L’Ambrogino d’oro a Cappato, un premio agli antivalori
Il 7 dicembre, giorno del suo patrono, il Comune di Milano, guidato da Beppe Sala, insignirà Marco Cappato con l’Ambrogino d’oro. Che c’entra un’onorificenza a uno che si batte per aborto, eutanasia e droghe libere? Si offende anche un santo come Ambrogio, da cui deriva il nome del premio.
Marco Cappato verrà insignito dell’Ambrogino d’oro. Proprio lui, il tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, l’attivista radicale che ha fatto della sua vita una lotta per l’aborto, la liberalizzazione delle droghe, la fecondazione artificiale senza limiti, le unioni civili e da ultimo l’eutanasia, ovviamente nella sua forma più liberal possibile.
Scrive Marco Respinti su IFN a proposito di questa vicenda meneghina, per cui ha lanciato una petizione al sindaco Sala: “L’«Ambrogino d’oro» è un attestato di benemerenza civica che il Comune meneghino conferisce ogni anno a persone notevoli e meritevoli, che si siano, a vario titolo e in modi diversi, distinte per senso civico, servizio al prossimo e abnegazione. I cittadini insigniti dell’«Ambrogino d’oro», in vita o alla memoria, sono quindi ipso facto modelli che vengono additati alla cittadinanza milanese, e in vero a tutti gli italiani, come modelli di valore certo, di senso pieno del dovere e di incontestabili virtù pubbliche”.
Un paio di considerazioni. In primo luogo appare evidente che le virtù civiche per Beppe Sala e compagni sono quelle radicali, quelle che vanno a braccetto con i cosiddetti diritti civili, non certo quelle che esprimono nella persona i principi di legge naturale. Qui non si tratta di diverse sensibilità presenti nella società però tutte improntate al rispetto della persona, di diversi approcci ai medesimi problemi, ma di orientamenti culturali che sono in netta antitesi con la dignità della persona ontologicamente fondata. Quale modello di senso civico vogliamo promuovere: quello improntato ad un arricchimento del bene comune e quindi pro-vita e pro-famiglia o quello di una cultura necrofora?
In secondo luogo viene da chiedersi, volendo sposare una prospettiva democratica che tanto va di moda, quanti milanesi si riconoscano nell’operato di Cappato, quanto le pretese dell’ideologia radicale siano realmente diffuse, quanto quell’Ambrogino sia simbolo di esigenze di una collettività che plaude all’aborto e all’eutanasia liberi tanto che vuole che uno dei sostenitori più di spicco di queste e altre pratiche venga premiato. O forse, domandiamo a Sala, questo premio vuole essere una piccola rivincita sul centrodestra che ha stravinto le ultime politiche?
Infine ogni cattolico dovrebbe indignarsi nel veder infangato il nome di un santo, Sant’Ambrogio, da cui deriva il nome del premio. È appropriazione indebita, è usare in modo strumentale una figura che nulla c’entra con gli antivalori del progetto politico e culturale radicale. Il cattolico vero non ne può più di vedere ospedali, università, teatri, centri di ricerca intestati a santi che propalano idee e concetti che nulla hanno a che vedere né con la santità, né con i valori cattolici. Cappato ha lottato e lotta esplicitamente contro la Chiesa cattolica. Per coerenza dovrebbe rifiutare un premio che ricorda nel nome un grande santo. E non ripetiamo il solito ritornello che alcuni valori cristiani sono anche valori laici. L’eutanasia, l’aborto, il divorzio, i bambini in provetta, le “nozze” gay, non hanno nulla di cristiano e il Santo di Milano, il prossimo 7 dicembre, non potrà che rivoltarsi nella tomba a pensare che il suo nome è legato a simili pratiche.