco di San Clemente a Roma (IX secolo) o nei mosaici di San Marco a Venezia e a Monreale (XII secolo).
Sia l’arte dell’Oriente cristiano che i grandi pittori d’Occidente hanno sempre privilegiato la raffigurazione di Cristo a figura intera. Nel modello di origine bizantina, Cristo ascende al cielo da solo, generalmente sollevandosi dalla cima di un monte: è afferrato dalla mano di Dio, che emerge da una nube e lo attira a sé, mentre sul fianco della montagna i discepoli si prostrano sbalorditi o esprimono la loro gioia. Troviamo una bella rappresentazione nel Sacramentario di Drogone, del nono secolo (circa 850), un manoscritto carolingio miniato che si trova alla Bibliothèque Nationale de France, a Parigi. La mano tesa di Dio Padre esprime il riconoscimento della filiazione divina di Cristo, ma la Chiesa reagisce contro questa rappresentazione che sembra mettere in dubbio l’onnipotenza di Cristo. Papa Gregorio I, detto anche Gregorio Magno (540-604) sostiene che Nostro Signore non è stato elevato dagli angeli come Enoch, né in un carro di fuoco come Elia, ma che si è alzato da se stesso senza alcun aiuto: sua virtute fertur. Da allora questa nuova concezione si impone via-via all’arte medievale: a partire dall’XI secolo la mano di Dio non serve più a sollevare il Cristo, ma semplicemente a benedirlo.
Possiamo concludere che l’arte occidentale pone l’accento sull’ascendere come segno della potenza di Cristo: si alza al cielo da solo, prendendo slancio senza alcun aiuto esterno. Anche se le composizioni variano molto, gli elementi costanti sono la presenza degli apostoli e il carattere più umanizzato del Salvatore, che talvolta ascende con le braccia tese mostrando le piaghe della crocifissione.
A partire dal XIII secolo e l’inizio del XIV l’Ascensione viene raffigurata con molto realismo, mostrando l’impronta dei piedi sul Monte degli Olivi, (motivo sconosciuto all’arte bizantina), per evidenziare le tracce del passaggio di Cristo sulla terra. Troviamo questa rappresentazione nel polittico della Certosa di Thuison les Abbeville (XV secolo). C’è forse un collegamento con Zaccaria 14,4: «In quel giorno i suoi piedi si poseranno sul monte degli Ulivi, che sta di fronte a Gerusalemme, a oriente, e il monte degli Ulivi si spaccherà a metà, da oriente a occidente, tanto da formare una grande valle; metà del monte si ritirerà verso settentrione e l'altra metà verso il meridione». È notevole l’Ascensione di Giotto, dipinta nella Capella degli Scrovegni nel 1303.
Il tema dell’Ascensione è presentato nell’arte occidentale in tre maniere iconografiche. La prima è molto rara, vediamo solo la testa che emerge da una nuvola che due angeli tendono come un velo, mentre la Vergine e gli apostoli osservano gli occhi di Cristo (per esempio, il bassorilievo del chiostro di Silos, XII secolo). La seconda maniera mostra solo i piedi di Cristo: gli apostoli e la Vergine, in piedi o inginocchiati, lo seguono con lo sguardo, non vedendo altro che la frangia della tunica e i piedi che hanno lasciato una impronta indelebile sulla roccia da cui ha preso il volo. La parte superiore del suo corpo è già nascosta dietro una nuvola, come descritto negli Atti: «una nuvola lo sottrasse al loro sguardo». Riteniamo che il tema delle impronte di Cristo sia stato caldeggiato nell’arte francese e inglese verso la fine del X e all’inizio dell’XI secolo. Infatti, troviamo numerosi esempi in miniature provenienti da questi due Paesi, per esempio l’Evangeliario di Saint Bertin e il Sacramentario di Winchester. L’Evangeliario è stato eseguito da Odberto (986-1007 ca.), abate dell'abbazia di Saint-Bertin a Saint-Omer, nelle Fiandre francesi: era anche un bravo artista, che occupa una posizione di primo piano nell'ambito della miniatura locale.
Il Sacramentario invece è opera di un altro abate (e monaco benedettino), Germanus (a volte “Germanus di Winchester”), morto intorno al 1013. Germanus era anche un buongustaio, che aveva anche inventato un piatto, diremo oggi da “fast food”: era un pane piatto ripieno, una specie di sandwich ante litteram, visto che il sandwich come lo conosciamo oggi è stato inventato da Lord Sandwich. Vale la pena di spendere due parole su di lui: John Montagu (1718-1792) era il quarto conte di Sandwich ed era anche un inveterato giocatore di carte. Per non interrompere il gioco, mangiava, mentre giocava, arrosto di manzo freddo e insalata tra due fette di pane, inventando così uno dei capisaldi della gastronomia moderna. A Winchester usavano un pane piatto (flatbread), tipo pitta, spaccato a metà e farcito con i resti della tavola della sera prima, per lo più formaggi e carni fredde (quando ce n’erano), oltre ad erbe varie e uova sode. Se lo portavano con loro i monaci quando dovevano lavorare nell’orto, che era esteso e un po’ lontano dall’Abbazia: questo evitava loro di perdere tempo andando al refettorio all’ora di pranzo.
La terza formula iconografica, superiore alle altre dal punto di vista estetico, presenta ben visibile il corpo intero di Cristo. Si tratta della rappresentazione la più comune dell’Ascensione, anche se dal punto di vista iconografico può essere confusa, come già detto, con il tema della trasfigurazione e della resurrezione. È notevole e molto rappresentativa l’Ascensione che Giotto ha dipinto per la Capella degli Scrovegni nel 1303.
L’Ascensione ha subito un’evoluzione tale nell’arte romanica (corrente artistica medievale che si sviluppò a partire dalla fine del X secolo fino al XII secolo, quando venne surclassata dalla preponderante affermazione dell'arte gotica) da confondersi, quasi, col Giudizio finale. Il fenomeno si spiega con il passo degli Atti (1,11) che fa riferimento al ritorno del Signore sulla terra per giudicare gli uomini: «Dopo che ebbe istruito i suoi apostoli, Gesù ascese al cielo. Mentre gli apostoli guardavano verso il cielo dopo la sua scomparsa, due angeli apparvero accanto a loro e dissero: “Uomini galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù che è stato tolto da voi ed assunto dal cielo, verrà nella medesima maniera che l’avete veduto andare in cielo”».