L'antropocentrismo salva l'ambiente
Dio ci ha rivelato che l'uomo è diverso, distinto e superiore rispetto agli altri esseri viventi: per questo è il solo ad essere titolare di diritti, ma ha anche dei doveri nei confronti degli altri esseri viventi. È anche quello che teorizza San Francesco nel Cantico delle Creature.
“Facciamo l’uomo a nostra immagine … e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra” (Gen. 1, 26-27). Anche perché ispirati dalla Genesi, i cristiani nelle questioni riguardanti l’ambiente hanno fin qui seguito una logica antropocentrica; nel rispetto della scala di valori stabilita dalla Rivelazione, dal Magistero e dalla Tradizione, l’essere creato a similitudine del Creatore è sempre stato considerato diverso, distinto e superiore rispetto agli altri esseri viventi.
Il possesso dell’anima è esclusivo dell’uomo, che va quindi collocato in categoria diversa da quella nella quale sono collocati tutti gli altri esseri viventi. Per chi non volesse accettare l’esistenza dell’anima, basterà sostituire “anima” con “consapevolezza” o un termine equivalente, per esempio “autocoscienza”: anch’essa, infatti, è propria solo dell’uomo tra gli esseri viventi. Dal fatto che l’uomo è l’unico essere a riconoscersi come io autonomo discende poi che egli sia il solo ad essere titolare di diritti, e abbia dei doveri nei confronti degli altri esseri viventi. Antropocentrismo, appunto, che non può essere distinto dalla somma dei doveri verso la natura.
Quando sono venute alla ribalta le tematiche della difesa dell’ambiente e della conservazione della biodiversità, molti tra quelli che li agitavano, travolti dall’entusiasmo per il mondo naturale e le sue molte specie, ritennero di dover porre sullo stesso piano tutti gli esseri viventi (biocentrismo) o addirittura l’intero universo (geocentrismo). In tale prospettiva l’uomo non aveva alcuna posizione di preminenza rispetto a ciò che lo circondava; anzi, ne veniva sottolineato il presunto impatto negativo sull’esistente.
È ben noto che l’intellettuale raffinato Filippo d’Edimburgo, all’epoca Presidente mondiale del WWF, affermò che se avesse dovuto rinascere, sperava di farlo sotto la specie di virus, così avrebbe potuto uccidere gran quantità di uomini, considerati da lui “il cancro del mondo”. L’imbecillità non ha confini, ma il fatto mi spinge ad un “Evviva la Repubblica!” molto sentito.
Il primo teorizzatore dell’ambientalismo antropocentrista, però, è stato San Francesco. Nel suo “Cantico delle creature” troviamo infatti a proposito di “sorella acqua” le parole: “.. la quale è utile, et humile, et pretiosa et casta”; l’attribuzione dell’utilità all’acqua come prima qualifica, evidentemente, postula la finalizzazione dell’Universo esistente all’uomo, per garantirne possibilità e qualità di vita.
Del resto, non troviamo scritto nel libro della Sapienza (11, 20): “Omnia in mensura, et numero et pondere disposuisti” (Tuto hai disposto in misura, calcolo e peso)? E proprio nell’ordine stabilito dal Creatore sono iscritti sia la sottomissione all’uomo dell’intero creato, sia i doveri dell’uomo verso di esso. È dunque dovere proprio del cristiano (ma anche di tutti gli uomini di buona volontà) agire in modo da garantire almeno la continuazione dello stato di cose e la vita degli altri esseri viventi che ha trovato sulla Terra, utilizzandola con prudenza e responsabilità per garantire l’esistenza di tutti gli uomini ed il miglioramento delle loro condizioni di vita, e per consegnare ai suoi figli un mondo almeno non peggiore di quello a suo tempo ricevuto.
Viene da più parti annunziata la prossima pubblicazione di una Enciclica sull’ambiente, che anch’io attendo con ansia. Spero – anzi, sono sicuro – che in essa vengano ribadite la priorità della vita e delle aspettative della razza umana; l’obbligo di intervenire sulla natura e sugli esseri viventi con cautela, ma senza incertezze quando l’intervento risulti opportuno; l’obbligo di seguire, per programmare ed eseguire gli interventi, le migliori conoscenze scientifiche disponibili. Queste non possono però essere acquisite in quanto accettate dall’opinione pubblica o dalla maggioranza degli addetti alla materia. Come la Chiesa, la scienza non è democratica, perché la verità non è frutto del parere della maggioranza, ma risulta dalla coincidenza indefettibile tra fede e ragione, secondo l’insegnamento di Tommaso recentemente richiamato da Papa Benedetto XVI.